Ti aspettavo da quel giorno nel Kent

 In LIFE, PROGETTI
Era un giorno di luglio, in quella speciale estate del 1988. Avevo sedici anni e per la prima volta salivo su un aereo diretto verso una destinazione che tante volte avrei raggiunto successivamente nella vita. Dopo uno scalo a Fiumicino, atterrammo a Heathrow in uno splendido pomeriggio inglese e con un pullman ci portarono a Rochester, dove ci stavano attendendo le famiglie che avrebbero ospitato, noi, ragazzini figli di dipendenti ENEL, che avremmo con loro trascorso tre settimane, di studio e divertimento.

Di quell’estate nella bella cittadina del Kent non ricordo moltissime cose: l’indirizzo di casa (l’unico fra tutte e tre le famiglie che mi accolsero in quegli anni), la prima Marlboro rossa (mamma mia quanta tosse! Che idiota che ero!), gli splendidi bambini con i quali giocavo molto, il bucato nel back yard – il giardino dietro la casa – e l’enorme cotta per una ragazza italiana, biondissima e bellissima, ma con un unico difetto, una lunghissima fila di pretendenti che arrivava fino a St. Pancras, la stazione di Londra che da Rochester si raggiungeva in circa tre quarti d’ora di treno! E ricordo anche tanti, tantissimi amici di penna, con i quali mi sentivo regolarmente!

Scrivevo moltissimo, all’epoca. Avevo una corrispondenza lunga e proficua con una decina di ragazzi. Più femminucce, in verità: mi sono sempre trovato meglio con l’altro sesso piuttosto che con i maschietti, loro erano più stimolanti intellettualmente (e non solo, lo so!) di noi uomini. E tenevo una certa corrispondenza epistolare anche con … me stesso!

Mi scrivevo ma poi … stracciavo!

Immaginavo luoghi, storie, situazioni, amori: subito dopo distruggevo regolarmente tutto, quasi a voler cancellare le prove di quel bisogno che avvertivo dentro e che successivamente avrei sacrificato sull’altare degli studi scientifici sui quali ero in procinto di imbarcarmi. Ma i bisogni interiori non si possono mai cancellare e hanno necessità soltanto di essere soddisfatti, perché ti afferrano l’anima e te la trattengono fino a quando tu non fai come dicono loro!

Credo quindi di non esagerare affatto nell’affermare che aspettavo questo momento proprio da quelle estati lontane, nelle quali conobbi tante persone, appresi mille storie, vissi molte delusioni e sperimentai tante gioie. Da quei giorni successivi a St. Albans, forse l’estate più pazza e divertente della mia vita; dall’estate a Woking, con il cuore ancora grondante di dolore per l’improvvisa scomparsa di mia mamma (non potrò mai scordare l’infinita dolcezza di Dawn, una giovane insegnante, che talvolta rimaneva con me in silenzio soltanto a osservare l’orizzonte sulle verdissime colline inglesi, quasi non volesse lasciarmi solo di fronte a quell’immensità); da tutte quelle volte, da ragazzo, da giovane e da adulto, nelle quali mi chiudevo dentro il mio studio per studiare, leggere e trovare una via a quel bisogno di conoscenza umanistica, dalla Filosofia alla Storia, dalla Teologia alle Religioni, dalla Letteratura alla Politica, che avevo sacrificato per percorrere altre strade.

Successivamente arrivarono altri eventi della mia vita che mi avrebbero portato ad altrettanto gravosi impegni e che non mi avrebbero mai consentito di avere la serenità necessaria per scrivere: il matrimonio, la nascita di mia figlia, la fotografia, il trasferimento a Catania con la dolorosissima sconfitta professionale, il mesto rientro a Roma, questo blog con tanta (troppa) politica, le difficoltà della vita quotidiana e dell’essere genitore (il mestiere – giuro – più complicato del mondo!).

Poi però è arrivata l’estate scorsa con un’esplosione di immaginazione e creatività che credevo non potessero mai più albergare in me. Dentro di me ho come potuto avvertire che realmente storie e personaggi, luoghi e situazioni, dal più profondo di me stesso stavano fuoriuscendo e cominciando a intrecciarsi fra loro e a vivere di vita propria, chiedendomi soltanto una cosa: raccontare.

Alla fine il risultato è che fra qualche giorno uscirà il mio primo romanzo e credo possiate immaginare quanto mi possa sentire felice ma anche allo stesso tempo quanto sia terrorizzato dall’idea che un mio libro, frutto della mia immaginazione, possa circolare!

Del libro, di cosa parla, di dove e da quando sarà possibile acquistarlo ve ne parlerò successivamente, non appena sarà inviato in distribuzione.

Attraverso questo post vorrei invece esprimere tutta la mia riconoscenza.

A tutti quelli che negli anni hanno avuto paura dei miei ipotetici colpi di testa, pensando chissà quali catastrofi potessi combinare, continuando a cercare la mia strada anziché accontentarmi di quella già raggiunta: vi ringrazio perché ho potuto avvertire il vostro freno e comprendere bene sia la vostra preoccupazione che il vostro affetto. Siete stati la mia marcia in più!

A tutti coloro che nel tempo mi hanno sempre sostenuto, specialmente prima e durante la stesura del libro: siete stati il vento in poppa a questa nave. Non lo dimenticherò mai.

Ai bambini che ho avuto la fortuna di osservare da vicino, dai cuginetti ormai cresciuti alle mie nipotine e ovviamente alla mia adorata Elisa: mi hanno insegnato quanto sia importante e fondamentale mantenere vive la curiosità e l’immaginazione, senza le quali la vita rimarrebbe piatta e insignificante.

Alla fine di queste mie riflessioni, permettetemi però di rivolgere un pensiero alla mia mamma: su queste pagine ho parlato di lei pochissimo, nonostante questo sia principalmente un blog personale. Sono quasi ventisei anni che lei non c’è più e non credo sia passato mai nemmeno un giorno, nella mia vita, senza che io mi sia chiesto se i traguardi da me raggiunti, qualora lei fosse stata ancora in vita, l’avrebbero resa almeno un tantino orgogliosa di questo suo figlio così complicato, foriero di dubbi e zeppo di interrogativi.

Adesso ne ho la certezza, perché grazie a questo romanzo orgoglioso lo sono principalmente io.

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