Quanto sei stupida Roma, di mattina, di giorno e di sera

 In LIFE, REPORTAGES

Soltanto una popolazione ormai completamente avvitata su se stessa, incapace di reagire in maniera propositiva e in grado solo di lamentarsi al bar, sui taxi o nello sfogatoio 2.0 che sono ormai i social network, reti poco sociali e molto incivili, può accettare supinamente che la propria città venga trattata come un grande e immenso suk, una kasbah nemmeno tanto interessante da un punto di vista culturale rispetto a quelle del Magreb.

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Non è accettabile che la capitale del mondo intero, il più vasto museo a cielo aperto dell’intero pianeta, possa contemplare che davanti ai propri maggiori monumenti (peraltro quelli minori valgono più di mille quartieri periferici delle suburbia di tutte le città del mondo messe insieme!) si piazzino bancarelle e ambulanti, impedendo non tanto di scattare mezza fotografia, ma di poter contemplare ciò che i nostri antenati hanno pensato di erigere per omaggiare i loro dei o le loro celebrità del tempo. Qui accanto, a sinistra, potete ammirare l’ordinata fila di venditori abusivi di falsi griffati davanti al Pantheon: come se fosse la cosa più naturale del mondo che davanti al tempio, che custodisce anche le spoglie dei nostri re sabaudi, si possano vendere borse, borselli e cinture.

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Volgendo poi lo sguardo dietro e cercando di ammirare il colonnato che introduce all’edificio romano, ecco che troviamo bancarelle, centurioni, secchio dell’immondizia in pieno primo piano. Come possa essere ritenuto normale che questo edificio sia stuprato così lo trovo insopportabile. Come è possibile che coloro che protestano, si incatenano, marciano quando vengono scoperte nuove stratificazioni, a seguito di scavi per la nuova rete della metropolitana, sottolineando come non sia accettabile per la Capitale d’Italia vedere sacrificati i propri reperti archeologici, non abbiano un sussulto di dignità e pretendano il rispetto e il decoro per quei monumenti che scoperti lo sono già e che rischiano di essere rovinati ulteriormente, oltre che dal tempo che passa, dall’inciviltà?

Questa è la cronaca della mia Epifania e le foto su questa pagina sono state scattate con il mio iPhone in giro per la città.

Per chi come me non è di Roma la festa legata alla Befana è importata, quasi come Halloween durante la Festa dei Morti. Quando ero molto piccolo nemmeno c’era tutta la tensione consumistica che invece adesso c’è anche in Sicilia per  questa ricorrenza: i regali della Befana che ricevevamo erano quelli che l’associazione del dopolavoro di mio padre distribuiva ai propri dipendenti. Osservo sempre con molta curiosità questi eventi: si tratta di tradizioni antiche, non soltanto italiane e che all’estero sono persino più importanti del Natale stesso. Penso a esempio alle Chiese Orientali dove l’Epifania è molto più sentita della Natività poiché ricorre la manifestazione del Bambinello ai Magi, venuti appunto da Oriente.

20140108-120732.jpgA Roma la Befana è molto sentita. Piazza Navona (a sinistra la giostra, a due passi dalla fontana del Bernini) si riempie di bancarelle, giostre, pittori e artisti di strada e attira – ovviamente – migliaia e migliaia di persone, residenti e non residenti, turisti o semplici occasionali visitatori.

Lo è sempre stato e quindi è un qualcosa che può – tranquillamente – essere previsto e pianificato per tempo. Eppure – nonostante tutta l’esperienza che i tecnici dell’amministrazione capitolina possiedono – ogni anno si verifica la stessa solita deprimente crisi del trasporto pubblico.

Puntualmente volano i cori “c’è troppa gente, si sa“: ecco, appunto, si sa!

Il Centro Storico di Roma non è proprietà dei suoi residenti ma dell’umanità intera

È intollerabile che i vicoli del centro storico di Roma, quelli che come in un delta di un fiume si diramano da Via del Corso fino al Pantheon e poi – dopo Corso Rinascimento – sfociano su Piazza Navona, siano percorribili dalle auto, occupati per metà da bancarelle che vendono di tutto: dai modellini di auto, moto, aerei realizzati con le lattine, ai sempre presenti venditori di merce taroccata; è semplicemente folle che all’ora di pranzo le strade attorno alla Fontana di Trevi, un monumento che ogni volta che lo guardi ti rapisce come pochi altri, siano aperte al traffico dei residenti come se fosse un diritto divino per il solo fatto che possiedono casa lì.

Come se non si potesse chiedere loro il sacrificio di alzarsi presto la mattina di un giorno di festa e spostare l’auto fuori dal centro storico, metterla magari lungo il Tevere e pazienza se per quel giorno paghi il dazio di camminare a piedi!

Il Centro Storico di Roma non è proprietà dei suoi residenti ma dell’umanità intera.

Poi c’è il nemico per eccellenza: i mezzi pubblici. Non basta che il 6 gennaio venga considerato festivo anche per il centro storico, cosa assurda considerando quante persone si riversano dentro le Mura, peraltro durante i saldi invernali. Si attiva la ZTL, la Zona a Traffico Limitato, ma contemporaneamente si deviano alcune linee che quindi – anziché attraversare alcune aree chiuse – si spostano percorrendo delle strade limitrofe. Sulle paline elettroniche, naturalmente, nessuna informazione aggiuntiva: solo che le linee x, y e z sono deviate.

Nessuna nota aggiuntiva di quale autobus passi sotto quella palina!

Risultato? Sciami impazziti di turisti, italiani e stranieri, e di abitanti, residenti e non, che si spostano da una fermata all’altra non sapendo quale bus possa realmente passare e soprattutto dopo quanto tempo.

