Definirsi di sinistra

 In POLITICA

Andrea Orlando, il nuovo Ministro della Giustizia, è oggetto ovviamente preferito dai giornalisti del Fatto Quotidiano che stanno provvedendo a ricostruire il niet di Giorgio Napolitano al procuratore di Reggio Calabria Gratteri.
Ne parlano sia Andrea Scanzi che Peter Gomez, riportando come prove del presunto berlusconismo implicito del neo ministro, quanto riportato in questo articolo di Elena Rosselli.
Non è mia intenzione entrare nel merito della composizione del Governo Renzi: altri commentatori, autorevoli tanto quanto quelli del Fatto, hanno sottolineato come fosse prassi consolidata della Repubblica, sempre in forza di quella separazione fra poteri che spesso predichiamo (evidentemente quando ci conviene), che un magistrato in servizio non è mai stato nominato a Via Arenula. Ammetto che anche io su Twitter ieri ero rimasto affascinato dall’ipotesi Gratteri, ma in serata – dopo aver capito le giustificazioni – le ho comprese poiché è sempre meglio non allontanarsi troppo dalle prassi consolidate.
Naturalmente Gratteri poteva essere adoperato anche in altro ruolo: d’altronde Antonio Di Pietro, che già non era più magistrato, fu cercato (invano) da Silvio Berlusconi per il Viminale e poi andò al Governo con Prodi ma mai a Via Arenula. L’unica eccezione fu Nitto Palma quattro anni fa, quando andò a dirigere il Ministero della Giustizia sostituendo Angelino Alfano. Ma, anche se magistrato, egli non era in servizio: era da tempo parlamentare della Repubblica.
Ora al di là del fatto che questa storia della sostituzione della casella, nella lista dei ministri, darà l’occasione al Fatto e ai grillini di fare un altro po’ di caciara contro Napolitano, vorrei soffermarmi invece sulla seguente frase, adoperata da Gomez per definire il neo ministro: “celebre per aver chiesto l’abolizione dell’ergastolo e proposto l’abrogazione dell’obbligatorietà dell‘azione penale“.
La prima parte meriterebbe un approfondimento: Gomez rimanda all’articolo della Rosselli la quale compie una sintesi delle posizioni dell’esponente del PD, peraltro già responsabile giustizia dello stesso partito. “Sono favorevole all’abolizione dell’ergastolo ostativo“, affermava dunque Orlando.
Come Gomez, anche Andrea Scanzi sbeffeggia il ministro, il carismatico e guizzante Andrea Orlando, uno che vorrebbe abolire ergastolo e 41 bis, uno che ha un’idea di giustizia al cui confronto Ghedini è antiberlusconiano.
Ora naturalmente nessuno ha ancora una precisa idea di cosa voglia riformare Orlando, entrato in carica da poche ore (il fatto di aver già dichiarato di voler lavorare sugli eco-reati mi sembra tuttavia una cosa buona), ma mi piacerebbe capire che idea hanno invece del sistema penale loro, Scanzi e Gomez.
Entrambi (credo) si dichiarano di sinistra: Scanzi ha persino rifiutato la candidatura nella lista che sostiene Tspiras alle prossime europee.
Ma siamo sicuri che le loro idee di giustizia siano di sinistra?
Quando ho letto questi due pezzi mi sono ricordato della giustizia norvegese dopo la strage di Utoya ad opera di Breivik. La condanna massima che sconterà quel pazzo sarà di 21 anni. Il carcere dove è rinchiuso è una specie di hotel a cinque stelle e infatti egli ultimamente – si vede che non ci sta con la testa! – si sta lamentando per la vetustà della playstation in dotazione (hanno persino i giochi elettronici in carcere questi norvegesi!).
La Norvegia – come noto – è una socialdemocrazia da tempo, dove i partiti più di destra forse stanno alla sinistra dei nostri partiti progressisti!
Ecco se potessi, a Scanzi e a Gomez, li inviterei a non abusare del termine sinistra perché il loro modo di pensare sulla carcerazione e sulla pena non è affatto di sinistra, anzi!
È quanto di più conservatore si possa immaginare poiché si lascia intendere che la pena non sia riabilitatoria, non serva per cercare di recuperare il soggetto recluso a una sua funzione sociale, bensì viene intesa come punizione, come una sorta di condanna di un dio terreno – lo Stato – che pretende arrogantemente di avere quasi poteri soprannaturali. Così come la pena di morte è abominevole poiché infligge una pena definitiva e perfetta su eventi umani e quindi per loro intrinseca natura imperfetti, allo stesso modo la condanna a vita altro non è che una condanna a morte differita.
Certo il passaggio da un sistema come quello attuale a uno norvegese è impossibile anche solo immaginare che avvenga in modo istantaneo: proprio per tale ragione, però, servirebbe un investimento serio in carceri proprio per provare a recuperare i detenuti.
Un obbligo che infatti corre a sinistra è quello di battersi per i più deboli che sono anche i carcerati, coloro che in funzione di errori personali anche molto forti stanno pagando il loro debito con la società (peraltro sarebbe persino un insegnamento cristiano, ma sorvoliamo. Lo sappiamo che Quello lì un po’ matto lo era pure lui, no?).
Se penso alla posizione di Scanzi e Gomez, così come di Travaglio il quale però si è sempre definito di destra, appare surreale la loro difesa poi di Emma Bonino agli Esteri: la donna che più di ogni altro esponente politico in Italia si è sempre battuta per avere degne carceri e dignitose e rispettose pene carcerarie.
Ci farebbero più bella figura, cercando magari qualche altro appiglio per attaccare il Presidente della Repubblica che comunque – anche stavolta – ha rispettato la Costituzione, la sola alla quale deve attenersi.
Sempre, non soltanto quando fa comodo ai giornalisti del Fatto.

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