Le Idi di Novembre
E così, a qualche centinaio di metri dal antico Senato romano, quello dove nel 44 a.C. (b.c.e., Before Common Era, secondo l’intelligentissima trovata britannica e per non turbare molti in Italia, specialmente lettori di un altro ben più seguito blog) fu assassinato Giulio Cesare, in procinto di essere nominato dal Senato Re di Roma, ecco che si è consumata – in una umida e un po’ freddina serata romana autunnale la rottura fra governisti e lealisti, dove i primi sono i sostenitori della linea di Angelino Alfano, segretario del fu PDL, Vice Presidente del Consiglio e Ministro dell’Interno, mentre i secondi sono coloro che si professano leali a Silvio Berlusconi, secondo il classico culto della persona, del quale il nostro Paese non ne ha – evidentemente – mai abbastanza.
Ma siccome ogni volta che la storia di una tragedia si ripete lo fa in farsa, anche questa volta non ci siamo fatti mancare proprio nulla.
Mentre in televisione scorrevano le immagini dal Centro Congressi dell’E.U.R. e la sposa si faceva attendere (battuta trovata su Twitter!), le facce in prima fila erano molto più indicative di tutte le dichiarazioni che avevamo letto sui giornali: finalmente tornavano all’origine, al partito che non è tale, avevano il loro leader (che è anche il garante dei loro debiti) e avevano salvato il posto di lavoro, in quella grande commedia dell’arte che è il centrodestra italiano di Silvio Berlusconi, ineguagliabile in tutto il mondo (se ne guardano bene!).
Poi è arrivato Lui e si è capito subito che avremmo assistito non soltanto al solito refrain, a volte stanco perché averne 77 – di anni – non è come averne venti di meno, ma soprattutto ad un bombardamento di frasi, notizie, boutade, nelle quali districarsi non è stato molto semplice. Il quantitativo di balle raccontate e bevute dalla solita platea estasiata ha forse superato ogni limite: sembrava di essere tornati indietro proprio fisicamente al 1994, tanto le frasi erano identiche.
Mentre Berlusconi parlava, e da masochista mi sono sorbito l’intero discorso, ho pensato a quei falchetti che sono nati sotto il suo segno, veri O.S.M., Organismi Socialmente Modificati da un ventennio che si sta sì concludendo ma con una fine triste e ridicola.
Dal processo Mediaset velocissimo (ha avuto il coraggio di dire che in otto mesi si sono consumati tre gradi di giudizio!) alla solita storia del comunismo che ha conquistato tutto in Italia (salvo il potere esecutivo e legislativo, però!), dal solito attacco a Magistratura Democratica ai brogli elettorali, fino ai club – mi mancava un po’ la sua pronuncia di questa parola! – che addirittura si dovranno chiamare Club Forza Silvio. A imperitura memoria.
Non so cosa Svetonio avrebbe potuto scrivere se fosse vissuto ai nostri tempi, lui che raccontò del parricidio e di come l’uccisione di Cesare da parte di Bruto e Cassio diventò origine di questa parola. Forse non avrebbe semplicemente scritto proprio nulla, tanto assurdo appare il tutto.
E il non plus ultra del surreale è stato raggiunto quando all’inizio del suo discorso ha parlato di Europa e di come si è arrivati a questa crisi: peraltro l’unica parte del discorso interessante perché – come Marco Damilano dell’Espresso ha osservato in diretta TV – è evidente che il Cavaliere è in campagna elettorale: per la prima volta però da quando è sceso in campo è apparso un comizio elettorale di basso tono. Se gli argomenti sono quelli sarà gioco facile per chiunque controbattere con la semplice frase “ma Silvio, lo sai chi era Capo del Governo durante il dibattito sul Fiscal Compact? TU!“, oppure “Ma come? Non volevi Mario Monti capo di tutti i moderati e adesso dici che il suo Governo è stato ai piedi dell’Europa?“.
Insomma Silvio Berlusconi poteva scegliere un’altra uscita di scena, tragica, dignitosa, forte.
Ha preferito essere ricordato con il ridicolo: con la sua finta commozione per la scissione, finta perché dieci secondi dopo ha lanciato una bordata contro i governisti; con l’infinita sequela di bugie sul suo profilo internazionale e sull’incredulità dei leader stranieri di fronte alla sua condanna, la condanna di un uomo innocente!
Poteva uscire di scena risparmiando al Paese che ama l’ennesimo dibattito sulla sua persona. E invece no.
Sembra che in questo Paese esista un divorzio per tutti tranne che per il matrimonio con questo uomo che giorno per giorno sembra sia stato contratto finché morte non ci separi.
Temo la nostra purtroppo, mica la sua!