Papi Costituenti
vincere le elezioni, di qualunque tipo siano, non significa che il vincitore abbia per definizione sempre ragione né tanto meno che si debba abdicare alla propria coscienza e soprattutto al proprio cervello
Sulla pagina Facebook di questo blog l’amico Antonio ha commentato questo mio tweet – ovviamente ironico – di ieri:
Antonio – che non fa parte dei tifosi ma di coloro che ragionano – scrive «in questo momento credo che valga la pena di appoggiare il tentativo di Renzi. Credo anche che la nuova legge elettorale sia necessaria, e che bene abbia fatto Renzi ad incontrare B. Però la “profonda sintonia” Matteo poteva evitarla».
Vorrei provare allora a ragionare sull’incontro Renzi-Berlusconi di sabato pomeriggio, senza pregiudizi nei confronti del Sindaco di Firenze né tanto meno lo stucchevole delirio di fan veri e di facciata che da febbraio spingono l’attuale segretario del PD senza mai muovergli nessuna critica, nemmeno quando commette pacchiani errori. Le primarie si sono concluse e la vittoria di Renzi è stata netta, soprattutto alla luce dei risultati relativamente agli iscritti allo stesso partito tra i quali sembrava sfavorito alla vigilia. Ma vincere le elezioni, di qualunque tipo siano, non significa che il vincitore abbia per definizione sempre ragione né tanto meno che si debba abdicare alla propria coscienza e soprattutto al proprio cervello.
Ho già scritto nei giorni scorsi che Matteo Renzi ha fatto benissimo a incontrare Silvio Berlusconi: tuttavia per chiunque avesse ascoltato mezzo telegiornale, la riunione con il leader di Forza Italia non ha riguardato la sola legge elettorale (come ci era stato detto) ma ha rivestito carattere di incontro pacificatore (infatti il titolo del Giornale di ieri è stato “la Guerra è finita“) per un accordo su due altre questioni di natura Costituzionale: la riforma del Titolo V e del Senato.
Ed è per questa ragione che ho trovato (non il solo, noto) stonate le parole che il leader del PD ha adoperato: “profonda sintonia“.
Vorrei infatti ragionare su cosa significhi modificare la Costituzione.
Come ha detto ieri sera da Fazio il professor Rodotà, la riforma del Titolo V della Costituzione, all’epoca votata a maggioranza (in ultima lettura) dal centrosinistra, non ha sortito gli effetti sperati né in termini di federalismo, né in quelli di alleggerimento dello stato centrale: anzi! Il meccanismo della concorrenza ha di fatto intasato i lavori della Corte Costituzionale che è impegnata per la massima parte del suo tempo nel risolvere conflitti di attribuzioni fra lo Stato e le Regioni.
se c’è un errore che si continua a compiere è quello di ragionare – per le Istituzioni repubblicane – in termini di contabilità: risparmi e sprechi.
Strettamente legata a questa riforma è quella del Senato della Repubblica che da oltre quaranta anni si vorrebbe più orientato come Camera Alta delle Autonomie che come duplicato della Camera dei Deputati. D’altronde la stessa Costituzione attesta il carattere regionalistico dell’elezione dei senatori (a differenza dei deputati), ne indica un numero minimo (sette) e stabilisce le eccezioni a tale numero (Molise e Valle d’Aosta).
Ora se c’è un errore che si continua a compiere – e secondo me Renzi lo compie più per controbattere all’offensiva mediatica dei grillini che per stretta convinzione – è quello di ragionare – per le Istituzioni repubblicane – in termini di contabilità: risparmi e sprechi.
La proposta renziana della Camera delle Autonomie parte dal presupposto che tale Camera sia non elettiva, vi partecipino i rappresentanti delle regioni e i sindaci delle grandi città. In questo modo – dice Renzi – si risparmiano le indennità e i vitalizi dei senatori.
Mi sembra questa una proposta rozza da un punto di vista costituzionale: il fatto che ci siano dei membri non eletti allontana, non avvicina, la classe dirigente del Paese dai cittadini. Di diverso tenore è stata invece la proposta di Quagliariello, a nome del Nuovo Centrodestra, che ha previsto un interessante meccanismo di selezione dei senatori.
Tutti sono concordi ovviamente sul fatto che la fiducia al Governo debba essere votata soltanto dalla Camera dei Deputati ma la distanza sulla composizione del Senato è veramente tanta fra l’accoppiata Renzi-Berlusconi e Alfano.
Cosa propone il Nuovo Centrodestra? Un Senato eletto su base regionale contestualmente ai Consigli Regionali, sganciandolo quindi dalle elezioni politiche. Insomma se la Camera Alta non vota più la fiducia, ed è chiamata a contribuire al processo legiferante soltanto sulle materie concorrenti (sfrondando un po’ il lavoro della Consulta) delle quali sarà competente, assume una sua logica l’elezione dei senatori su base regionale contestualmente ai Consigli Regionali. In questo modo il Senato rifletterebbe – volta per volta – il vero umore delle autonomie locali e non dovendo più dare la fiducia al Governo, le elezioni regionali non incidono immediatamente sulla stabilità dell’esecutivo (ricordo che nel 2000 D’Alema si dimise per la sconfitta alle regionali e Berlusconi nel 2005 dovette varare un nuovo esecutivo a seguito delle pressioni di Follini che fece aumentare il proprio peso dopo un discreto successo dell’UDC).
