Visto da Bruxelles

 In POLITICA

Sicuramente ieri saranno stati molti i renzi-kaze, i kamikaze che su Twitter e Facebook si sono dati come missione quella di difendere da ogni complotto intergalattico il Presidente del Consiglio, impegnati nell’attacco al Presidente del Consiglio Europeo Van Rompuy e al Presidente della Commissione Europea Barroso, rei di aver sorriso di fronte a una domanda di un giornalista italiano di Radio Radicale sulle possibilità di successo del piano economico annunciato da Matteo Renzi.

Oggi hanno un autorevole editorialista a dar loro man forte: Pierluigi Battista.

Il giornalista del Corriere – stamane – fa ovviamente il parallelo con i primi risolini, quelli fra Merkel e Sarkozy nei confronti di Silvio Berlusconi. Ovviamente ci sono gli estremi per così dire “diplomatici” per chiedere delle scuse formali, tuttavia mi chiedo se noi in Italia riusciamo a fare lo sforzo di metterci nei panni dei nostri “partner” europei. Perché nel resto dell’Unione il mito dell’«uomo solo al comando», che noi spesso siamo portati a esaltare all’inverosimile per poi magari devastarlo al minimo fallimento, non è che sia visto proprio benissimo. Spesso, in questi Paesi, che hanno prodotto grandi leadership quali Thatcher, Blair, Gonzalez, Asnar, Zapatero, Adenauer, Schimdt, Brandt, Kohl, Schroeder, Merkel, De Gaulle, Pompidou, Mitterand, Chirac, e potremo continuare con gli altri paesi da poco unitisi all’UE, da Havel a Walesa, i leader non sono “uomini della provvidenza” ma coloro che attraverso la loro personalità, la loro competenza, il loro carisma, guidano una classe dirigente, un gruppo, un governo, un’opposizione.

È questa la ragione – e Renzi certamente ne è a conoscenza – per la quale l’ascesa a Palazzo Chigi di Matteo Renzi è stata sì vista con favore per la ventata di novità portata dal Rottamatore, dalla sua giovane età e dalla sua smodata ambizione. Però non viene certo trascurata dagli osservatori internazionali la triste compagnia di giro che l’attuale inquilino di Piazza Colonna si è dovuto o voluto portare dietro.

A cominciare naturalmente dalla lettura dei quotidiani italiani che viene certamente esaminata senza gli occhi dei tifosi con i quali noi italiani siamo soliti osservare qualunque cosa: lo scandalo degli appalti in Lombardia, che investono un sistema di potere enorme e ben consolidato che ha il suo fulcro in Roberto Formigoni, non può passare inosservato o edulcorato soltanto perché abbiamo il Premier del Fare! Il Nuovo Centrodestra, con tre ministri di peso quale Alfano, Lupi e Lorenzin, è fondamentale nell’equilibrio della maggioranza e lo scandalo lombardo, che investe soprattutto il secondo (ministro proprio alle Infrastrutture), vicinissimo a Formigoni in Comunione e Liberazione, non può che destare preoccupazione in Europa, soprattutto di fronte ai proclami di spesa del nuovo governo.

Così come non rimane certo celata, sotto una pila di comunicati stampa, la questione della casa di Firenze sollevata dal quotidiano Libero e ormai ripresa da qualunque giornale italiano dopo l’apertura del fascicolo di indagini contro ignoti da parte della procura fiorentina. Naturalmente noi tutti ci auguriamo che Matteo Renzi sia estraneo a ogni imputazione, accusa, spiffero si possa sollevare dall’inchiesta e vogliamo fermamente credere che Marco Carrai l’abbia ospitato per puro spirito di amicizia. Ma nei paesi diversi dal nostro, il problema del conflitto di interessi, dei favori di amici a fronte di appalti, convegni, mostre da organizzare, non sono visti molto bene e spesso portano alle dimissioni. Certo avrà avuto le sue buone ragioni Matteo Renzi per spostare per tre anni la residenza sua (non della famiglia) a Firenze da Pontassieve da dove vive da parecchio tempo. Purtroppo per lui – una volta divenuto capo del governo – non può lasciare nessuna ombra sulla sua condotta da sindaco perché da quella esperienza ha tratto il massimo di credito per farsi eleggere prima segretario del PD e poi quindi chiedere la guida del Governo. Meglio spiegare i motivi che l’hanno portato a tenere per tre anni la residenza lontano dalla moglie e dai figli, anziché questo stillicidio di articoli giornalieri. D’altronde abbiamo sempre fatto le pulci a Silvio Berlusconi e i suoi innumerevoli scheletri nell’armadio: è abbastanza scontato che dai giornali di destra partano inchieste per screditarlo. Anche se – lo ammetto – sembra che tutti abbiano l’ossessione per la casa: dall’affitto di D’Alema alla Casa di Montecarlo di Fini, sembra che il mondo giri attorno al mattone.

