Adesso Matteo
Sono molto d’accordo con Stefania Giannini, di Scelta Civica, che in questa intervista a Claudio Cerasa paventa l’ipotesi che più avvicinerebbe il sistema istituzionale italiano al modello Westminster, probabilmente il miglior esempio di governo parlamentare che si sia inventato nel mondo occidentale.
Matteo Renzi ha stravinto le primarie ed è il segretario del maggior partito italiano, che ha una grande maggioranza relativa nelle Camere e che gli ultimi sondaggi – per quel che valgono – lo danno ai valori di Veltroni nel 2008.
Enrico Letta – di contro – rappresenta la vecchia dirigenza del Partito, sconfitta internamente dal voto sul Quirinale prima e alle primarie dopo. Era il vice segretario di Bersani ed era naturale presiedesse lui il governo dopo che le forze politiche hanno detto di no al tentativo dell’ex leader piacentino, dopo la stucchevole diretta streaming con i Cinque Stelle e soprattutto dopo le vicende che hanno portato alla rielezione di Giorgio Napolitano e – oltre al siluramento di Prodi – anche alle dimissioni dello stesso ex segretario.
Questo è il momento per Renzi di assumersi tutte le proprie responsabilità di leader del maggior partito italiano: guidi il Governo in prima persona, detti l’agenda da Palazzo Chigi e non da Palazzo Vecchio. Poi se si riuscirà o meno a fare la legge elettorale si torni a votare comunque, con Renzi che si giocherà davanti al Paese la carta della propria riconferma. Ma quale che sia la legge elettorale con la quale si tornerà alle urne, fosse persino il proporzionale puro, se un qualunque governo vede il PD come partito di maggioranza relativa non si torni indietro ai tempi della Democrazia Cristiana: si affidi al segretario il compito di guidarlo. Perché non è la legge elettorale che consente stabilità e governabilità bensì la linearità delle procedure democratiche che portano alle elezioni delle Camere e alla successiva formazione del Governo, questo in un sistema parlamentare.
E fino a quando il PD è diretto da Matteo Renzi dovrebbe essere lui e non altri del suo partito a guidare il Governo dove la schiacciante maggioranza relativa è composta dal medesimo partito.
Aggiungo una considerazione sulle tre proposte di legge elettorale che il Sindaco di Firenze ha proposto: mi auguro di cuore che la Corte Costituzionale spieghi che anche le liste bloccate, listini, listarelle, siano assolutamente vietate a meno che non si imponga per legge che ciascun partito abbia precedentemente tenuto le primarie per la formazione della stessa. Fino a quando l’Italia sarà una Repubblica Parlamentare vorrei poter eleggere il mio deputato e il mio senatore, attraverso un collegio, una preferenza o una primaria. Ma se ciò non dovesse avvenire allora non possiamo accettare che soltanto il PD, SEL e il Movimento Cinque Stelle mettano in piedi meccanismi di selezione della loro base parlamentare. Innanzi tutto perché tutti i partiti e tutti i movimenti devono concorrere con metodo democratico, come recita la Costituzione di cui tutti si pavoneggiano e nessuno rispetta in pieno. Poi perché senza il legame con il territorio, lasciato al buon cuore del parlamentare poi eletto (nominato), si trasforma una competizione elettorale parlamentare in una specie di ibrido, con tutti i danni che abbiamo visto sinora e con tutti i conflitti istituzionali fra i vertici dello Stato che abbiamo osservato da quando è nato il maggioritario.
Non è la legge elettorale che rende sano un sistema istituzionale, ma i comportamenti che i membri delle istituzioni assumono quando guidano il Paese. Per questo forse l’unica vera riforma che dovrebbe farsi è quella dei regolamenti parlamentari che prevedono un numero veramente esiguo per la costituzione dei gruppi che incoraggia oltre ogni lecito ribaltoni e cambi di casacca.
Se pensiamo che sia necessario eleggere direttamente il capo dell’esecutivo si abbia il coraggio di scegliere il presidenzialismo, all’americana, alla francese, alla sudamericana. Ci sono tanti esempi nel mondo che funzionano. Naturalmente pesi e contrappesi devono essere tali che si abbia la garanzia, per quanto possibile, che derive plebiscitarie e svolte autoritarie non siano possibili, in un paese dove il fascino dell’uomo forte e l’uomo della Provvidenza è sempre stato presente e forse sempre lo sarà.
Ma se invece preferiamo che il Capo dello Stato sia ancora una figura di garanzia, rappresenti sempre la nostra Unità Nazionale e debba essere tenuto fuori dalle contese della politica giornaliera, allora dobbiamo eleggere i nostri rappresentanti e cominciare a comportarci virtuosamente, a partire dalla scelta della leadership.
Nel Regno Unito, e nei Paesi sotto la Corona di Elisabetta II, funziona bene da molti secoli: forse quel sistema tanto sbagliato non sarà.
Questo è il momento di Matteo: tutti lo vogliono. Gode di un consenso per certi versi imbarazzante dell’opinione pubblica: si abbia il coraggio di una crisi di governo e di affidare a lui la composizione della squadra di Governo. Non si abbia – insomma – paura di innovare il nostro sistema politico applicando in pieno la Costituzione Repubblicana.
p.s. Naturalmente non mi sono convertito al Renzismo: dico solo che un po’ di chiarezza, dal momento che la stampa riporta come sempre tesi i rapporti fra Renzi e Letta e che sembra che questo congresso PD non finisca mai, farebbe del bene tanto al PD quanto al Paese.
p.p.s. Se non mi sarà consentito di scegliere il mio deputato e il mio senatore, anche quando le liste bloccate fossero da due a quattro nominativi, pur con l’alternanza di genere come spesso si spiega, mi recherò ai seggi per rispetto dei partigiani e di chi è morto per la Resistenza, ma annullerò la mia scheda. Quanto meno per la parte di lista bloccata, qualora verrà ripristinato il Mattarellum. Personalmente auspico collegi uninominali e doppio turno e non la scemenza del sindaco d’Italia che rischia di aprire contenziosi con il Quirinale (l’Istituzione, non Giorgio Napolitano).
p.p.p.s. Sarebbe anche opportuno capire che a volte le elezioni non consegnano un vincitore secco (citofonare David Cameron) e una coalizione è necessaria. E che quindi anche un programma di coalizione di governo diventa necessario. Mica si può votare in continuazione …