Ladri di merendine

 In POLITICA

Non credo servano psicologi, pedagoghi, scienziati dell’educazione per spiegare lo sdegno che si è sollevato di fronte all’assurdo e discriminatorio bando di gara per l’assegnazione del servizio di mensa nelle scuole dell’infanzia e primaria del comune di Pomezia. E non è certo una questione di avversione aprioristica al Movimento Cinque Stelle e a questi sconosciuti personaggi, precipitati nelle stanze dei bottoni grazie a un bravissimo artista che si è inventato una nuova vita.

Ossessionati dai loro fogli elettronici, come una sorta di Monte Tabor al quale rivolgersi per conoscere la Verità, nell’affrontare il problema dei menu delle mense scolastiche hanno seguito la strade contabile, senza nemmeno rendersi conto di ciò che potesse comportare nei confronti dei bambini.

E leggendo l’intervista di Monica Guerzoni – oggi sul Corriere – al sindaco Fucci ti rendi conto di come costoro vivano in un mondo, tutto loro e totalmente scollato dalla realtà, che peraltro rende manifesti tutti i limiti di quella che loro chiamano democrazia diretta e partecipativa.

Chiunque abbia un figlio, specialmente in età prescolare dove l’immaginazione è molto più preponderante rispetto alla razionalità, sa benissimo che il “dolce” a fine pasto è uno dei premi più agognati, specialmente in questo periodo nel quale il caldo fa consumare di più i gelati. Sebbene il sindaco abbia chiarito che in realtà la riduzione riguarda la merenda, quando ci saranno i bambini a menu completo che si  vedranno dare dalla scuola la merendina, mentre quelli che hanno diritto al menu ridotto si beccheranno la triste merenda di casa, la precisazione del primo cittadino della cittadina romana è una toppa peggio del buco.

Non so se questo neo genitore – ha un figlio di un anno – si sia reso conto di quello che ha affermato ma la discriminazione sulla merenda è forse persino peggiore di quella economica. Ci saranno bambini di tre-quattro anni che si vedranno il loro vicino di banco sbrodolarsi con un gelatino, quando magari la loro mamma ha messo nello zainetto una salutare ma triste carota, come se il problema fosse quello che mangia a scuola e non quello che poi strafoga a casa.

E sentire alcuni nutrizionisti di complemento, prontamente assoldati dalla truppe grilline per far fronte al fuoco di reazione delle mamme di Pomezia e di giornalisti, blogger, gente comune che sui social network hanno massacrato la giunta, è ancora più deprimente. Perché non è la merendina, la crostatina, la brioche delle 15  a rendere il pargolo a rischio obesità, come qualche luminare si è affrettato a dire, lodando l’assenza della merenda preconfezionata nel menu ridotto. Sono semmai le patatine comprate dopo un allenamento in piscina, i pop corn, le bevande gassate alle quali i bambini vengono iniziati troppo presto, che facilitano l’insorgere dell’obesità infantile. Sono le scarse colazioni del mattino, le poco equilibrate cene, sono i capricci che non si riescono a domare per il timore della delusione filiale a costituire il massimo pericolo per l’educazione alimentare dei nostri figli.

E se questa decisione è veramente avvenuta con la partecipazione di alcuni genitori di Pomezia forse è ancora più allarmante perché denota come questa generazione di padri e di madri non si rende nemmeno conto di quanto poco basti per discriminare i bambini.

 

 

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