C’era una volta la curva

 In SPORT

Era un pomeriggio nemmeno troppo caldo, quel 18 agosto 1982: poco più di trenta gradi che – in un’estate in cui i quarantacinque si erano presentati innumerevoli volte – avevano il sapore di una frescura settembrina anticipata! Zoff, il portierone della Juventus e della Nazionale, venne a difendere la porta bianconera sotto la Curva Nord che gli tripudiò un lunghissimo applauso e un interminabile coro di ringraziamento: cinque settimane prima, nella notte più bella che un bambino di dieci anni potesse mai sognare di vivere, l’estremo difensore juventino aveva alzato la Coppa del Mondo davanti al Presidente Pertini, invitato dal Re di Spagna Juan Carlos, dopo la vittoria contro la Germania Ovest. Ma il nostro mundial Zoff lo aveva vinto contro il Brasile, quando all’ultimo minuto della più bella partita che io abbia avuto la fortuna di vedere in televisione, bloccò a terra un colpo di testa di Oscar, a pochi centimetri dalla linea di porta, quando la stragrande maggioranza dei portieri si sarebbe rifugiata in una istintiva respinta che però avrebbe potuto aprire la strada a un tap-in brasiliano.

La Curva Nord del Catania, che all’epoca non aveva tutto il tifo organizzato che ha adesso poiché l’opposta tribuna era più nuova e più capiente e fresca di restauro dopo decenni di impalcature, volle tributare al capitano azzurro un lunghissimo omaggio. Zoff appariva felice e commosso da tale accoglienza. Comprendeva che il tributo esulava dal fatto che egli indossasse la maglia juventina: tutti i tifosi lo omaggiavano per quello che era, il portiere della nostra nazionale di calcio. Sarà stato per tutto quel calore che Zoff – come stordito dall’affetto dei catanesi – subì al primo minuto un gol dal libero del Catania, Giorgio Mastropasqua, che non passarà poi certo alla storia per essere stato uno Scirea! E – ironia della sorte – lo subì in maniera abbastanza simile a quello che aveva sventato ai carioca soltanto poco più di un mese prima.

Per chi volesse rivederli, quei gol, ecco qui sotto le sintesi di quelle partite.

Quel pomeriggio al Cibali, come ancora si chiamava lo stadio di Catania visto che il presidente Angelo Massimino era vivo e vegeto e guidava pittorescamente la società etnea spargendo sale portafortuna dietro le porte avversarie (lo fece anche contro quella di Zoff, quel giorno!), io c’ero! E mi trovavo insieme al mio inseparabile cugino proprio dietro quella porta sotto quella curva, accompagnati entrambi da mio padre che non temeva ciò di cui adesso io invece ho terrore e cioè portare mia figlia a vedere una partita di pallone.

Per un bambino di dieci anni, dopo un estate da Campione del Mondo, una partita dal vivo e con la Juventus campione d’Italia in campo, quella Juve che schierava in attacco Pablito Rossi, Le Roi Michel e Zibì Boniek, oltre che tre quarti della nazionale azzurra campione al Bernabeu, era forse il massimo che potesse esserci in quell’estate di transizione dalle elementari alle medie! E pensare che ancora non avevo visto nulla, dato che il Catania otto mesi dopo ottenne la promozione in serie A agli spareggi dell’Olimpico.

Ripensavo a tutto questo, a quante partite con papà abbiamo visto in Curva Sud e in Tribuna B (ma si chiama ancora così? Chissà!), lunedì sera, mezzo assonnato e con una forte cefalea, davanti al canale Rai Sport che trasmetteva il posticipo della Lega Pro (l’ex serie C) e con la squadra della mia città impegnata a giocare (e a perdere la sua prima partita) a Caserta. Stadi mezzi vuoti (come d’altronde è facilissimo vedere anche in Serie A e in Serie B) e uno spettacolo calcistico di scarso livello, dopo che quasi due anni fa la squadra etnea aveva “rischiato” di arrivare in Coppa Italia.

È però una tristezza che riguarda ormai tutto il calcio italiano, troppo brutto da vedere rispetto ai campionati stranieri: la sola serie B inglese, la Championship, è più godibile della nostra serie A, con club che non si risparmiano in campo e un pubblico che – complici stadi di minori dimensioni ma più confortevoli – si gode lo spettacolo dal vivo perché chiunque ami il calcio sa benissimo che una partita allo stadio è una cosa, vista in TV, e per quanta tecnologia le emittenti televisive possano mettere in campo, è decisamente un’altra.

Temo che forse farò prima a portare la mia bambina (che me lo chiede spesso!) all’Anfield Road di Liverpool, allo Stamford Bridge o all’Emirates Stadium di Londra, al mitico Old Trafford di Manchester, anziché aspettare che lo spettacolo dell’Olimpico o del Cibali sia degno di un paese civile fuori e dentro il prato di gioco.

 

(photo credit: calciocatania.com)

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