Tutta la Carta disegna complessi equilibri fatti di pesi e contrappesi, poteri e contropoteri, che fanno sì che tutta l’architettura istituzionale stia in piedi
È una proposta interessante e varrebbe la pena studiarla nelle sede opportune, le commissioni Affari Costituzionali dei due rami del Parlamento, chiedendo i pareri ai costituzionalisti come è normale si faccia in un procedimento legislativo di natura costituzionale.
Ma perché – direte voi – è così importante che il Senato sia eletto?
Innanzi tutto perché il concetto del superamento del Senato non è la semplice modifica di un articolo o di un certo numero di articoli della Carta. Tutta la Carta disegna complessi equilibri fatti di pesi e contrappesi, poteri e contropoteri, che fanno sì che tutta l’architettura istituzionale stia in piedi.
Il Parlamento in seduta comune elegge – a esempio – i giudici costituzionali: continua ad avere questo potere un Senato che non è eletto direttamente dal corpo elettorale?
E il Presidente della Repubblica? Il Seggio ad hoc che si costituisce per eleggerlo: che fine fa?
E le commissioni bicamerali permanenti, dall’Antimafia alla Vigilanza Rai, fino al Comitato di Controllo sui servizi segreti: possono avere membri che non hanno ricevuto il mandato elettorale?
E il mandato stesso? L’art. 67 parla di un parlamentare che rappresenta la Nazione senza vincolo di mandato: se non è più eletto dal corpo elettorale, ma frutto di una elezione indiretta perché per esempio è Sindaco di Venezia, si può pensare che partecipi al Comitato di Controllo sui Servizi di Sicurezza?
Silvio Berlusconi non è il padre nobile del suo partito: egli è principalmente, per il nostro Ordinamento e per la nostra Costituzione, un delinquente comune che ha commesso gravi reati, uno dei quali contro la stessa Repubblica e la stessa Costituzione sulla quale ha giurato fedeltà per ben quattro volte.
Non può essere un Padre Costituente, al più un Papi.
Questi sono soltanto alcuni degli esempi che mi fanno dire che la proposta sulla quale c’è la profonda sintonia è assai discutibile (oltre che poco praticabile se penso al fatto che questo Senato dovrebbe votarla!). Ci sarebbero i poteri del Capo dello Stato da valutare, il Consiglio Superiore della Magistratura, il Potere Esecutivo da controbilanciare: insomma mettere mano al solo superamento del Senato come inteso dall’accordo Renzi-Berlusconi comporta una modifica enorme della Costituzione Repubblicana.
Ecco se ha ragione Renzi nel pretendere che la riforma elettorale si faccia anche con l’opposizione attuale e che la si giudichi soltanto dopo aver letto le carte, non è plausibile che una riforma della Costituzione di questa portata sia concordata con un uomo che da Presidente del Consiglio dei Ministri ha frodato il Fisco, come ha stabilito la recente sentenza della Cassazione.
Silvio Berlusconi non è il padre nobile del suo partito, non è l’ex Premier con il quale concordare una grande intesa per ammodernare lo Stato: egli è principalmente, per il nostro Ordinamento e per la nostra Costituzione, un delinquente comune che ha commesso gravi reati, uno dei quali contro la stessa Repubblica e la stessa Costituzione sulla quale ha giurato fedeltà per ben quattro volte. Non può essere un Padre Costituente, al più un Papi.
Ecco che la profonda sintonia, che Renzi poteva tranquillamente evitare di pronunciare, non è con De Gaulle, né con De Gaspari: è con un uomo che è più vicino ad Al Capone che a Winston Churchill.
Per questa ragione e per nessun pregiudizio personale nei confronti del Sindaco di Firenze, che ho ritenuto e ritengo un grave errore il discutere di riforme costituzionali con un pregiudicato.
«Shit Happens», si diceva in Forrest Gump: ecco, a Matteo Renzi è successo questo. Capita.
Si accordino sulla legge elettorale e soltanto dopo la chiamata alle urne, con un nuovo Parlamento che a quel punto rispecchierà i corretti valori delle forze politiche, non deturpati dall’abnorme premio di maggioranza, si potrà procedere a rivedere la Costituzione: non è certo con un condannato, peraltro concessionario pubblico e con un conflitto di interessi irrisolto, che si può discutere ancora di Riforme della Carta. Credo che l’Italia abbia dato molto credito a Silvio Berlusconi e francamente non se ne sentiva ulteriore bisogno.
«Shit Happens», si diceva in Forrest Gump: ecco, a Matteo Renzi è successo questo. Capita.
p.s. Sulla legge elettorale: rimane sempre un mistero sul perché, dal momento che Alfano aveva aperto sul doppio turno e sui collegi, il PD si sia intestardito sul modello spagnolo. Non credo che i Cinque Stelle, almeno un numero significativo dei loro parlamentari, avrebbe atteso le calende di Casaleggio per dare il loro via libere a una legge a doppio turno.
Sulla polemica del “governo con il condannato”: è vero che il PD ha fatto il governo con Berlusconi sapendo chi fosse. Ma dopo la condanna, quando cioè è stato sancito in modo ufficiale che secondo il nostro ordinamento egli è un criminale comune, la linea dei democratici, guidati all’epoca da Epifani, è stata perfetta, tanto che Berlusconi ha provato a far cadere il governo Letta proprio sulla sua decadenza da senatore. Concordare la Carta lo trovo alquanto fuori luogo.