Nomine e Interessi

 In POLITICA

Indubbiamente la novità di genere che il Governo Renzi ha introdotto all’epoca della formazione del nuovo esecutivo è stata dirompente ed esemplare: che la Farnesina sia guidata ancora da una donna, dopo Emma Bonino, nella persona di Federica Mogherini, o che la Difesa abbia come Ministro Roberta Pinotti, in un ambiente molto “macho” è stato senza dubbio novità di grandissimo rilievo. Peccato che la spinta propulsiva al rinnovamento, attraverso la scelta di donne in posti di potere, si sia mano a mano affievolita prima con i posti di sottogoverno, adesso con le nomine.

Sì perché a dispetto dell’apparenza, dove per i Presidenti dei CDA delle grandi aziende pubbliche sono state scelte delle donne, in realtà nessuno degli Amministratori Delegati nominati è di sesso femminile e chiunque lavori in un’azienda privata sa bene che il Presidente del CDA, quando non ha deleghe operative, è una figura quasi ornamentale e di mera rappresentanza.

Sicuramente è un bel biglietto da visita per un avvio di rinnovamento, quello di presentare quattro importanti board presieduti da manager donne, ma in un mondo che ha visto Hillary Clinton a Foggy Bottom, Margaret Thatcher a Downing Street, Angela Merkel a Berlino, senza voler considerare le nuove primavere rosa sudamericane, è un po’ poco.

È sicuramente un passo avanti e va dato atto: ciò che desta perplessità è che non si capisce come mai non si sia riuscita a strappare nessuna donna manager per un posto di AD.

Veniamo alle nomine: sicuramente alla guida delle quattro grandi aziende pubbliche arriveranno personalità di grande rilievo, a cominciare da Francesco Caio che forte della sua esperienza nelle telecomunicazioni nazionali e internazionali appare come un punto di forza del nuovo CDA di Poste Italiane. Allo stesso modo, la scelta tutta interna per ENI ed ENEL non è male: significa che le professionalità migliori all’interno di quei colossi vengono in qualche modo premiate.

Discorso diverso invece per Moretti: investito dalla folle demagogia sugli stipendi, Mauro Moretti viene dirottato in Finmeccanica, un settore che praticamente conosce poco.

Nella holding pubblica dell’industria della difesa vi è invece una grande novità, che non è rappresentata dalla presenza femminile (in Finmeccanica è stato confermato Di Gennaro): la totale assenza di militari nel  board. Credo sia la prima volta e questo segna una forte discontinuità in un settore nel quale le Forze Armate ha interessi troppo grandi e spesso troppo oleati all’estero.

Se però nel CDA di Finmeccanica si è cercato di rompere interessi consolidati, lo stesso non può dirsi con le altre aziende. Innanzi tutto la vicenda dello stesso Moretti, autore del risanamento post Cimoli delle Ferrovie e che – nonostante tutte le polemiche sui treni locali – ha portato il gruppo delle FS in attivo e in grado di reggere (e finora vincere) la nuova concorrenza di NTV. Non sappiamo ancora quale sarà la scelta per le Ferrovie, sta di fatto che la lente di ingrandimento dell’opinione pubblica doverebbe concentrarsi su questa prossima nomina, proprio in forza ai grandi interessi di Della Valle e Montezemolo, azionisti di NTV e grandi sponsor politici di Matteo Renzi.

Desta francamente molto stupore il fatto che siano state scelte due industriali, Todini e Marcegaglia, per la presidenza di aziende pubbliche: possibile che non ci fossero donne nella PA italiana in grado di presiedere un board? Non credo: così come il Governo Monti scomodò Anna Maria Tarantola da via Nazionale per portarla a Viale Mazzini, allo stesso modo si sarebbe potuto trovare un manager, un dirigente di alto livello, anche nel privato se proprio nel pubblico non se ne trovava una, per presiedere quei consigli. L’ex presidente di Confindustria ha persino avuto forti interessi con i due colossi energetici: non credo sia stata la scelta più opportuna. Allo stesso modo Luisa Todini, già nel board della RAI in quota Forza Italia, non trovo sia la scelta migliore per le Poste. Veramente non c’era nessun dirigente donna da promuovere? E possibile che le donne debbano essere tutte ricche e figlie di industriali per dirigere un dicastero (Guidi) o presiedere una grande azienda pubblica (Todini e Marcegaglia)?

Inoltre – ma non meno importante – la scelta di alcuni amministratori: ieri in rete circolava una sorta di indignazione per il fatto che il tesoriere della Fondazione Big Bang, la fondazione che si occupa di racimolare fondi elettorali per il Presidente del Consiglio, fosse nominato nel board di ENEL. Ora l’indignazione può anche essere sacrosanta, ma non può certo venire da chi – durante le campagne per le primarie e per le elezioni politiche – ha sostenuto l’abolizione del finanziamento pubblico dei partiti. È normale – nei paesi occidentali – che chi fa lobby passi all’incasso e basta vedere House of Cards, ormai finalmente anche in Italia sul nuovo canale SKY ATLANTIC,  per farsi un’idea di cosa significhi intreccio fra potere politico e potere finanziario.

Infine una nota di colore: Luigi Zingales, uno degli economisti più noti al mondo, della scuola di Chicago, sostenitore acerrimo in “tempi di guerra elettorale” del ritiro dello Stato dal mercato, sarà uno degli amministratori di ENI. Curioso che la poltrona di Stato faccia schifo quando stai fuori e poi l’accetti.

In ogni caso, chiudo con questo tweet di Oscar Giannino di ieri sera:

 

 

 

La prossima volta anziché votare PD si farà prima a votare FARE: se proprio dobbiamo scegliere i liberisti lo facciamo direttamente alle urne.

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