Poi c’è l’ingombrante presenza di Silvio Berlusconi: condannato, decaduto, interdetto e fra venti giorni “carcerato” o “affidato“, il leader di Forza Italia è ancora il punto di attrazione di milioni e milioni di elettori. E per quanto noi ci si sforzi di contrastarlo, di rendere trasparenti le magagne e le schifezze da lui e dai suoi sodali compiute, nel corso specialmente dell’ultimo decennio, possiamo essere ragionevolmente certi che nelle stanze dei bottoni di Bruxelles, per quanto tecno-burocrati possano essere, si rivolgono spesso la stessa domanda: «com’è che milioni di italiani ancora lo votano?». E – come se non bastasse – questi voti lo portano a essere interlocutore privilegiato di Matteo Renzi per le Riforme Costituzionali ed Elettorali, dopo il rifiuto da parte del Movimento Cinque Stelle di qualunque ipotesi di accordo per riscrivere parte della Carta Costituzionale o della legge con la quale rinnovare le Camere.

Infine proprio la presenza sulla scena politica di un Movimento di quel tipo, diretto da un tizio oscuro come Casaleggio e avente per megafono un ex comico mezzo esaltato, capace un giorno di sostenere una cosa e il giorno dopo di smentirla, rende il nostro Paese diverso dagli altri che hanno subito una crisi. Come potrebbe essere altrimenti? Come si può ragionare di politiche di crescita e di spesa con una compagine politica che teorizza la decrescita felice in un Paese ad alta ingiustizia sociale e soprattutto con delle diseguaglianze incredibili fra ricchi e poveri, fra Nord e Sud. Quale “decrescita” possono mai agognare coloro che non hanno mai avuto la “crescita“? Quale redistribuzione del reddito e della ricchezza è mai possibile se si immagina di “decrescere“, cioè di consumare meno, quando molta gente ormai non ha più i denari per i consumi di beni primari?

Basta leggere un po’ di tweet o di post su Facebook per rendersi conto che per i seguaci di questa setta basterebbe tagliare lo stipendio di parlamentari, di manager pubblici e magari porre un tetto ai privati per far sì che il nostro “debito” riesca a scendere. Ed è perfettamente inutile cercare un confronto con le cifre e con gli ordini di grandezza perché chi assume un atteggiamento fideistico non è molto aperto al confronto!

In tutta questa situazione politica, francamente l’ultimo dei problemi mi sembra che i due Presidenti (peraltro ormai prossimi alla scadenza) dell’Unione Europea sorridano scetticamente delle possibilità che il piano economico di Renzi, a prescindere dalle condivisioni o meno di merito, vada in porto. Potremo pure pretendere le scuse, come Pigi Battista chiede, per difendere l’onore internazionale del nostro Paese: sta di fatto che di fronte ai fatti concreti e alle assunzioni di responsabilità, presenti, passate e future, se io fossi in uno degli abitanti dei paesi del Centro Europa o del Nord Europa, di fronte alla lettura dei giornali italiani probabilmente anche io sarei scettico sulle probabilità di successo.

Perché la credibilità è un qualcosa che si costruisce con i comportamenti e al di là della super presentazione PowerPoint, dei passaggi istituzionali così inusuali, e della carica energica che un uomo di 39 anni per definizione possiede (sarebbe strano il contrario!), ancora la credibilità personale di Matteo Renzi, del suo nuovo Governo, della nuova classe dirigente che sta venendo fuori, è tutta da sperimentare e da verificare.

Così come i progetti così belli sulle slide devono tradursi in provvedimenti legislativi: ed è lì che poi cascherà l’asino. Perché a parole è tutto semplice: è facile parlare di spending review, guardando le cifre. Bisogna però ricordarsi che qualunque euro tagliato, qualunque capitolo di bilancio o voce di spesa che da “destra” si pensa sia uno “spreco” magari a “sinistra” significa un “salario“, quindi un reddito per una famiglia. E viceversa: per ogni euro speso nell’acquisto di un certo bene, se magari a “sinistra” quel bene è considerato superfluo, magari a “destra” è il frutto della produzione di una fabbrica, di posti di lavoro, di famiglie e di consumi.

Queste differenza – fra i progetti in PowerPoint e i provvedimenti legislativi – temo che in Europa la conoscano perfettamente e ormai diffidano con naturale scetticismo sulla nostra capacità di produrre slide contro la nostra proverbiale incapacità di tradurle in fatti.

Recommended Posts
CONTATTAMI

Per qualunque informazione scrivimi e ti risponderò al più presto possibile.

Not readable? Change text. captcha txt
0
VINCENZOPISTORIO.COM