La domenica dei due papi santi
Come credo sia noto a chiunque abbia aperto un giornale, un sito, la TV o la radio, domenica prossima la città di Roma, l’Urbe, si accinge ad affrontare una delle solite prove di forza che ogni tanto le tocca compiere, in forza di quel Caput Mundi che si porta dietro da quasi tre millenni.
Accadrà la canonizzazione di due amatissimi pontefici, quindi vescovi di questa città, Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II.
Per chi ha la mia età, sebbene formalmente di papi ne ha quindi conosciuti cinque, oltre a Wojtyla e all’attuale pontefice ci sono stati Montini, Luciani e Ratzinger, il Papa della nostra gioventù è stato sicuramente l’uomo chiamato “di un paese lontano“, come disse un po’ grammaticamente in quel suo famoso discorso della balaustra dell’ottobre 1978.
Per noi siciliani però rimarrà per sempre nel cuore e nella mente il discorso – interamente a braccio – con il quale ha scagliato contro Cosa Nostra uno dei più forti anatemi che si siano mai uditi. Ogni volta che guardo in TV queste immagini osservo Mons. Marini, il presbitero sullo sfondo, alla sinistra del Papa: sembra come stordito da quelle parole, da quella forza, da quei gesti.
Ora io non so se – come dice il NYT – Papa Giovanni Paolo II non meritasse o meno questa canonizzazione, sebbene in 27 lunghi e intensi anni di pontificato un po’ di errori chiunque li avrebbe compiuti. Poi si confonde spesso la santità con la perfezione, cosa che per la dottrina (e credo per qualunque persona di buon senso – credente o meno che sia) non è di questo mondo: quindi comprendo bene dubbi e perplessità che sia in ambito laico sia in quello religioso possano esserci sulla figura di quest’uomo. Dalla famosa apparizione sul balcone di Pinochet, in Cile, al forte conservatorismo in materia di etica sessuale, dagli scandali dei preti pedofili alle ingerenze forti che la Conferenza Italiana ha continuato a fare nella nostra politica interna.
Quindi non so se sia effettivamente santo o meno e non posso che attenermi alla buona fede dei postulatori.
So però che – a mia memoria – non ho mai ascoltato un leader mondiale e nemmeno ovviamente un politico siciliano tenere un discorso come quello nella Valle dei Templi di Agrigento e urlare che “non può uomo, qualsiasi umana agglomerazione, mafia, cambiare e calpestare questo diritto santissimo di Dio! Questo popolo siciliano, talmente attaccato alla vita, che ama la vita e che dà la vita non può vivere sempre sotto la pressione di una civiltà contraria, della morte. Ci vuole civiltà della vita … Lo dico ai responsabili: convertitevi, una volta verrà il giudizio di Dio“.
E per me – siciliano – santo forse lo è davvero.