Salvate il soldato Ulisse

 In POLITICA
Comincia a tremare, il povero Ulisse, al solo pensiero di dover traslocare nuovamente nel paesino abruzzese dal quale proviene. Aveva persino sfidato il padrone dello zoo: in quei giorni convulsi, aveva mandato il suo avvocato a Roma per chiedere proprio la testa di colui al quale tutti devono tutto. «Lo dice la Costituzione» – sosteneva compunto il legale – «il senatore deve decadere».
Ulisse aspettava pazientemente nella sua casa, in Abruzzo, che l’iter fosse completamente espletato, ben conscio che i suoi vecchi compagni di partito avrebbero fatto le barricate fin quando avessero potuto, contando sul fatto che per il Partito Democratico i giochi ormai fossero finiti («game over» – aveva detto il futuro giovane segretario) prima che – folgorati sulla via di Damasco – avessero riportato in auge il Cavaliere (ancora ex, ma per poco, se ne può star certi).

Così in un giorno buio d’autunno, mentre a pochi metri una claque organizzata rendeva tributo al vecchio patriarca condannato, Ulisse si godeva in TV l’epilogo tragico del voto in aula, con il silenzio surreale interrotto soltanto dalle parole del Presidente che annunciava la mancata convalida dell’elezione.

Era fatta.

Seggio e vitalizio erano lì, a portata di mano. E allora tanto valeva giocarsela fino in fondo è iscriversi a un gruppo di maggioranza, il nuovo partito governativo nato per non far cadere governo e legislatura e lasciar senza mestiere i ministri centristi.

Ma Ulisse non aveva fatto i conti con le sette vite del gatto Silvio, che molti continuano a pensare essere un topolino, rincorso e acchiappato dal gattino Matteo. Illusi, poveri maoisti del XXI secolo: prima il duo s’inventa un patto perfetto per gli allocchi, così da rendere digeribile la minestra anche a quella parte della ciurma di Matteo che poco lo sopporta.

Ulisse nemmeno ci fa caso: pensa che ormai per lui è la strada sia in discesa.

Silvio e Matteo intanto si vedono spesso e man mano che passa il tempo, il fortino di alibi e di depistaggi che avevano messo in piedi si allenta sempre più. Fino a quando nel freddo tiepido di Roma, nella giornata consacrata a San Sebastiano, raffigurato meravigliosamente in molte tele da il Sodoma e dal Perugino, trafitto per aver sostenuto la fede cristiana, la paura di Ulisse si concretizza. Matteo molla i suoi gattini riottosi del Palazzo per unirsi al gattone Silvio in un patto scellerato: prima per cambiare le regole e comandare sui rappresentanti, poi per eleggere il capo del Palazzo, colui che per sette lunghissimi anni dovrà vigilare sulle scelte che loro stessi compiranno.

Ulisse capisce che ormai il tintinnio della carrozza che lo riporterà a casa è prossimo: come Cenerentola a mezzanotte, sa bene che il 20 febbraio prossimo, dovrà scappare di corsa perché quella carrozza si trasformerà in zucca ben prima di mezzanotte e non ci sarà nessuna scarpetta da smarrire sulla scala di Palazzo Madama. Sa bene che il 20 febbraio, ormai alla fine della punizione che il gattone ha già scontato, la zampina di Matteo lo salverà, stabilendo un numero, casuale diranno e tutti noi dovremo crederci per non esser tacciati di essere gufirosiconi, frenatori e parassiti, che lo renderà di nuovo vergine, immacolato e incardinato di nuovo sullo scranno che aveva dovuto lasciare.

Povero Ulisse!
Dovrà cedere nuovamente il posto al giaguaro, che un po’ a dir il vero fu smacchiato ma che è stato poi aiutato a rifarsi un manto.

Ma c’è una scorciatoia, e chissà se Silvio e Matteo non ci hanno già pensato a perdonare Ulisse e consacrare definitivamente il Paese alle amorevoli braccia del loro primo imbonitore: forse non se ne parla molto, ma il nuovo Capo dello Stato, che in molti dicono sarà di un’intelligenza assai “sottile” potrebbe nominare il gattone senatore a vita. D’altronde reso immacolato dalla zampina di Palazzo Chigi, con la fedina penale pulita, con la storia personale e imprenditoriale che ci raccontano e infine con l’ultimo martirio di Cesano Boscone, volete voi che non meriti il laticlavio di Palazzo Madama a vita?
Così anche Ulisse verrebbe graziato dalla magnanimità di Silvio: Matteo avrà realizzato il suo grandissimo Partito della Nazione, da oltre il 50% senza i perdenti di professione, potranno governare insieme e così tutti vissero felici e contenti.

Tutti? Quasi tutti.

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