Tornare per non ripartire

 In LIFE

«Queste domande su chi me l’abbia fatto fare mi deprimono» – osserva Sandra Savaglio alla giornalista Stefania Rossotti di Grazia che è scesa in Calabria per intervistarla dopo la prima settimana di lezione. «Io sono semplicemente tornata a casa. Un privilegio. Un’opportunità, dopo anni di lavoro negli Stati Uniti e in Germania». La professoressa Savaglio è un’astrofisica molto prestigiosa che nel 2004 finì sulla copertina di Time come simbolo dell’emigrazione degli scienziati europei. Dopo dieci anni ha colto un’opportunità ed è tornata in Calabria, lasciando la Germania dove viveva con una compagna, divenendo quindi entrambe delle Air Commuters, pendolari dei cieli.

Si chiede perché a noi italiani sembri sempre poco quello che abbiamo persino quando si ha l’opportunità di lavorare in un piccolo centro di eccellenza come il Dipartimento di Fisica dell’università della Calabria. Ma è sulla casa che si sofferma avendo la percezione – e lo so perfettamente anche io – di apparire come dei pazzi che rinunciano al mito dell’estero, dell’efficienza tedesca, della meritocrazia, in nome di un sentimentalismo, di una nostalgia incomprensibile.

«Sono di nuovo a casa» – continua – «un posto dove un pomodoro sa di pomodoro e non costa tre euro l’etto». «È difficile spiegare, a chi non è mai stato via, cosa significhi vivere in una terra che non è tua» – afferma la scienziata alla cronista del settimanale, probabilmente anche lei perplessa di come una persona che raggiunge l’apice della propria carriera scientifica senta così forte il bisogno di tornare.

È una difficoltà – questa di chi non si è mai mosso di casa – che è riscontrata sia da chi osserva l’immigrazione nella propria città sia da chi invece – vedendo sempre nero – non si capacita di chi invece torna, nonostante ce l’abbia fatta ad affermarsi fuori. Nel primo caso mancano proprio gli strumenti per conoscere, per capire quanto sia silenziosa una stanza in una casa in comune con altre tre-quattro persone che non conosci, cosa sia trascorrere la domenica pomeriggio stirando le camicie davanti la TV non potendo permettersi né la tintoria né la collaboratrice domestica, come sia triste pranzare da soli nei giorni di festa mentre i tuoi colleghi del luogo si raccolgono attorno alle loro famiglie. Nel secondo caso invece subentra la paura per qualcosa che tu non saresti in grado nemmeno di concepire poiché per te la realtà è ben altra. Pensate al caso di questa scienziata che oltre a tornare in Calabria dalla Germania è anche omosessuale, con tutti gli stereotipi che spesso sentiamo nel nostro Paese e nel nostro Meridione.

Il fatto è che compiuto tutto ciò che tu ritieni accettabile come percorso di vita lavorativa, avendo raggiunto il massimo raggiungibile dalla tua carriera, composta inevitabilmente di gratificanti vittorie e di cocenti sconfitte, di insperati successi e di avvilenti insuccessi, fai un bilancio della tua vita complessiva e scopri cosa può spingerti ancora ad andare avanti, quali possano essere gli stimoli per far sì che la parte finale della tua carriera – che ormai sempre di più si avvicina al termine della tua esistenza, per quanto lontano (e talvolta incerto) sia il pensionamento – sia gratificante e non sottragga alla tua vita più di quanto già hai sacrificato in nome dell’ambizione, del successo e dei risultati da ottenere a ogni costo.

Sul mio profilo Facebook privato – che essendo appunto tale utilizzo cum grano salis per le condivisioni pubbliche e un po’ più per tenere un po’ di contatti con amici e parenti sparsi nel mondo – un’amica mia mi chiedeva se non stessi diventando troppo “Catania-centrico“. È la realtà – in effetti – e non lo nego proprio, anzi! Mi conforta che persino un’astrofisica come la professoressa Savaglio, ultranota nel mondo della ricerca scientifica, persino ritratta in una copertina di quello che probabilmente è il più autorevole magazine del pianeta, provi le stesse mie sensazioni riguardo al concetto di tornare a casa.

Ha solo cinque anni più di me.

Magari fra un lustro aggiorniamo questo post dalle pendici dell’Etna, ok?

 

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