Insegnare un mestiere

 In REPORTAGES

Il rapporto mio e di mia moglie con l’Obra Mario Pantaleo di Gonzalez Catán, cittadina poverissima poco fuori Buenos Aires dentro un partido (dipartimento) dal nome – inquietante – di La Matanza, comincia nell’estate del 2006 quando in pieni preparativi matrimoniali decidiamo di farci un regalo e “donarci” una figlioccia, una bambina, Violeta, da aiutare nella sua crescita. Ne parlai qualche tempo fa in questo post e successivamente quando lei andò via dalla comunità in quest’altro.

Quello che leggerete adesso è il racconto di quel 1° novembre 2006 così come l’abbiamo scritto, mia moglie e io, per l’associazione AVSI grazie alla quale abbiamo potuto aiutare prima Violeta e ora Michelle.

IL GIORNO DI VIOLETA

La mattina di quel mercoledì, trepidanti, il nostro “remisero” (il conducente accompagnatore), dopo accordi telefonici, ci ha portato alla ricerca dell’Obra del Padre Mario Pantaleo. Io, Silvia, non sapevo sinceramente cosa mi aspettassi di trovare, ma al primo impatto, la realtà desolante delle Villas Miserias spuntava inesorabile intorno all’Obra e il diretto contatto con la realtà dei più disagiati mi intristì profondamente il cuore, lasciandomi senza fiato.

Il turbamento persisteva perché avevamo la necessità di girare dentro i quartieri per trovare il Centro e la Scuola, in quanto la Chiesa si manifestava subito alla vista, ma le indicazioni dateci dalla gente che stava lavorando alla mensa, non ci furono chiare.

Una forte emozione poi ha avuto la meglio: il pensiero di incontrare la nostra figlioccia (per facilitare l’identificazione dei sostenitori da parte dei bambini, le associazioni che curano il Sostegno a Distanza identificano questi come “padrini”, n.d.b.)!

Arrivati di fronte al Centro Educativo, siamo scesi dalla macchina e là ci hanno accolto i dolci sorrisi di Julieta (con la quale avevamo avuto il piacere di una conoscenza epistolare) e di Laura. Mentre salivamo con loro le scale e aspettavamo che Violeta venisse insieme alla mamma, all’improvviso ci siamo trovati di fronte agli occhi vispi e dolcissimi di un’intimidita bambina. Siamo stati assaliti dall’emozione e – senza pensarci due volte – ci siamo chinati per salutare Violeta e la sua sorellina Augustina. Gli occhi spaesati della loro mamma rimarranno sempre impressi nella nostra memoria: una donna all’inizio schiva, con la quale durante l’incontro ci siamo fatte grasse risate!

La sorellina di due anni era molto timida, non parlava con noi, né ci sorrideva ma Violeta era un’altra cosa: con il suo sorriso smagliante vinceva la timidezza e richiamava i nostri sorrisi! Violeta mostrava una spiccata chiacchiera che piacevolmente ci trascinava e la sua simpatia non tardava a venir fuori!

La nostra conoscenza dello spagnolo e delle peculiarità linguistiche argentine ci avvantaggiava tantissimo; però io, Silvia, non possedevo l’ottima conoscenza di spagnolo di mio marito e quindi ero un pochino svantaggiata o forse semplicemente meno fluida nel parlare. Da qualche mese avevo iniziato lo studio dello spagnolo, alla venuta di alcuni nostri amici argentini a Roma e avevo continuato con vivace entusiasmo a perfezionare la lingua, solo all’idea di poter parlare con la mia Violeta!

Non volevo che mio marito diventasse il mio traduttore.

Ci siamo diretti verso la sala di lavoro delle ragazze e Carmen, la mamma di Violeta, l’ha sollecitata per farci vedere le foto che noi le avevamo inviato. La piccola, durante le ore di pratica manuale artistiche del Centro Educativo alla quale è anche iscritta, si era costruita i suoi porta-foto con le nostre immagini che le avevamo spedito; ce n’erano molte di foto: di noi due insieme, della nostra cagnolina Daisy, della nostra gattina Cichina, di noi due nel nostro giardino con Daisy: che Amore! E tutta orgogliosa ci mostrava i suoi pensieri rivolti a noi!

