Com’è umano lei

 In LIFE, MEDIA
Nel mese di aprile del 1999, mentre ancora attendevo la lettera di assunzione dalla Nortel Networks, andai a fare un colloquio all’EUR presso un’importante banca d’investimenti. Il tizio che mi intervistò era assai rude e al termine del colloquio mi rivolse una domanda: «Lei come si vede – diciamo – fra dieci anni?». Risposi che non mi sarebbe dispiaciuto arrivare – prima dei quaranta – con una carriera soddisfacente, con una famiglia felice e con una vita serena.

«Lei non è molto ambizioso!» – commentò lui, suscitando una mia risposta assai piccata. «Non mi ha chiesto mica se fossi ambizioso o meno!» – attaccai – «Lei mi ha domandato semplicemente come mi vedessi fra dieci anni: l’ambizione non c’entra proprio nulla. Se proprio ci tiene le dico che fra dieci anni vorrei sedere al posto di Massimo D’Alema! È abbastanza ambiziosa per lei la posizione di Presidente del Consiglio?».

Naturalmente quel posto non lo ottenni e non sono nemmeno arrivato a Palazzo Chigi. Ma una cosa ho imparato da quel colloquio, da quelli che ho svolto successivamente e nella quotidianità di una vita per larga parte vissuta a Roma, nella capitale di questa repubblica: Ugo Fantozzi è parte di noi italiani.

Quando da giovane guardavo i film di Villaggio, con quel ridicolo ragioniere e tutta la sfilza di assurdità che gli capitavano, pensavo che fosse largamente esagerato ritenere che gli italiani fossero così piegati al potere e proni al potente di turno. Ma in seguito, quando i fogli di calendario strappati ogni mese sono cominciati ad essere tanti, ho iniziato a capire che non soltanto Fantozzi avesse ragione ma che più si saliva nella scala sociale e più le persone divenivano tanti Ugo, tanti Filini, tante signorine Silvani, pronti a fiumi di bava pur di ottenere il loro effimero momento di gloria.

E ho compreso allora che la vera ambizione che un ventisettenne deve proporsi per il futuro non risiede tanto nella posizione sociale e professionale che vorrebbe ricoprire a trenta o a quaranta anni: ciò che è veramente importante è la ferma convinzione di tenere la schiena sempre dritta, rifiutando facili sirene e temporanee soddisfazioni. Quello che realmente conta nella vita è che davanti allo specchio tu riesca a guardarti in faccia, dritto negli occhi, fiero di quello che sei, conscio di quello che hai e determinato a lottare per quello che vuoi.

E di questo sento di dover dire un grazie speciale a Paolo Villaggio, che oggi va via da questo mondo e che con le sue maschere ha reso le nostre vite un po’ più divertenti.

R.I.P.

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