Siamo #tuttidecaduti
Negli stessi istanti in cui le mie manine (si fa per dire!) zappano sulla mia nuova tastiera, completamente intirizzite dal freddo, due manifestazioni stanno per tenersi a pochi passi da me. Una è la più pubblicizzata ed è prevista a Palazzo Grazioli, di fronte la residenza romana di Silvio Berlusconi in procinto di essere dichiarato decaduto dal Senato. L’altra – a pochi passi, essendo i palazzi della politica concentrati in pochissimo spazio – sarà quella organizzata dal “popolo viola” e si propone invece di festeggiare la decadenza.
Il solo fatto che la decadenza di un condannato in via definitiva, un pregiudicato, uno che per lo Stato di diritto, in nome del popolo italiano, è stato dichiarato un delinquente, un frodatore, porti a festeggiamenti da un lato e solidarietà quasi golpista dall’altro è una sconfitta per tutti e dovrebbe interrogare tutti noi. Ascoltare le interviste dei falchetti, giovanotti forse nemmeno diciottenni, non mi scandalizza affatto bensì deprime.
Deprime perché in questo ci sono tutti i danni di ciò che Fini chiama Bipolarismo muscolare, che nel nostro Paese – anziché essere stato un confronto fra due parti – è stato per venti anni un referendum perenne e perpetuo su una sola persona.
Ma la decadenza di Silvio Berlusconi, il suo ventennio, è terminato nel novembre di due anni fa quando – col pallottoliere in mano – scoprì di non avere più una maggioranza alla Camera: 308, fu il magic number quella sera, il numero dei deputati che avevano votato il Rendiconto Generale dello Stato, che portava l’allora maggioranza di centrodestra a non essere più tale a Montecitorio.
Tutto ciò che è successo nel corso di questi ultimi due anni, che hanno stravolto il nostro Stivale, non costituiscono la decadenza del Senatore Berlusconi, se non per la formale fine della sua esperienza parlamentare. Sono la decadenza di un intero popolo, di un Paese che non è stato in grado di lasciare che di questo personaggio se ne occupassero ormai i libri di Storia, quando avrebbe dovuto farlo politicamente. Nessuno si può tirare fuori dalle proprie responsabilità, neppure quel Grillo che ogni giorno prova ad apparire il nuovo ed è invece la reincarnazione – sotto altre forme – della stessa malattia che ci perseguita ormai dal 1922 (e forse ancor prima) e che ci fa cercare sempre – in una sola persona, in un solo uomo al comando – quella capacità di soluzione dei problemi che non riusciamo ad avere in forma collettiva e civile di paese.
L’abbiamo detto e scritto più volte: il problema dell’Italia non è Silvio Berlusconi bensì ciò che egli rappresenta dentro ciascuno di noi, la voglia di scegliere la strada semplice, la mancanza dell’etica pubblica, il voler sopraffare gli altri per tornaconto personale, l’ungere con l’olio della corruzione l’appalto pubblico per far capitolare gli avversari.
Silvio Berlusconi è semplicemente la febbre, la manifestazione esteriore, di una malattia che è ancora assai lontana dal guarire, se si è avuto bisogno del voto di oggi, 27 novembre 2013, a distanza di quasi quattro mesi esatti dalla condanna definitiva della Cassazione, per far sì che un pregiudicato fosse sbattuto fuori dal Parlamento.
Né in quella Germania tanto ridicolizzata da molti esponenti di destra e del Movimento di Grillo, dove un ministro si dimise per aver copiato una tesi di dottorato e dove un gigante della storia mondiale, Helmut Kohl, venne accompagnato alla porta del suo stesso partito; né nel Regno Unito, dove membri della Camera dei Comuni si sono dimessi per aver pagato in nero una collaboratrice familiare; né negli Stati Uniti, la sua tanto amata America, dove un presidente fu spinto alle dimissioni dal suo stesso Partito Repubblicano per evitare uno sconquasso alle istituzioni; in nessun paese occidentale si sarebbe mai arrivati allo show down di oggi pomeriggio. Si sarebbe fatto prima, senza bisogno di votare, senza assistere a un dibattito parlamentare che dire stucchevole è volersi trattenere.
Che i nostri figli e i nostri nipoti abbiano pietà di noi quando studieranno sui libri di storia questi venti anni e soprattutto gli ultimi quattro mesi: dobbiamo tutti augurarci che siano comprensivi, comprendano che a volte si commettono degli errori capitali e talvolta si può persino ricadere nei medesimi, come una sorta di incantesimo. Perché ci chiederanno come sia stato possibile che nonostante i venti anni di fascismo, i venti anni di partitocrazia, i venti anni di berlusconismo, non siamo riusciti a sconfiggere definitivamente alle urne Silvio Berlusconi e abbiamo dovuto aspettare che uno dei suoi tanti reati sia stato punito dalla Legge.
p.s. Se le condizioni climatiche me lo consentiranno proverò a raggiungere più tardi i luoghi di Roma dove l’Italia sta scrivendo questa tragica e drammatica pagina di storia.