Alla conquista di Londra

 In LIFE
Confesso che nemmeno ci avevo pensato agli Europei di Londra. In questi due mesi di preparazione, mi ero soltanto concentrato sul tempo che volevo fare, provando a limare le ultime prestazioni della scorsa stagione. Così quando mi sono buttato in acqua per quelle due vasche dei 50 Farfalla speravo soltanto di far scendere il cronometro non certo di fare il minimo per poter partecipare alla manifestazione continentale di Londra. Ero abbastanza teso, sabato mattina, e come ogni volta che c’è un meeting mi ronzava sempre una domanda in testa: «Ma a te, Enzo, chi te lo fa fare? Perché ti ammazzi di vasche tre volte a settimana, pedali ogni giorno i tuoi venti chilometri, eviti di sgarrare a tavola? Per partecipare a delle gare di nuoto?».

La mattinata era trascorsa abbastanza velocemente, assistendo un po’ mia figlia nel fare i compiti di scuola e riordinando un po’ casa: ma la mente, ovviamente, era a quelle sei vasche da dover nuotare al meglio delle mie capacità e magari il più velocemente possibile. La tensione è ovviamente schizzata alle stelle non appena insieme ai miei compagni di squadra abbiamo messo piede nel Centro della Federnuoto di Ostia: come se già l’emozione non facesse la sua parte, il traffico romano ci ha messo del suo e siamo arrivati sul litorale che la speaker chiedeva di lasciare al vasca alle competizioni. Il riscaldamento era terminato e noi nemmeno avevamo saggiato la temperatura dell’acqua. Dopo un velocissimo scioglimento nella vaschetta accanto, ci siamo diretti in camera di chiamata aspettando il turno delle nostre batterie.

Cerco la concentrazione: la prima gara, i 50 farfalla, la nuoto facilmente ma so che possono essere molto dispendiosi e io voglio battere me stesso sui 100 stile libero. Quando il giudice mi assegna la corsia della batteria mi sale ancora un pizzico in più la tensione: nuotare in corsia cinque, centrale, mi espone al ridicolo se commetto qualche sciocchezza. Ma ormai è tardi per farsi prendere dal panico e bisogna tuffarsi. Il giudice di partenza noto che è abbastanza rapido nel dare il via e questo mi consola: con i miei problemi ormai cronici di lombosciatalgia stare troppo sulla posizione di partenza mi potrebbe far rischiare la falsa partenza (cosa che quasi capiterà nei 100 stile libero dove quasi perderò l’equilibrio sul blocco).

Appeno sento “A posto” ogni pensiero negativo sembra istantaneamente abbandonarmi e alla tromba del via ho un solo pensiero: tuffo, subacquea e nuotare. «Non hai tempo per pensare a strategie! Nuota e basta!» – sembra dirmi una mia vocina interna. Fortunatamente tutti gli acciacchi che mi porto dietro non timbrano il cartellino e riesco a virare abbastanza bene e a ritrovarmi abbastanza fresco da poter accelerare negli ultimi dodici metri. Quando schiaccio la piastra del cronometraggio ho un solo pensiero: guardare il tempo e sperare di aver abbassato il 37″16 dello scorso anno. Ce l’ho fatta! Ho vinto la batteria con 36″55, abbassato di sei decimi il personale in età adulta e pazienza se i tempi di quando avevo 25 anni ormai non si possono più fare.

Due ore dopo c’è da fare il bis, ma stavolta l’attesa è lunghissima e naturalmente sfiancante. I 100 stile libero, che per i pro sono la gara regina, sono per me invece una specie di terno al lotto. L’ultima volta li ho nuotati in vasca olimpionica e un po’ mi fanno paura perché di solito parto sparato e finisco cotto. Rischio di cadere in acqua al fischio di salita sul blocco, ma riesco a ritrovare l’equilibrio e a prepararmi per la partenza. Purtroppo mi faccio prendere dall’ansia e nuoto poco la subacquea, ma pazienza. Si tratta di nuotare e di gestire bene la gara. Il primo cinquanta scorre bene, sento una bella bracciata e un buon fiato: capisco di potermi giocarmi la batteria ma devo stare attento a non fare errori. Alla seconda virata dei cinquanta commetto un errore veniale, mi trovo a dover raddrizzare l’uscita e perdo tempo – non molto in verità secondo un compagno di squadra sugli spalti – ma soprattutto concentrazione e serenità. Ci metto i terzi venticinque metri per riprendere un po’ di assetto e mi gioco tutto sull’ultima vasca. Ma stavolta non c’è niente da fare: uno in ottava corsia – io ero nella quarta – era scappato via e non l’aveva più preso nessuno. Altri due alla mia destra avevano nuotato più efficacemente di me e si sono piazzati davanti. Il tempo – poco sopra 1’14” – è ottimo per me e l’obiettivo di scendere sotto i 75″ è raggiunto ma ovviamente il rammarico è tanto. Non credo di esagerare dicendo che tra partenza e subacquea almeno 7 decimi li ho perduti quindi sono convinto che in futuro riuscirò a fare meglio.

Le gare terminano, o meglio dovrebbero terminare: la direzione ci comunica che non possiamo andare via perché sono previsti controlli antidoping. Con i miei amici ci ridiamo su: ma com’è possibile – pensiamo – che ci sia gente della nostra età, 40-50 anni così ridicola che si dopa per ottenere prestazioni migliori su manifestazioni amatoriali che dovrebbero solo servirti per stare bene fisicamente e mentalmente? Eppure rimaniamo “imprigionati” quasi due ore. S’è fatta sera lungo il mare di Ostia e ci dirigiamo velocemente verso Roma: mi aspetta una bella pizza preparata dalla mie donne, giusto premio per la fatica spesa in vasca. Con gli amici parliamo degli Europei di Londra e dei minimi da ottenere: sono molto scettico, non li ho visti ma non credo di esserci riuscito.

Così domenica mi metto al computer e cerco questi tempi: con mia grande sorpresa li trovo abbordabili e un dubbio mi sorge. Mi metto subito a googlare la formula di conversione da vasca corta a vasca lunga: gli Europei si terranno all’Aquatics Centre di Londra, dove si sono tenute le Olimpiadi del 2012 e se il tempo minimo c’è io vado! E chi se la perde questa opportunità. Scovo un programmino automatico, poi un sito, poi finalmente un documento ufficiale della FIN: è fatta, ci siamo! Potrò essere tra i 4000 atleti previsti a Londra nel maggio del prossimo anno per festeggiare lo sport che amiamo, fatto di tanti sacrifici, tanti chilometri macinati, tante capriole, tante cose sacrificate soltanto per amore del cloro!

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