In un paese civile
Una settimana fa la Corte Costituzionale ha demolito il cuore della legge elettorale Italicum (che valeva soltanto per la Camera, si ricorderà), cancellando il folle ballottaggio fra liste e ripristinando il sacrosanto principio che in una Repubblica Parlamentare si eleggono i rappresentanti del popolo e non i governanti.
In un paese civile, minimamente civile, una classe dirigente degna di questo nome non attenderebbe la fine di febbraio per conoscere le motivazioni della sentenza: sfoglierebbe piuttosto la precedente sentenza 1/2014, che cancellò il Porcellum, e l’attuerebbe. Il nocciolo principale di quella sentenza non era mica il premio di maggioranza (e infatti la Corte non ha minimamente toccato la soglia dell’Italicum) ma la violazione del terzo articolo della Carta (l’uguaglianza dei cittadini) che veniva violata dal perverso meccanismo delle liste bloccate su circoscrizioni immense e dall’assenza di una diretta correlazione fra voto espresso ed il candidato eletto.
Se ci fosse una vera classe dirigente non si attenderebbe che la Consulta spieghi come si dovrebbe scrivere una legge elettorale: si dividerebbe il territorio nazionale in tanti collegi uninominali quanti sono i deputati e i senatori da eleggere (depurandoli dalle circoscrizioni estere – una follia, a mio parere, ma ancora ci stanno – e dalle tutele delle minoranze e delle regioni meno popolate), si imporrebbe il vincolo di residenza nel collegio elettorale, si impedirebbe la pluricandidatura e si introdurrebbe il doppio turno di collegio sul modello francese per l’Assemblea Nazionale, che non prevede il ballottaggio a due come erroneamente la stampa lascia credere bensì fra tutti i candidati che superano una certa soglia (se la memoria non m’inganna il 12,5% dei voti). In questo modo, vuoi per i collegi piccoli, vuoi per l’univocità del parlamentare eletto, la rappresentatività del popolo sarebbe ultra garantita.
Se invece non si volesse perseguire questa strada e si preferisse il sistema proporzionale, le circoscrizioni in quel caso dovrebbero essere le più piccole possibile e che diano pochi candidati che però siano certi. Sarebbe una specie di collegio plurinominale dell’Italicum, con la differenza che introducendo il vincolo di residenza, il divieto delle pluricandidature e un numero di seggi certo per quella determinata circoscrizione, anche qui l’elettore saprebbe chi sono i loro rappresentanti (avviene qualcosa di simile in Maine per l’elezione dei grandi elettori del Presidente degli USA).
Questi due modelli elettorali – che assicurano al corpo elettorale di contare qualcosa – non saranno sicuramente scelti dal Parlamento italiano prima del voto: perché ciò che preme – in questo strano paese – non è che la democrazia sia irrobustita quanto che il potere si conservi e pertanto ciò che si va cercando non è il sistema elettorale che assicuri un’ampia partecipazione del popolo alla scelta democratica bensì quello che garantisca il potere stesso, sotto la menzogna della parola “governabilità”.
Perché il punto è sempre lo stesso: nessun sistema elettorale – in una forma di stato parlamentare – può mai assicurare un esecutivo e persino le nazioni europee più stabili che si conoscono, il Regno Unito e la Germania, hanno dovuto ricorrere a coalizioni nel passato (il primo) e nel presente (la seconda). Le coalizioni non sono bestemmie in quei paesi né additate come inciuci per la semplice ragione che le trattative – dopo le segrete stanze (in nessun paese normale si fa lo streaming quando c’è da menarsi!) – passano al vaglio della base elettorale e al programma di comune accordo ci si attiene scrupolosamente.
Ma per fare ciò serve leadership e rispetto dei cittadini, oltre che naturalmente un senso civico dell’elettorato che da noi è sconosciuto. In Italia si preferisce continuare a giocare con il Monopoly delle leggi elettorali, intrighi, sotterfugi, blog e hashtag lanciati ad hoc per garantirsi qualche clic pubblicitario in più. Poi ti meravigli che la gente preferisca il mare al proprio dovere civico di deporre una scheda nell’urna.
p.s. Per chiarezza: se alle prossime elezioni politiche non ci sarà una legge elettorale che consenta di scegliere il proprio rappresentante, voterò scheda bianca o nulla. Il voto ideologico è morto da mo’. Se non posso conoscere il mio rappresentante non affido a nessuno il mio voto e mi rappresento da solo.