Funzionerà … ma anche no
Il Governo, con il suo teleonnipresente Primo Ministro, giura che questa legge riuscirà a stimolare le assunzioni da parte delle imprese: d’altronde anche gli osservatori più spregiudicatamente renziani hanno osservato che Renzi ha fatto tutto ciò che Confindustria chiedeva, sacrificando pezzi del suo partito e il rapporto con il mondo storico di riferimento di un partito di sinistra.
Come la penso sul Jobs Act l’ho scritto tante volte e non mi ripeterò.
Oggi però aggiungo una cosa: la nuova legge sul lavoro funzionerà eccome, genererà nuove assunzioni, forse nuovi posti di lavoro e certamente contribuirà a ridurre il tasso di disoccupazione oggi allarmante.
Prima che chiamiate il 118 – possibilmente quello siciliano che ha un elicottero a disposizione e una convalescenza ad Acitrezza in primavera sarebbe molto gradita – voglio tranquillizzarvi: funzionerà perché per questo è stata pensata, per poter procurare manodopera a basso costo alle imprese. Manodopera che grazie al cambiamento anche della normativa sui licenziamenti collettivi – che ormai saranno possibili a prescindere dalle reali esigenze di riorganizzazione dell’impresa per i quali gli esuberi di gruppo sono sempre stati possibili – costerà di meno anche quando l’esperienza sarà di un certo livello: nulla osterà al datore di lavoro, salvo il progressivo indennizzo (non chiamiamole tutele crescenti che è offensivo per la parola tutela!), che magari licenzierà un gruppetto di dipendenti per assumerne altri (o persino loro stessi!) a metà costo e questo vale per tutti i lavoratori, non soltanto per quelli nuovi come vale per l’articolo 18!
Ha ragione Buffet: la battaglia fra capitale e lavoro l’ha vinta il primo nettamente e – aggiungo io – senza che il secondo possa toccare palla!
Il problema è che l’effetto di queste politiche sul lavoro porterà il nostro Paese a una progressiva americanizzazione del lavoro, con uomini e donne magari costrette a fare il secondo o il terzo lavoro pur di arrivare a una cifra decente che consenta loro di vivere e soprattutto di versare contributi tali da riuscire a integrare la futura pensione sociale.
Nulla è stato pensato per garantire ai lavoratori una maggiore presenza nelle imprese sull’orma della cogestione alla tedesca, in un modello di welfare condiviso – fra imprese e lavoratori – che ha fatto la fortuna della Germania dopo la riunificazione e la crisi del debito di inizio millennio. In Italia abbiamo scelto un’altra strada, quella della produzione dei posti di lavoro (ancora ipotetici) a prescindere sia della vocazione industriale del Paese (dove vogliamo andare?) sia del valore intrinseco del lavoro (il reddito minimo è solo più volte annunciato mai realizzato) e quindi inevitabilmente aumenterà il divario fra ricchi e poveri e la forbice sociale, come ampiamente dimostrato proprio Oltreoceano durante gli anni della destra bushista dove la forbice è ancora ben lontana da essere accorciata nonostante gli sforzi della amministrazione democratica.
Quindi certo il Jobs Act funzionerà: ma anche no, se lo scopo di una società moderna, specialmente di un partito sedicente di sinistra, sarebbe anche quello di ridurre lo spread fra chi è troppo ricco e chi invece è troppo povero, garantendo a tutti pari opportunità e mobilità sociale (ultimamente questa è come arrestata).
Ha vinto Warren Buffet, lo sappiamo, ma della sua segretaria, quella che paga proporzionalmente più tasse di lui, che ne facciamo?
p.s. È scomparso recentemente Michele Ferrero, inventore di una delle cose più buone che siano mai state inventate, la Nutella. Ferrero era un imprenditore sui generis, come lo fu a suo tempo Adriano Olivetti: pensava infatti – lo ha ricordato il figlio, attuale Amministratore Delegato del gruppo, ai funerali – più che la fabbrica fosse fatta per l’uomo che non il viceversa, garantendo ai propri dipendenti livelli di welfare aziendali impensabili e a lui stesso di diventare l’uomo più ricco d’Italia. Ecco il Jobs Act va esattamente nella direzione opposta e vorrei sapere se il Capo del nostro Governo, che non ha mancato la photo opportunity ad Alba la settimana scorsa, si sia reso conto che Giovanni Ferrero parlava anche a lui che – con la sua nuova legge – ha posto l’uomo sotto la fabbrica. Se fra i barattoli di Nutella e le scatole di Ferrero Rocher non si è conosciuta un’ora di sciopero mentre a Mirafiori e a Melfi a iosa, forse la spiegazione bisognerebbe cercarla sia fra gli azionisti che fra i manager dei due gruppi. E mi sembra che con gli ultimi Matteo Renzi abbia un rapporto particolare.