Una stagione indimenticabile

 In LIFE, SPORT
Il Monte Pellegrino sembra quasi proteggere la baia di Mondello, come un grande titano mitologico dell’antica Grecia. Il cielo è un po’ coperto e la luce del sole è piatta e malinconica quasi a volermi aiutare a gestire emotivamente l’ultima giornata siciliana, stavolta soltanto spettatore dei Campionati Italiani di Nuoto Master.

Mi faccio preparare un tavolino sul terrazzo del roof garden dell’hotel che si trova in un luogo magico, bellissimo, silenzioso. La voce del mare sembra ancora insonnolita ed è interrotta soltanto da qualche gabbiano già alla ricerca di cibo. In acqua, com’è naturale che sia, mica come qui a Roma fra i cumuli di rifiuti. Mentre mi gusto una super colazione ammiro quel mare e la mente va a tutta la stagione agonistica che ormai si sta concludendo.

A dire il vero era cominciata realmente maluccio, con un livello di forma terrificante (in negativo) e con un’obesità di primo grado che aveva allarmato soprattutto il mio medico che ormai mi segue dal 2003 e che è abituato alla mia struttura a fisarmonica.

«Enzo, stavolta è seria la cosa! Non la prenda sotto gamba. Ha 45 anni, non è facile come prima perdere peso. Cerchi di non farsi male e si alleni seriamente, soprattutto adesso che cominciamo un nuovo regime alimentare. Non le posso indorare la pillola, però. Sarà dura e lunga» – fu tranchant come mai il dottore e aveva ragione. Alcuni allarmanti parametri di composizione corporea non li avevo mai raggiunti e stavolta sapevo che non potevo più scherzare. Non ci sarebbero state eccezioni: sarei dovuto essere talebano con me stesso.

Tornai quindi a casa con la consapevolezza che non potevo più giocare con il mio corpo e che si sarebbe trattato di un lungo periodo di preparazione fisica e di allenamenti tosti da non saltare mai. Nel frattempo la mia società ci comunicava che era cambiato l’allenatore: il terzo in quattro anni. «Ecco» – pensai – «mo’ tocca anche vedere com’è questo!». Con questa incertezza e uno stato d’animo non proprio dei migliori mi recai al primo allenamento della stagione.

Comincia il riscaldamento.

«Iniziate con 400 sciolti» – ci dice lui – «così comincio a capire come nuotate e che condizione avete».

Ho una boa al posto della pancia: la Provenza, la Camargue e la solita Sicilia hanno contribuito in maniera determinante. Però scivolo abbastanza bene in acqua, mi rendo conto che avevo una gran voglia di nuotare, mi mancava un po’ il profumo del cloro (che volete farci, per noi nuotatori il cloro profuma, mica puzza!). L’anno precedente era stato da dimenticare: problemi per allenarmi, una brutta influenza, un serio infortunio alla spalla e tre mesi di fisioterapia per scongiurare un intervento. Il risultato era che sembravo Ronaldo – il brasiliano, non CR7! – al primo giorno di ritiro!

A metà riscaldamento lui mi ferma.

«Capitano!» – mi urla – «tu hai un’acquaticità bestiale! Ti basterà allenarti un pochino! Ma non con la forchetta, eh!» – esclama! Ci siamo conosciuti da nemmeno dieci minuti e ci siamo innamorati all’istante! Il Capitano e il Coach, un binomio per me inimmaginabile a 46 anni, con un carattere abbastanza tosto come il mio, cementificato in questi undici mesi da un affetto a prova di bomba. Mi sono lasciato guidare da lui, fidandomi di qualunque cosa che mi dicesse. Mi ha insegnato un altro nuoto, soprattutto un modo scientifico di affrontare gli allenamenti e le competizioni.

Avevo fondato insieme a pochi altri atleti la squadra Athlon Roma quattro anni fa, nel 2014, dopo aver letteralmente stalkerato la società affinché accanto alla scuola nuoto e al nuoto libero, noi anzianotti avessimo la possibilità di misurarci con la competizione e con l’agonismo. Da quando mi sono trasferito a Roma avevo sempre nuotato con la formula del nuoto libero: sulla Cassia, durante l’anno trascorso in Marina; alla piscina Lanciani, vicino il mio vecchio e amato quartiere Espero al Sacco Pastore. Ma mai, nel corso di quindici anni, avevo preso in considerazione l’idea di tesserarmi per una squadra. Sbagliando forse, perché alla lunga il nuoto libero annoia. Ma evidentemente il destino aveva altro in serbo per me e gliene sono e sarò eternamente grato.

Ed è stato un regalo immenso quello di fondare e far parte di una squadra così e considero un privilegio essere allenato da Antonio, un tecnico dal valore enorme, forse troppo per un atleta non così dotato come me.

Devo molto al mio coach e tanto ai miei compagni di squadra, e naturalmente tantissimo in maniera speciale a chi, nel corso di questi undici intensissimi mesi, mi ha dato tutto in termini di motivazione (anche il capitano motivatore ha bisogno d’esser motivato!), di supporto, di lealtà, di amicizia e di affetto. Ci siamo scontrati, abbiamo litigato, ci siamo mandati a quel paese: ma il grande affetto e il profondo rispetto hanno reso questa stagione sportiva la più bella da quando conosco il nuoto master.

Adesso è tempo di vacanza e di riposo per ricaricare le batterie e ricominciare a settembre con ancora maggiore determinazione perché alcune delusioni ci sono state – inutile negarlo – anche a Palermo ma io non vedo l’ora di tornare a lavorare per prendermi le soddisfazioni che al caldo della mia Sicilia non mi sono preso.

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