E dire che paline elettroniche e schermi sono il veicolo principale per l’informazione, anzi per l’infotainment, come viene chiamato dai consulentoni che si occupano sempre di inventarsi strategie di comunicazione, acquisti e realizzazione.

ci sarebbe anche molto da investire in piattaforme tecnologiche che servano per fornire informazioni ai cittadini

Nessuno, nell’anno di grazia 2014, nemmeno tra quei consiglieri di opposizione, i pentastellati, che fanno della rete e della tecnologia una sorta di nuova divinità del terzo millennio, si siano posti il problema che forse “tecnologia” e “rete” non sono soltanto tablet e Social App, ebook e WiFi: forse ci sarebbe anche molto da investire in piattaforme tecnologiche che servano per fornire informazioni ai cittadini e alla business community, come si direbbe oggi che va tanto di moda inglesizzare tutto.

Autobus non monitorati, informazioni frammentate, rete su ferro inesistente: abbiamo a Roma un sindaco ciclista che però non comprende – evidentemente – che non tutti hanno le sue capacità sportive per attraversare i sette (e più!) colli di Roma.

Già dobbiamo sorbirci la fredda toponomastica della rete ferroviaria urbana, dalle linee della metropolitana A, B (con la sorellina B1) e C (forse, chissà!), alle Ferrovie Metropolitane FM e FR, come se mancasse – a noi italiani, popolo creativo per eccellenza – l’idea per battezzare tali linee. Eppure ci sarebbe l’imbarazzo della scelta in una città che ha visto re, dittatori, imperatori, papi, condottieri e calciatori! Poi dobbiamo persino ricevere la beffa che in un giorno di festa le corse sono ridotte all’osso, le indicazioni latitano più che Matteo Messina Denaro e in più percorsi deviati senza la più pallida idea su quali mezzi salire.

Su via Nazionale passa un autobus che si dirige verso Talenti: non dovrebbe passare da lì, ma ne approfittiamo. Mando la famiglia sul mezzo mentre mi dirigo a riprendere la macchina, lasciata ovviamente fuori dalla ZTL. A piedi raggiungo la meta e mi metto finalmente in macchina, recuperando a Piazza Buenos Aires le due ragazze.

Finalmente si fa sera, la Befana per quest’anno ci saluta e ci dà appuntamento al prossimo anno e alla prossima delirante confusione. Roma si riaddormenta, per l’ultima notte delle vacanze invernali, sotto un bel cielo stellato, con una temperatura nemmeno troppo fredda.

Ieri, 7 gennaio 2014, mi sveglio molto presto: è martedì e il martedì vado a nuotare che il sole ancora non è sorto! Alle 7 sono già in acqua. L’aria in moto è friccicarella, come si dice da queste parti. Ti desta dal torpore che le coperte ti hanno ancora lasciato addosso. Dopo l’allenamento salgo di nuovo in groppa al mio destriero: il cantiere del parcheggio di Conca d’Oro è sempre lì (ci sono alcune certezze inamovibili nella vita e quel cantiere è uno dei miei, come la variante di Lagonegro sulla Salerno – Reggio Calabria!), la corsia preferenziale sul Ponte delle Valli la riempiamo – come sempre – più noi motociclisti che i mezzi di trasporto pubblici, bloccati dove la preferenziale non c’è! Imbocco Viale Libia e mi dirigo verso l’ufficio, vicino Piazza Fiume. Prendo via Po e prima dell’incrocio con Via Salaria trovo operai, vigili e addetti che si sbracciano per dirigere il traffico, sistemano recinzioni e nastri. È il 7 gennaio, le scuole sono state chiuse quindici giorni, mezza città se ne è andata in vacanza, il traffico cittadino ha respirato: c’era tutto il tempo, dal 21 dicembre al 6 gennaio, ma il cantiere che bloccherà questa importante via in un quartiere borghese viene aperto proprio al rientro alle proprie attività quotidiane della popolazione.

Faccio un salto sul sito del comune di Roma e cerco sulla homepage informazioni su questo cantiere. Nulla.

In compenso trovo un link celebrativo del successo delle vacanze di Natale. Come se non fosse perfettamente normale e logico che la Caput Mundi riceva centinaia di migliaia di visitatori durante le vacanze. “Ma cosa si porteranno di ricordi, oltre ai musei e ai beni archeologici e culturali, i nostri ospiti?” – mi chiedo.

Forse è proprio questo che non riescono a capire nell’amministrazione pubblica: che Roma avrà sempre turismo, sarà sempre visitata, perché chi ci ha preceduto ha realizzato delle cose di una bellezza così eterna che nemmeno riusciamo a concepire. Il punto è che siamo noi, abitanti e non della Città Eterna, che dovremmo tenerci particolarmente. Innanzi tutto per noi stessi e per un sano orgoglio nazionale, altro che lira o sovranità monetaria!

forse è meglio chiudere baracca, dichiarare default e farci gestire direttamente dai giapponesi

Poi soprattutto perché la cattiva pubblicità che riceviamo all’estero non inciderà certo molto sui flussi di traffico sulla Capitale: ma sicuramente lo fa – eccome! – su tutte quelle altre città, piccole, medie e grandi, capolavori magari sconosciuti al turismo di massa, che però dipendono fortemente dalla pubblicità che si fa sia di loro stesse che dei servizi che la nazione (e Roma fa parte di essa) è in grado di erogare.

Servizi che, se sono come quelli del 6 gennaio, allora forse è meglio chiudere baracca, dichiarare default e farci gestire direttamente dai cinesi.

Capirebbero meglio il patrimonio che abbiamo.

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