Se i media latitano

 In MEDIA
Èstato una specie di Uno contro Tutti, una delle fortunate formule sperimentate da Maurizio Costanzo nel suo show dal Teatro Parioli, il confronto che ha visto ieri sera l’ex segretario del Partito Democratico Pierluigi Bersani e tre grandi direttori Lucia Annunziata, Mario Giordano ed Enrico Mentana, ospitati dal re del talk show Michele Santoro. Trasmissione complicata, difficile, con un linguaggio molto – forse troppo per un pubblico di massa – politico ma che ha avuto il pregio di far ragionare sulle questioni dell’attualità politica.

Non ho alcuna intenzione di violare l’auto embargo che mi sono imposto (di non occuparmi più della politica politicante su questo blogi!): chi mi segue sa come la penso sulle riforme elettorali e costituzionali, sul governo guidato da Matteo Renzi e su quello che è diventato il Partito Democratico.

Vorrei invece soffermarmi su una frase che Bersani ha pronunciato, rispondendo alla giusta osservazione di Mario Giordano, così riassumibile: «La gente non capisce perché fate questa battaglia sulle riforme: appare senza senso».

L’ex candidato alla Presidenza del Consiglio del centrosinistra – in straordinaria e lucida forma ieri sera – ha osservato al direttore del TG4 qualcosa che possiamo così sintetizzare: «lo so bene che può apparire non comprensibile, la nostra battaglia, ma voi (del mondo dell’informazione, n.d.b.) cosa state facendo per spiegarla?».

I quattro autorevoli giornalisti presenti hanno sportivamente incassato la critica e tutto sommato l’hanno condivisa. Bersani ha spiegato loro che una riforma della normativa elettorale e della legge costituzionale avrebbe dovuto avere un grande dibattito sulla stampa nazionale (ha citato l’esempio di quanto avviene in Francia su temi analoghi) cosa che non è avvenuta. Perché è vero che «con la legge elettorale non si mangia» (Mentana) ma è altrettanto vero che – in un’era nella quale l’intermediazione fra il giornalismo e la politica va assottigliandosi e con un potere che si rivolge direttamente all’elettorato a suon di tweet – il compito della libera stampa è ancora più alto di quanto non lo fosse in passato: non soltanto il cane da guardia del potere ma anche – forse soprattutto – quello di stimolare e accrescere il dibattito culturale e sociale nel Paese.

Da tempo – e specialmente nell’ultimo anno – i grandi giornali hanno preferito riempire le pagine più di retroscena e pseudo virgolettati anziché contribuire con analisi, interviste e studi su qualunque tema possa avere impatto sul presente e sul futuro della nazione.

E in questo ha ragione da vendere l’ex segretario: Costituzione e Legge elettorale, cioè la forma della democrazia che nel nostro Paese stiamo costruendo, non vale per noi oggi ma per le future generazioni. E se leggi sul lavoro, sul fisco e sui servizi pubblici possono certamente essere opinabili, da destra e da sinistra, perché è la storia del mondo e del capitalismo italiano ad avere diverse declinazioni a seconda dei punti di vista, la democrazia è una materia assai delicata da maneggiare e tocca il nostro bene più importante: la libertà.

Ho trovato molto significativo il richiamo di Pierluigi Bersani ai media di tornare a occuparsi del dibattito culturale e politico del Paese, lasciando da parte retroscena e gossip: in una stagione nella quale i politici fanno a gara a voler tappare la bocca ai giornali scomodi, ancora una volta questo bonario signore emiliano ci ha ricordato quale alto compito deve avere la stampa in una democrazia. Forse se alcuni giornalisti la smettessero di fare da casse di risonanza del potere, da ripetitori automatici dei tweet dei potenti, e si ricordassero il loro compito supremo non sarebbe poi tanto male.

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