Michelle, ma belle!
Ieri sera, appena tornato a casa, ho trovato nella mia cassetta delle lettere il puntuale resoconto annuale dell’AVSI, riguardo il sostegno a distanza che abbiamo acceso con l’organizzazione non governativa nel lontano 2006.
Lo scorso novembre è stato un momento particolare: la nostra figlioccia, Violeta, che abbiamo visto crescere dal 2006 al 2013, non avrebbe più frequentato il centro alla periferia di Buenos Aires e quindi il nostro sostegno sarebbe finito lì.
È stato un duro colpo, per me e mia moglie, perché Violeta l’abbiamo conosciuta personalmente durante il viaggio di nozze, l’abbiamo sentita più volte al telefono, l’abbiamo veramente considerata parte della nostra famiglia, raccontando a nostra figlia chi fosse e perché la stessimo aiutando, cercando di spiegare alla nostra bambina cosa fosse successo in quel lontano paese dove vivono i nostri amici.
Sebbene il periodo di crisi non risparmi certamente le famiglie monoreddito come la mia, non ce la si è sentita di sospendere il sostegno. Abbiamo così accettato di poter seguire un’altra ragazzina: Michelle.
Anche lei è figlia del disastro economico del dopo Menem, di quella scellerata politica liberista, e di parità col dollaro, che ha distrutto un Paese, moltiplicando esponenzialmente le già forti disuguaglianze sociali, rendendo i ricchi ancora più ricchi e i poveri sempre più tali.
Anche Michelle è costretta a mangiare ogni giorno al centro educativo della zona poiché altrimenti non avrebbe da mangiare; anche lei vive in condizioni precarie per la luce, l’acqua e soprattutto il riscaldamento; anche Michelle, come Violeta prima e i tanti ragazzi che ci hanno accolto e salutato quel 1° novembre 2006, hanno la speranza che lo studio, l’imparare un mestiere, il vivere nella comunità sia l’unica via affinché non tornino mai più sulla strada, dove l’unica vera soluzione alla loro miseria sarebbe la delinquenza – più o meno cruenta – per i maschietti e la prostituzione, anche minorile, per le femminucce.
Ecco che dopo una giornata di lavoro abbastanza pesante, condita dalle nostre vicende politiche che di fronte alla storia di Michelle apparivano per quel che sono, meramente ridicole, quella lettera, quelle quattro parole scritte dalla bambina in uno scarso castellano, hanno rappresentato una sorta di tumpulata (il ceffone ben piantato in faccia, per chi non è siciliano) che ci ha riportato tutti con i piedi per terra.
E per ricordarci anche che se da un lato la politica liberista di Menem affossò l’Argentina, portandola successivamente al disastro della gestione di centrosinistra di De La Rua, dall’altro è di questi giorni che la gestione truffaldina della Presidente Kirchner, seguendo le orme del defunto marito Nestor, sta producendo un pericoloso déja-vu della crisi del 2001.
E forse dovrebbe insegnare a noi, che in casa abbiamo un sostenitore molto forte delle politiche populiste e peroniste della presidente argentina, che la via semplice, delle promesse facile e persino dell’illusorio benessere (perché basato sulla falsificazione di indici e conti), alla fine si ritorcerà sempre contro. Perché non sono mai le materie prime a fare la ricchezza di una nazione, ma la capacità delle popolazioni di trasformarle e di creare prodotti e servizi nuovi da scambiare con gli altri popoli della terra.
Ancora oggi nessun paese al mondo ha mai sperimentato che si possa vivere tutti di rendita: di solito a guadagnarci da queste politiche, sia ultraliberiste che ultrapopuliste (iperinflazionistiche o sostenistrici della cancellazione del debito), sono quelli che ricchi lo sono già, mentre la maggioranza della gente si va impoverendo sempre di più.
E la mia Michelle è lì a ricordarlo sempre. Almeno a me.
In bocca al lupo alla mia nuova figlioccia.
Lo scorso novembre è stato un momento particolare: la nostra figlioccia, Violeta, che abbiamo visto crescere dal 2006 al 2013, non avrebbe più frequentato il centro alla periferia di Buenos Aires e quindi il nostro sostegno sarebbe finito lì.
È stato un duro colpo, per me e mia moglie, perché Violeta l’abbiamo conosciuta personalmente durante il viaggio di nozze, l’abbiamo sentita più volte al telefono, l’abbiamo veramente considerata parte della nostra famiglia, raccontando a nostra figlia chi fosse e perché la stessimo aiutando, cercando di spiegare alla nostra bambina cosa fosse successo in quel lontano paese dove vivono i nostri amici.
Sebbene il periodo di crisi non risparmi certamente le famiglie monoreddito come la mia, non ce la si è sentita di sospendere il sostegno. Abbiamo così accettato di poter seguire un’altra ragazzina: Michelle.
Anche lei è figlia del disastro economico del dopo Menem, di quella scellerata politica liberista, e di parità col dollaro, che ha distrutto un Paese, moltiplicando esponenzialmente le già forti disuguaglianze sociali, rendendo i ricchi ancora più ricchi e i poveri sempre più tali.
Anche Michelle è costretta a mangiare ogni giorno al centro educativo della zona poiché altrimenti non avrebbe da mangiare; anche lei vive in condizioni precarie per la luce, l’acqua e soprattutto il riscaldamento; anche Michelle, come Violeta prima e i tanti ragazzi che ci hanno accolto e salutato quel 1° novembre 2006, hanno la speranza che lo studio, l’imparare un mestiere, il vivere nella comunità sia l’unica via affinché non tornino mai più sulla strada, dove l’unica vera soluzione alla loro miseria sarebbe la delinquenza – più o meno cruenta – per i maschietti e la prostituzione, anche minorile, per le femminucce.
Ecco che dopo una giornata di lavoro abbastanza pesante, condita dalle nostre vicende politiche che di fronte alla storia di Michelle apparivano per quel che sono, meramente ridicole, quella lettera, quelle quattro parole scritte dalla bambina in uno scarso castellano, hanno rappresentato una sorta di tumpulata (il ceffone ben piantato in faccia, per chi non è siciliano) che ci ha riportato tutti con i piedi per terra.
E per ricordarci anche che se da un lato la politica liberista di Menem affossò l’Argentina, portandola successivamente al disastro della gestione di centrosinistra di De La Rua, dall’altro è di questi giorni che la gestione truffaldina della Presidente Kirchner, seguendo le orme del defunto marito Nestor, sta producendo un pericoloso déja-vu della crisi del 2001.
E forse dovrebbe insegnare a noi, che in casa abbiamo un sostenitore molto forte delle politiche populiste e peroniste della presidente argentina, che la via semplice, delle promesse facile e persino dell’illusorio benessere (perché basato sulla falsificazione di indici e conti), alla fine si ritorcerà sempre contro. Perché non sono mai le materie prime a fare la ricchezza di una nazione, ma la capacità delle popolazioni di trasformarle e di creare prodotti e servizi nuovi da scambiare con gli altri popoli della terra.
Ancora oggi nessun paese al mondo ha mai sperimentato che si possa vivere tutti di rendita: di solito a guadagnarci da queste politiche, sia ultraliberiste che ultrapopuliste (iperinflazionistiche o sostenistrici della cancellazione del debito), sono quelli che ricchi lo sono già, mentre la maggioranza della gente si va impoverendo sempre di più.
E la mia Michelle è lì a ricordarlo sempre. Almeno a me.
In bocca al lupo alla mia nuova figlioccia.
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