Apolide
Mi ha appena chiamato SKY per propormi un’offerta per i mondiali di calcio.
Conversazione molto divertente con l’operatrice:
Lei: Sig. Pistorio, mi conferma data e luogo di nascita?
Io: Certo. Nato a … il …
Lei: Ma lei non è siciliano, vero?
Io: Signora, se preferisce che risponda alle sue domande in catanese stretto, per dimostrarle che lo sono, basta che lo dica!
Lei: No, è che … io sento tanti clienti da tutta Italia e … lei ha una dizione perfetta, non si sente nessun accento, di nessun tipo.
Io: Sarà che vivo da troppo tempo a Roma, signora mia!
Lei: No, ma non si sente nemmeno quello! E io di dove sono, sig. Pistorio?
Io: Lei è sicuramente campana …
Lei: anche se chiamo da …
Io: … da Milano, signora, o almeno è quello che dice l’iPhone!
Lei: Infatti! E non sono mai riuscita a parlare senza accento! Complimenti a lei. Vivissimi!
Offerta accettata, ma non per i complimenti!
Solo che mi è rimasto un atroce interrogativo “interna corporis“, come direbbero i soloni della giurisprudenza, su cosa diventiamo noi – emigranti fortunati del terzo millennio – se persino nel linguaggio ci trasformiamo a tal punto.
Per quelli che si staranno chiedendo che offerta io abbia accettato: insieme ai mondiali, che comunque avrei acquistato essendo un malato delle competizioni internazionali di calcio, mi hanno offerto fino al 24 agosto il pacchetto Cinema.
Hai visto mai che oltre Peppa Pig c’è vita …
p.s. Quando la signora mi ha fatto i complimenti per la dizione ho rivolto un pensiero a Felice Vasta, attore per passione di Acireale, che oltre venticinque anni fa – pazientemente – costruì un bellissimo laboratorio teatrale nel mio Liceo. Se non fosse stato per lui non soltanto avrei avuto una pessima dizione italiana, e questo non sarebbe stato certo un dramma (al più facevo il politico!), ma mi aiutò a saper pronunciare bene la “s” impura che fino ad allora “sputacchiava” ridicolmente tanto da sembrare Baby Duffy Duck! Non so se Felice sia ancora vivo o meno. Sono trascorsi venti anni dall’ultima volta che vidi lui e la moglie: so di certo che quei laboratori lì, in un’era nella quale la scuola non era ancora stata infestata da acronimi POF, PIF, PUP, POP, nickname più adatti ai popcorn e alle patatine, sono stati meravigliosi. E soprattutto gratuiti per i miei genitori – fatica di accompagnarci a parte – mentre adesso non soltanto paghiamo per le attività culturali dei nostri figli ma addirittura dobbiamo portare persino la carta igienica per far fronte alle necessità primarie dei nostri figli!