Allora noi, commossi da così grande affetto, le abbiamo donato il piccolo peluche di pinguino che avevamo portato per lei; ci rincresceva soltanto il fatto che la sorellina fosse rimasta a mani vuote, poi colmate dai numerosi disegni che con Violeta e Augustina abbiamo fatto. Il pinguino simboleggiava per noi due il nostro viaggio di nozze e la voglia di renderla partecipe dei nostri racconti.

Racconti di un popolo meraviglioso che con molte fatiche sta cercando di risalire la china dopo la crisi economica del 2001, anche grazie al contributo dell’Obra del Padre Mario Pantaleo, dove tutte le risorse umane delle volontarie e dei responsabili sono dedicate a questo miglioramento.
Ciò è palesemente palpabile e visibile dal fatto stesso che la struttura è nata con l’intento di tenere impegnati i ragazzi, le risorse del futuro di ogni popolo, e quindi toglierli dal “bighellonare in strada” e indirizzarli verso attività interessanti (anche da un punto di vista pedagogico), stimolanti per una sana crescita fatta di amore ed attenzioni, e per giunta di investimento per il loro futuro. Difatti il progetto “Plaza de Artes y Oficios” che hanno ideato e che a noi ha profondamente entusiasmato, focalizza esclusivamente l’attenzione di questi ragazzi, i più grandi a pensare al loro futuro, ad imparare un mestiere che potrà aiutarli a risalire la china e a fargli sentire la vita meno amara.

Spero proprio che la nostra Violeta e anche la sua sorellina riescano ad avere il coraggio che le porti a studiare e a imparare un mestiere! È il pensiero che abbiamo spesso noi due e preghiamo che lei possa essere una tra i più fortunati! Ma il coraggio di vivere e di osare che si respirava nel Centro Educativo, con la gioia delle ragazze operatrici e con gli sforzi dei responsabili, sicuramente non si volatilizzerà nel nulla, ma rimarrà sempre nei cuori di tutti quei ragazzi e, dopo questa esperienza, anche nei nostri!

Accompagnati da questo palpabile entusiasmo, abbiamo girato per la struttura nel momento in cui c’era il doposcuola, quindi con tanti bambini, ragazzini e ragazzi più grandi. Abbiamo cercato di fare amicizia con delle bimbe più grandi e – inconsapevolmente – dato il via ad un sostenuto corteo di ragazzi che ci volevano accompagnare nella visita, così orgogliosi di far parte del Centro! Sono bambini talmente speranzosi e felici che non si può non rimanere coinvolti nei loro discorsi e soprattutto è impossibile, perché a turno, richiamavano la nostra attenzione alle maestrie che avevano imparato e che stanno perfezionando al Centro: scacchi, primi rudimenti di artigianato (almeno le opere che abbiamo visto noi), burattini, insomma la libertà delle espressioni ludiche più coinvolgenti! Non so dirvi in quanti cercavano di essere riconosciuti come “bravo” fra quei volti innocenti! Chi mostrava i burattini, chi invece il suo grado di conoscenza degli scacchi!

Violeta ci ha anche presentato ad alcuni dei suoi compagni e abbiamo parlato anche con qualche suo educatore, interessandoci dei suoi progressi scolastici. Abbiamo passato il pomeriggio anche passeggiando nel giardino dove i ragazzi più grandi imparano a capire la terra con i suoi segreti agro-alimentari; ci hanno raccontato le numerose iniziative estive e di festa che il Centro organizza con le famiglie dei ragazzi; abbiamo visitato la falegnameria dove i ragazzi più grandi stavano costruendo un mobile; ci siamo diretti nella zona cucina dove ragazzi entusiasti ci hanno spiegato il procedimento del pane (nella zona panetteria), poi siamo passati all’ala “del cameriere” quindi abbiamo ammirato la professionalità dei barman: insomma dovunque si rimaneva affascinati dalla forza del sorriso di questa gioventù!

