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 In POLITICA

Capisco Obama.

Comprendo bene perché apparisse frastornato ieri pomeriggio qui a Roma, visitando il Colosseo.

Seguendo ieri alla TV la visita del Presidente americano abbiamo sicuramente tutti potuto scorgere uno stupore continuo di fronte alla “Storia“.

In quel lungo e interminabile corridoio, scortato dai Gentiluomini di Sua Santità, dove appare a noi annoiati italiani normale che i soffitti o le pareti siano affrescati da Raffaello, abbiamo visto in TV un presidente statunitense che non riusciva a trattenere né lo stupore né l’emozione.

La stessa espressione – quasi una sorta di un complesso di inferiorità per un uomo abituato a essere appellato come l’uomo “più potente del mondo” – la si poteva perfettamente notare davanti al Colosseo, visitato privatamente grazie ai suggerimenti di Malia e Sasha che dell’Anfiteatro Flavio erano rimasti così colpite da parlarne moltissimo al padre impegnato – allora – al G8 de L’Aquila.

Comprendo lo stato d’animo di Obama: ero anche io un bambino, come le due Obama-girls, quando nel 1983 visitai per la prima volta la Città Eterna e il tour della capitale, che con la mia famiglia facemmo, iniziò proprio dal Colosseo.

Complice la fermata della metropolitana che sta proprio di fronte all’Anfiteatro, arrivammo dall’EUR, il quartiere periferico di Roma, dove all’epoca abitava una sorella di mio padre. Credo che lo shock che ogni turista provi – venendo fuori dalle gallerie ormai vecchie, fatiscenti e putride del treno sotterraneo capitolino – alla vista delle prime arcate sia indescrivibile, così come posso soltanto immaginare cosa si possa provare in quei minuti che precedono la visita a un Pontefice, attraversando corridoi che hanno secoli di storia e sono zeppi di opere d’arte di inestimabile valore.

Per molti tempo, in questi quasi venti anni che vivo tra Roma e Catania, ho percorso Viale dei Fori Imperiali mille volte, specialmente quando possedevo un “cinquantino” al quale era interdetta la circolazione autostradale.

A noi romani, di nascita o di adozione, diventa praticamente routinario ciò che per la maggior parte del mondo sarebbe scioccante, camminando o viaggiando lungo i Fori o a due passi dall’Arco di Costantino o schizzando velocemente lungo via dei Cerchi, che costeggia il Circo Massimo.

Forse se recuperassimo un po’ dello stupore di bambini comprendemmo quello che Barack Obama ha immediatamente detto ieri a Dario Franceschini, Ministro dei Beni Ambientali e Culturali. Rivolgendosi alla telecamera dello staff della Casa Bianca: Obama scherza dicendo “Quest’uomo è il Ministro per la Cultura e il Turismo in Italia“, sottolineando la grande fortuna (“the best job in Italy“) che l’ex segretario democratico ha nel poter operare in quel campo.

A un uomo abituato – pragmaticamente – a occuparsi di approvvigionamenti energetici, per dar vitalità alle industrie del suo paese, è immediatamente saltato in mente che i nostri Beni Culturali, Ambientali e Paesaggistici costituiscono il nostro “petrolio“, molto più soddisfacente – almeno per l’animo – di quello del cui approvvigionamento – fra qualche ora – dovrà parlarne a Riad.

Sarebbe forse il caso che anche noi tutti ne prendessimo coscienza.

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