Mille Colori
Arrivai di mattina a Napoli, non lontano da Fuorigrotta e dal San Paolo che per me – come credo chiunque sia nato negli anni Settanta – significava soltanto una cosa: Diego Armando Maradona.
Ho trascorso in quella banca forse la trasferta più colorata, più divertente e più calorosa di qualunque altra poi fatta nei vari lavori e progetti che si sono susseguiti in questi tre lustri. La cena con i colleghi a Marechiaro, con le forme sinuose del Vesuvio che si stagliano su un golfo che “naturalmente” sembrava un presepe: nemmeno San Francesco – che la rappresentazione della Natività aveva inventato – avrebbe potuto disegnarne uno più bello. La pausa pranzo con la più buona pizza mai mangiata in vita mia, con la provola anziché la mozzarella, in una pizzeria molto conosciuta a Fuorigrotta. La serata con quei simpaticissimi colleghi/clienti che mi portarono «‘n coppa a Posillipo» in una notte meravigliosamente bella e colorata dalle mille luci della città e dai riverberi sull’acqua del mare.
Non sono più tornato a Napoli se non con la moto nel 2002 per imbarcarmi verso la Sicilia quando la città partenopea mi regalò l’ennesimo spettacolo naturale in uscita dal Golfo, accarezzando i seni di Capri che all’imbrunire apparivano misteriosi e attraenti.
Credo di non sbagliare dicendo che quella città, quello spirito, quella gente, persino quei ladri che mi rubarono l’autoradio nel parcheggio dell’albergo, fossero parte di un mondo a sé, meraviglioso, contraddittorio, terribile, vivo.
E quando a Roma nelle sere di nostalgia, quella che soltanto uno che vive lontano dai suoi colori, dal rosso vivo della lava all’azzurro intenso del mare, c’era una sola canzone che canticchiavo sognando la mia città e i miei mille colori: Napul’è.
E questa sera, di rientro nella Capitale, la prima notte senza Pino Daniele, non riesco a smettere di averla in testa.
Ciao Pino.
Grazie.
p.s. Foto Pino Daniele dalla rete. Contattarmi in caso di violazione del copyright.