Un pomeriggio indimenticabile per La notte di San Lorenzo
«Sembra che tu abbia fatto sempre questo mestiere: da come hai intrecciato le storie di tutti i personaggi che sono tutti protagonisti, dalla tua prosa, dalla cura dei dettagli, da tutto emerge una naturalezza, una “leggerezza” espositiva che caratterizza il tuo romanzo!». Questo era in estrema sintesi il lungo commento che Serena Cugini, psicoterapeuta e psicologa dell’Associazione “Psicologi per i Popoli”, mi aveva anticipato qualche giorno prima della presentazione del 31 marzo scorso, quando in linea di massima abbiamo preparato la scaletta per l’evento. Commento che ha poi ripetuto in pubblico proprio lo stesso giorno nel quale un mio collega, che aveva terminato di leggere proprio in quei giorni il romanzo, mi aveva manifestato ritorni simili.
Raccontarvi della presentazione de La notte di San Lorenzo non è sicuramente cosa semplice per me e infatti non lo farò: anche perché stavolta non era un evento al quale assistevo e ne scrivevo un pezzo! Stavolta il blogger doveva lasciare il posto allo scrittore ed era quest’ultimo a trovarsi sotto i riflettori. Scrittore: facciamo “quasi” scrittore! Come ho detto a una signora che ha partecipato al nostro incontro meglio rimanere con i piedi per terra e far tesoro della bellissima esperienza che il mio romanzo mi sta regalando. Se nel futuro riuscirò a portare a termine un altro lavoro allora forse sarò autorizzato a togliere il “quasi” dalla descrizione dei profili social! Ma nemmeno allora ne sarei tanto sicuro!
Vi parlo invece delle mie sensazioni, di emozioni uniche che quel pomeriggio mi ha trasmesso, così come sta accadendo ogni volta che ricevo un feedback, positivo o negativo che sia.
È stato un incontro piacevole ed emozionante, con la presenza di amici di vecchissima data (parlo di una vita fa, quando ancora ero uno studentello dell’Università di Catania), altri che ho avuto la fortuna di conoscere e incontrare in questi quasi venti anni che vivo a Roma e altri ancora che non avevo conosciuto prima e che è stata la cortesia di Serena (e il suo battage pubblicitario fra i suoi amici!) a darmi la possibilità di incontrare.
Insomma era una platea che ovviamente incuteva in me tutto il timore del caso visto che era la prima volta che parlavo in pubblico del mio romanzo, dei miei personaggi, della mia visione di alcune tematiche (dal ruolo delle nostre Forze Armate alla mia Sicilia, dal percorso di superamento del dolore alla fede, dalla politica all’amore/odio per Roma) trattate nel libro.
Serena è stata straordinaria nel preparare (a sorpresa!) alcuni estratti da leggere e vi confesso che ascoltare la lettura delle mie parole mi ha emozionato parecchio perché è stato come viaggiare nel tempo e ritornare all’estate scorsa, a quando cominciavo a dare vita ai miei personaggi, i quali si trovavano ciascuno a rispondere alla domanda sottesa al romanzo e che campeggiava sulla locandina in vetrina: “Dopo un grande dolore si può scegliere ancora la vita?“. I quattro protagonisti, Antonio e Beatrice, Giulia e Tommaso, insieme agli altri personaggi di questo libro cercano la risposta a un quesito che attraversa le loro vite, a volte le dilania, altre volte le scuote e li pone nudi di fronte alla realtà della vita di ciascuno. Parlando di loro mi rendevo conto di quanta fatica interiore avessi fatto in estate: per “vestirli” di una propria personalità, per immergerli nella loro vita romana, per muoverli dentro quella storia che a grandi linea avevo pensato da un po’ ma che è grazie a loro che poi ha avuto “un senso”, per adoperare le parole di Vasco Rossi che fanno da colonna sonora a una scena del libro.
Abbiamo parlato della capacità di alcuni di chiedere aiuto, dal coraggio o dalla forza che bisogna sentire dentro per affrontare il “lutto” e affidarsi a qualcuno che porga una mano, lutto che non è necessariamente quello al quale pensiamo immediatamente quando sentiamo quella parola e che può invece rappresentare quel buio che improvvisamente ci si trova a vivere in forza di una privazione, non sempre dovuta alla scomparsa di una persona cara, di un affetto. A volte può essere un dolore per qualcosa che non c’è mai stato e che probabilmente è anche assai più arduo da far accettare e da far digerire nel contesto sociale.
Conflitti familiari, rapporti matrimoniali, la fede: in ciascuno di questi personaggi vi si può trovare quella piccola peculiarità che probabilmente li ha resi così interessanti, almeno stando ai commenti che mi sono giunti finora, sullo sfondo di una storia di vita semplice e normale, “pupi” sul palcoscenico del loro teatro (un mio caro amico mi ha definito un “puparo”, termine che personalmente adoro e che indegnamente mi prendo tutto, visto che è adoperato per il Maestro Camilleri e il suo Montalbano).
E nel cercare di incuriosire la platea sulla trama, sui temi del riscatto personale e dell’amicizia (cercando peraltro di non rivelare nulla, visto che spesso ho il vizio di parlare troppo e cadere nello spoiling!) mi rendevo conto di quanto meraviglioso, e al contempo difficile, sia il mestiere dello scrittore e di quanto sia importante scrivere qualcosa di qualitativamente accettabile da parte del pubblico. Per questa ragione riempie di grande soddisfazione quando si riceve un feedback: devi essere grato a chi legge la tua opera perché è grazie a ciò che puoi sempre migliorarti, affinare la tecnica narrativa, scoprire sempre di più la tua cifra stilistica.
È per questo che sono grato a molti lettori – con i quali sono più o meno amico – non tanto per i riscontri in sé, quanto per il tempo che mi hanno dedicato nel raccontarmi cosa avessero provato leggendo e suggerendomi migliorie e sfide da affrontare. Perché intraprendere il mestiere di scrittore è inevitabilmente anche questo: affrontare nuovi impegni, spostarsi su campi che non padroneggi bene e cimentarti, buttarsi a capofitto verso nuove avventure letterarie, esplorare nuovi territori.
Ma ancora è tanto presto e so di deludere alcuni parenti e amici che mi hanno chiesto chi un seguito del romanzo (molti si sono proprio affezionati ad Antonio, Beatrice, Giulia e e Tommaso!) e chi un nuovo libro: le idee ci sono, alcuni appunti giacciono sia sul mio Mac che in un angolino della mia testa, ma dentro di me avverto tutta la prematurità di cimentarsi su un nuovo scritto. Così come è avvenuto per La notte di San Lorenzo, sono sicuro che prima o poi scatta il lampo, un vero e proprio colpo di fulmine con la musa della scrittura e le mani torneranno a suonare la tastiera, come in quella notte d’agosto della scorsa estate quando la stragrande maggioranza dei capitoli prese vita.
p.s. grazie alla mia dolcissima amica Elisa Platania per avermi regalato il servizio fotografico di questo splendido pomeriggio.