La fine di un’epoca

 In SPORT

Tutti i quotidiani italiani hanno ripreso stamattina una notizia bomba cominciata a circolare ieri sera e che forse non è stata approfondita sul corretto piano politico che merita. La notizia, riportata da Bloomberg e che da molto tempo era sussurrata, è che la famiglia Berlusconi, con il Cavaliere in primis, starebbe per vendere il Milan. Il club rossonero, dopo la Roma agli americani e l’Inter all’indonesiano Tohir, diventerebbe il terzo grande acquisto internazionale del nostro massimo campionato calcistico.
Ma il Milan A.C., come correttamente viene chiamata all’estero la squadra adesso guidata da Seedorf, non è una semplice squadra di calcio, come lo sono la Roma, l’Inter o la Juventus. Per oltre venticinque anni, da quando Silvio Berlusconi l’ha rilevata dalla fallimentare gestione di Farina, la società di via Turati ha rappresentato il principale biglietto da visita dell’epopea vincente del Cavaliere, dell’imprenditore che realizza i propri progetti, dell’uomo del fare che porta sul tetto del mondo la propria creatura.
Il Milan non è mai stato soltanto sport, come è stato ampiamente dimostrato sin dal primo governo Berlusconi, venti anni fa, quando vinse ad Atene la terza Coppa dei Campioni dell’era berlusconiana proprio nei giorni in cui il proprietario del club riceveva il voto di fiducia del Parlamento, con una delle più belle partite che la squadra rossonera, all’epoca guidata da Fabio Capello, abbia mai disputato, intrecciandosi con i voti di fiducia che piovevano sul Cavaliere al Senato, pur senza aver ottenuto la maggioranza.
La vendita del club, per valore stimato da Forbes di quasi un miliardo di dollari, è quindi qualcosa di più di un semplice avvicendamento societario fra ricchi imprenditori del pallone: è la fine di un’era politica che aveva – nel mondo del calcio professionistico – una delle più potenti appendici propagandistiche, come anche recentemente dimostrato dopo l’acquisto di Mario Balotelli durante la campagna elettorale dello scorso anno, e prima di lui quello di Alessandro Nesta che addirittura fu quasi oggetto di “spergiuro” per il fatto che il Cavaliere aveva giurato (non sulla testa dei figli quella volta) che mai avrebbe acquistato il centrale difensivo della Lazio. Poi Nesta arrivò alla fine dell’estate e cominciò l’era vincente del Milan di Ancelotti, vincente soprattutto all’estero (due Champions, una finale perduta rocambolescamente con il Liverpool, Coppa del Mondo per club, contro un solo scudetto). Non è mai stato certamente frutto del caso che la società rossonera abbia privilegiato sempre le competizioni internazionali anche a scapito del campionato nazionale, proprio perché il biglietto da visita di società vincente nel mondo era e forse lo sarebbe ancora il miglior messaggio che solletica gli umori di un certo elettorato.
Sebbene Fininvest abbia smentito ufficialmente le indiscrezioni del network televisivo finanziario americano, se venisse confermata la vendita del Milan forse sarebbe veramente la fine di un’epoca in politica dominata – nel bene e nel male – da Silvio Berlusconi.

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