È lui che è nero
Una di loro, al momento di pagare, salda la spesa con i buoni pasto, come d’altronde avrei fatto anche io qualche minuto dopo. La solerte cassiera, una signora di mezza età sempre molto cortese, la rimprovera di brutto per via della firma.
«Qui si firma con “nome e cognome”, questo è uno scarabocchio!» – tuona inflessibile la signora. «Ma questa è la mia firma! Da noi si firma così!» – le risponde pacatamente la giovane donna, lasciandomi la sensazione che forse avesse scritto il proprio nome in cirillico corsivo dando così l’impressione alla cassiera che quello fosse uno scarabocchio.
«Non m’importa!» – ancora più risoluta la signora – «qui siamo in Italia e voi vi dovete abituare a rispettare le regole che ci sono qui!» – sempre più ferma la cassiera, anche se ha accettato ugualmente il pagamento.
Venuto il mio turno ho pensato alla mia “firma” che per la fretta spesso è incomprensibile anche a me stesso! E poi su quel ticket non firmo mai con nome e cognome, visto che dovrei sempre aggiungere anche Antonio e meno male che mi fermo a tre parole!
Naturalmente la signora non mi ha detto nulla, anzi è stata gentile come sempre, mi ha agevolato il conto “pagabile” in buoni e quello invece da saldare in contanti. Né mi ha ricordato quali fossero le regole da rispettare in Italia!
Perché è evidente che il problema non siamo mai noi, con le nostre regole che valgono soltanto per gli altri. E come sempre il problema non è mai il colore della loro pelle ma il fatto che loro sono proprio neri!
p.s. La fotografia che vedete in cima l’ho scattata a Washington Square Park, a Manhattan, nel settembre del 2007. Ma veramente in un bambino che zompa e saltella c’è chi riesce a soffermarsi soltanto sul colore della pelle, pensandolo realmente diverso dai nostri figli?