Primavera romana
Comincio a pensare che potrebbe trattarsi benissimo di un grande disegno planetario, probabilmente frutto della solita globalizzazione che ha fatto conoscere le condizioni meteo della nostra Capitale, se ogni volta che arriva la primavera puntualmente cominciano a sbarcare orde di cosiddetti “grandi della Terra” per incontrarsi, parlarsi, conoscersi.
Comincia giovedì prossimo un mese da far tremare i polsi a qualunque altra metropoli del mondo. Qualsiasi tranne questa.
Il primo a sbarcare in Italia sarà il presidente americano Barack Obama, credo accompagnato da Michelle. Il clou della visita all’Urbe non è – come i renzi-kaze spacceranno in rete – l’incontro con Matteo Renzi, fresco Presidente del Consiglio dei Ministri. Quello sarà un incontro accessorio, di cortesia, programmato da tempo, quando a Palazzo Chigi sedeva Enrico Letta. Il fulcro di questa visita del primo presidente nero degli Stati Uniti sarà lo storico incontro con il nuovo Pontefice, anche lui proveniente dal Nuovo Mondo, non dal Nord opulento e un tantino freddo ma dal Sud, povero e caliente, di quell’immenso continente americano che Colombo oltre cinquecento anni fa scoprì. Sarà l’occasione di un primo faccia a faccia fra il Capo della Casa Bianca e il Capo della Chiesa, dopo le frizioni degli ultimi tempi in tema di diritti civili fra Washington e la Conferenza Episcopale Americana. Ma sarà anche l’occasione per l’incontro fra due persone che hanno rappresentato e per certi versi rappresentano ancora (Francesco sicuramente, Obama un po’ meno) una speranza e una leadership nuova.
Attorno alla visita del Presidente Obama ovviamente la città di Roma verrà – tanto per cambiare – messa a dura prova.
Tra la sede dell’Ambasciata in via Veneto, la residenza dell’ambasciatore a Villa Taverna (che ospiterà la coppia Obama) e il Colosseo (che verrà completamente reso inaccessibile per la visita prevista), ci sarà da mettersi le mani ai capelli. Naturalmente teniamo incrociate tutte le dita e speriamo che il tempo regga e si possa adoperare un mezzo a due ruote, altrimenti sarà il collasso.
Poco più di quindici giorni dopo sarà il turno delle celebrazioni della settimana santa: come ogni anno a Roma si riversa “qualche” pellegrino, desideroso di partecipare alle celebrazioni che vedono protagonista il Papa. Se per ogni udienza generale del mercoledì Piazza San Pietro è stracolma e l’Aurelia è impraticabile per quanta gente prova a entrare in città, vi immaginate cosa sarà questa Pasqua di aprile con un Pontefice superstar?
Come se non bastasse tutto ciò, il 27 aprile – un mese esatto dopo la visita di Barack Obama – a Piazza San Pietro e non so ancora in quante piazze verranno messi contemporaneamente i maxi schermi, ci sarà la canonizzazione di due papi, ma non due qualunque: il Papa Buono, Giovanni XXIII, e il Papa “Santo Subito”, Karol Wojtyla.
Chiunque di noi non abbia seri problemi con la memoria ricorderà certamente cosa era Roma nell’aprile del 2005 (9 anni fa) quando il 2 di quel mese Giovanni Paolo II “tornò alla Casa del Padre“, per usare le parole dell’allora Arcivescovo Sandri, e le strade tutte intorno a San Pietro furono letteralmente invase da milioni di persone, giovani e meno giovani, piovuti sui vicoli di Borgo Pio per rendere omaggio al loro Papa.
Non so se il cerimoniale di canonizzazione preveda numerose delegazioni straniere, ma sono molto felice di non dover prendere nemmeno mezzo aereo in quei giorni! Nove anni fa l’aeroporto di Fiumicino sembrava Victoria Station di Londra all’ora di punta!
Roma, imperturbabile, si godrà l’orda di barbari che la verranno a visitare, godrà di euro, dollari, yen, yuan, che si riverseranno nelle casse, infischiandosene se i cittadini comuni, quelli che qui pagano tasse, non otterranno alcun beneficio da queste visite, se non magari qualche rinfrescata a qualche palazzo o piazza.
Mentre i “grandi” si godranno i loro tour praticamente in solitario, noi “piccoli” della Terra continueremo a sorbirci la più bella città del pianeta, la capitale del mondo come la chiamano gli antichi, con i servizi pubblici locali che fanno pena, con due sole linee della metropolitana, un’altra che chiamarla linea è francamente eccessivo (quattro fermate) e difatti nemmeno l’hanno battezzata, con una condizione delle strade da fare pena.
E ancora una volta ci rammaricheremo che le Cadillac di Barack Obama, seguite dal consueto furgoncino del Secret Service, non passino sotto casa nostra: almeno per una volta quelle buche verrebbero riparate.