Se adesso tocca a me
Trascorsi tre giorni a casa e la notte fra la Pasquetta e il martedì dopo Pasqua ritornai a Roma sdraiato su una di quelle cuccette dei carri bestiame che portavano noi emigranti dal sud al nord dello Stivale, di fronte alle quali i moderni treni ad alta velocità assomigliano praticamente a una specie di Buckingham Palace viaggiante.
Su oltre diciassette anni di vita nella Capitale raramente ho trascorso le feste comandate a Roma, specialmente il Natale. E ogni volta alla fine delle feste era sempre lo stesso rito: i saluti con parenti e amici uno o due giorni prima della partenza, l’autostrada verso Fontanarossa, l’abbraccio con papà che ci accompagnava. Poi a poco a poco i viaggi si sono diradati: da un lato un calendario scandito ormai dagli impegni scolastici e dall’altro la crisi economica che morde tutte le famiglie del ceto medio, nessuna esclusa, e che ci impedisce a volte di programmare viaggi e vacanze nei periodi più caldi dell’anno.
Così stamattina è stato il mio turno: ho accompagnato mio padre all’aeroporto di Fiumicino dopo una breve ma intensa vacanza pasquale che lui si è regalato e che ci ha regalato, per la gioia soprattutto della nipotina che se l’è sequestrato per quattro giorni! È stato strano accompagnarlo allo scalo romano. Non che non l’avessi fatto prima: è capitato innumerevoli volte di portarlo alla stazione o all’aeroporto, sia a Catania che a Roma. Solo che oggi era la prima volta che capitava dopo le “Feste Comandate”. Sulla pagina Facebook di questo blog ho letto un commento a una foto nel quale si applaudivano questi “genitori” che andavano a trovare i figli sparsi per lo Stivale per Pasqua. A me – confesso – questo commento ha invece messo un po’ di tristezza: non per la presenza di papà. ovvio!, ma per via del fatto che sarebbe semmai naturale il contrario: i figli che tornano a visitare i vecchi. Sarebbe più logico insomma che siano i giovani ad andare a trovare i genitori, riunendosi per le feste attorno alla loro tavola: invece oggigiorno accade sempre più frequentemente il contrario, con l’effetto sempre più penoso di un Meridione che si sta svuotando sempre di più.
E il fatto che a dettare questa continua assenza siano le sempre più labili condizioni economiche delle famiglie rende ancora più malinconica questa emigrazione del nuovo millennio, rendendo le nostre città del sud, belle, assolate e calorose, sempre più distanti e più lontane da noi che non solo abbiamo dovuto lasciare gli affetti ma che adesso – con la cinghia che si stringe – non abbiamo nemmeno più tante possibilità di respirare i nostri odori e di assaporare i nostri sapori.
p.s. la foto che vedete in cima l’ho scattata ieri in un agriturismo: tutta la famiglia riunita attorno al patriarca e intenta ad osservare tre piccole signorine, felici e festanti fra natura, giochi e animali.