Un’accoglienza calorosissima per noi che venivamo a incontrare la nostra Violeta, un’occasione per farci conoscere tutta l’Obra del Padre Mario Pantaleo. Siamo rimasti tanto rapiti dalla devozione di queste persone che lavorano nel Centro, a perseverare nel cammino di una scelta coraggiosa come quella dello stesso Padre Mario Pantaleo! Abbiamo anche saputo, dispiacendocene per gli altri bimbi, che fino ad allora purtroppo noi due eravamo fra le poche coppie che si erano recate all’Obra, ed è per questo motivo che noi in quel momento, eravamo l’orgoglio della nostra figlioccia, un vanto quindi per ciascuno di quei ragazzi che ricevono la visita dei loro padrini. Se potessimo consiglieremmo a tutti gli altri padrini di recarsi là da loro, perché la gioia che si prova è impagabile!

Tra l’altro, poi, l’Argentina è un paese tutto da scoprire con le sue meraviglie naturalistiche, paesaggistiche e culturali, con una sorpresa sempre dietro l’angolo! Ritornati di nuovo nella stanza di partenza, dove ci eravamo riuniti appena arrivati, abbiamo trascorso insieme qualche altro momento con Violeta. La piccola è rimasta subito affascinata dalle nostre macchine fotografiche, ne avevamo due, una a testa, così da poterci riprendere a vicenda e immortalarci in tanti momenti. Da lì ci è venuta l’idea di inviarle un calendario con le nostre foto per rendere indelebili quei momenti indescrivibili.

Ecco un momento che per me, Silvia, è stato molto toccante e che rivivo sempre con la stessa intensità ogni attimo che con la mente ritorno alla provincia di González Catán. Enzo si era allontanato e la nostra Violeta si era rivolta a me dicendo: “¿Dónde está mi padrino?”. Padrino? Enzo? Là la folgorazione: è stato fantastico sentirsi chiamare in quel modo, noi non ne avevamo pienamente coscienza dell’importanza e del bene che ci rivestiva Violeta pur non conoscendoci, se non solo attraverso le foto inviatele!
Ecco perché tutti noi padrini siamo così importanti per l’educazione e i messaggi positivi che possiamo dare a questi piccoli angeli! Difatti giunti ai saluti, mentre Enzo si prendeva la piccola in braccio per coccolarla e per farle una stupenda promessa di un nostro ritorno, magari accompagnati dai nostri futuri bambini, i miei occhi già si contenevano a stento e ho visto le lacrime nei volti della mamma Carmen e di Julieta e Laura; poi Violeta si è diretta verso di me e io, traboccante di felicità e dolore, la incitavo a studiare un po’ di più spiegandole come la scuola fosse l’unica risorsa che le potesse assicurare una strada migliore. Ma una bimba di sei anni mi avrà capito? Immagino un pochino di sì, sono così grandi questi bambini già a sei anni! Con la speranza nel mio cuore, di una sereno domani per la sua vita, le ho dato un dolce bacio sulla fronte e le ho regalato un mio ultimo sorriso. All’uscita ci aspettava fedele il nostro remisero in macchina; giunto il momento degli abbracci di rito con tutti, le lacrime ormai scendevano giù senza alcun pudore, siamo saliti in macchina ma, come una bambina che non voleva lasciare il suo peluche, mi sono volta indietro correndo verso un disperato ultimo abbraccio. 
Enzo non è riuscito a fare il duro e anche lui ha seguito il mio esempio. Ci siamo allontanati in un mare di lacrime!

Da qualche tempo ormai di Violeta non abbiamo più notizie e purtroppo non sono così sicuro che potremo mantenere un giorno la promessa che le feci quel pomeriggio del 2006. Quello che abbiamo provato allora, con tutti quei bambini e ragazzi che ci saltellavano attorno desiderosi di farsi conoscere da due sconosciuti padrinos provenienti dall’altro lato del mondo, rimarrà per sempre tra le più importanti esperienze che abbiamo compiuto. Abbiamo toccato con mano cosa voglia dire aiutare con poche centinaia di euro l’anno un bambino che all’altro capo del pianeta soffre per cose che noi nemmeno più concepiamo, dall’acqua corrente alle cure dentarie, dal materiale scolastico ai vestiti.

È un bagno di umiltà al quale ti sottoponi e che è meglio di qualunque cura per l’umore.

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