Se telefonando …
Se avete ascoltato gli ospiti berlusconiani, di vecchia e nuova fede, durante le trasmissioni televisive degli ultimi giorni, zeppe di parole, commenti e invettive sulla famosa telefonata della Cancellieri che ha portato alla scarcerazione di Giulia Ligresti, avrete sicuramente notato che i furbi esponenti del centrodestra hanno immediatamente equiparato la telefonata della Ministra con quella più famosa che Silvio Berlusconi fece alla Questura di Milano per la liberazione di Ruby.
Anche sui giornali, naturalmente, e la rete – da sempre crogiolo di linguaggi poco edulcorati qual è – non si è fatta mancare proprio nulla.
Per fortuna sono arrivate oggi le motivazioni del Tribunale di Milano sul Processo Ruby nel quale Silvio Berlusconi è stato condannato a sette anni di reclusione e all’interdizione perpetua dai pubblici uffici.
Dico “per fortuna” perché voglio credere che almeno la metà di quegli italiani che hanno compiuto questo paragone comprendano che la ragione della richiesta di dimissioni che i media, dal più importante quotidiano a questo minuscolo spazio sul web, non è stata avanzata certo per la “telefonata” ma per i legami della Ministra con la famiglia Ligresti, che avrebbero potuto e possono ancora dare adito a sospetti e ombre nella gestione del dicastero di Via Arenula, alla luce dei procedimenti penali tuttora in corso e di quelli già passati in giudicato nei confronti di don Salvatore e della sua famiglia.
Ciò a prescindere dal sincero rapporto amicale che l’ex prefetto di Milano possa avere con il fratello di Ligresti, Antonino, e a prescindere dal fatto che i due fratelli non facciano affari insieme. La Cancellieri dovrebbe ritirarsi per tutelare se stessa e le istituzioni, come abbiamo osservato fino a stamattina.
Ma la telefonata di Berlusconi – alla luce della sentenza che afferma che i rapporti sessuali con l’allora minore Karima El Marough sono stati provati – ovviamente assume una luce completamente diversa, come d’altronde abbiamo sempre sostenuto non appena lo scandalo venne fuori. L’allora Presidente del Consiglio interruppe un incontro in Ambasciata in Francia non per un sussulto umanitario bensì perché temeva che venisse travolto dallo scandalo. Insomma la prova processuale – almeno in primo grado – è stata provata e d’altronde chiunque si era già fatto questa idea, soprattutto alla luce dell’affidamento della nipote di Mubarak prima a Nicole Minetti e poi a Michelle Conceicao, prostituta che possedeva persino il cellulare privato del premier, la riteneva assolutamente plausibile e logica.
La vicenda Cancellieri è stata adoperata dal centrodestra, vecchio e nuovo che sia, per indurre l’opinione pubblica a riformulare il proprio giudizio sul loro leader, in vista del giorno dell’Armageddon al quale tutta l’Italia sembra come appesa, come se dopo il 27 novembre il mondo dovesse finire.
Hanno provato a far passare il Presidente Berlusconi come la vittima di giudici comunisti per via di una telefonata e non hanno esitato ad adoperare il caso Ligresti per loro tornaconto politico, così da presentarsi il giorno della decadenza ancora più agguerriti.
Per fortuna il collegio di Milano ha depositato le motivazioni, anche se non si è compreso perché non siano state date alla stampa le stesse motivazioni di una sentenza espressa in nome del popolo italiano, come se non fosse proprio il popolo italiano il primo stakeholder delle vicende politiche e processuali dell’allora Presidente del Consiglio. Forse il collegio giudicante in primo grado ha voluto fare un beau geste nei confronti della difesa per evitare che – motivazioni così scottanti – potessero essere politicamente strumentalizzate.
Ma qualcosa sta cominciando a trapelare e speriamo che prima o poi diventino pubbliche perché nei libri di storia si comprenda bene a chi – il nostro Paese e il suo Popolo sovrano – ha affidato le proprie sorti o attorno a chi ha voluto ballare per circa un ventennio.