Le stakanoviste

 In POLITICA

Cominciano le loro giornate che il sole nemmeno è sorto, spesso anche durante la lunga stagione dell’ora estiva, quando la nostra stella comincia a scaldarci mentre la maggior parte di noi è ancora immerso nel mondo dei sogni. Si concedono una colazione in tranquillità e poi iniziano a correre. Con la moka ancora calda e spesso la seconda pronta per il compagno o il marito che ancora tarda con la testa sul cuscino, preparano la colazione ai figli, si docciano, si truccano e si vestono per cominciare la loro ennesima giornata on the run. Riuscite finalmente a portare la prole a tavola per quel primo pasto, che tutti i medici affermano essere il più importante e invece ogni bambino assume come se fosse olio di ricino, cominciano una lotta contro il tempo, contro quelle impietose lancette dell’orologio che scandiscono la loro vita nemmeno fossero in un braccio della morte.

È impietoso il rapporto dell’OCSE, l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico, raccontato oggi su Repubblica: impietoso con noi maschietti, figli spesso viziati da madri chioccia che non sappiamo nemmeno versarci mezza tazza di latte da soli. Le vedi uscire di casa a ritmi frenetici già intorno alle 7.30 e infilati i pargoli in macchina o agganciati ai loro scooter, cominciano lo slalom verso una serie di attività per le quali noi uomini avremmo sicuramente bisogno di qualche App sull’ultimo smartphone per aiutarci nella gestione frenetica che ci attende.

Lasciati i bambini a scuola si dirigono in fretta e in furia verso gli uffici: le più fortunate hanno qualche flessibilità di orario, si concedono un caffè al bar con le altre mamme o una bella passeggiata ristoratrice godendosi quella rara solitudine, poi ricominciano a trottare.

Coloro che fanno orario ridotto sanno che verranno retribuite soltanto per quelle quattro, cinque o sei ore. Poi dall’ora di pranzo in poi è tutto gratis.

Di contro le lavoratrici a tempo pieno si alternano fra una riunione strategica e un SMS con la tata, la baby sitter e la collaboratrice domestica per gestire nel frattempo – con modalità a noi assolutamente impossibili da concepire – persino le faccende familiari e domestiche, eccellendo sia nella strategia del meeting di lavoro sia nel management più arduo, quello di figli, casa e mariti.

Il rapporto OCSE ci dice che le nostre signore sono quelle che lavorano maggiormente nel mondo sviluppato o in via di sviluppo, pur pagando il prezzo più alto – e qui sta un incredibile paradosso – con la percentuale più alta di disoccupazione. A fronte di un gap delle ore retribuite (circa un terzo in meno degli uomini) e di oltre il 10% in meno di salario, come se noi maschietti sapessimo svolgere i nostri compiti in maniera più efficiente e produttiva (semmai spesso si può osservare proprio il contrario!) quando si tratta del lavoro gratuito in casa le percentuali ovviamente si ribaltano, anzi persino peggiorano.

Il risultato è che a fronte di un totale di 47 ore medie complessive di lavoro settimanale per i maschietti, le femminucce lavorano 58 ore, con la differenza – notevole – che 36 di queste sono gratuite e in casa, contro soltanto le 14 degli uomini. Ci sono studi che affermano che dopo la nascita di un figlio per noi uomini il tempo libero è pressoché uguale, mentre per le donne si riduce in maniera drastica, all’osso.

Ciò che forse non si comprende pienamente è una cosa che spesso ci sfugge: il dramma della disoccupazione femminile e l’evidente squilibrio sia nelle condizioni lavorative retribuite che nella condivisione dei lavori domestici non è un prezzo che pagano soltanto le donne in quanto tali. È pagato da tutto il Paese che – rinunciando alla metà circa della propria forza lavoro potenziale – rende questa nazione profondamente iniqua al proprio interno e incredibilmente a vocazione suicida sprecando una mole di potenziale enorme.

Ovviamente queste sono statistiche, sono numeri che servono per analizzare e che sicuramente ciascuno di noi si riconoscerà o meno a seconda di come abbia impostato la propria vita insieme alla compagna o alla moglie. Ci saranno sicuramente uomini che si sobbarcano molte più faccende delle donne e donne che pensano soltanto alla carriera. Ma nella media nazionale e in confronto con le altre nazioni, emerge un dato sconfortante che ovviamente la crisi economica ha peggiorato ulteriormente.

Non è un problema soltanto italiano ma è un triste primato che ci portiamo addosso.

Forse però basterebbe cominciare a legiferare in maniera più oculata su tanti aspetti, dal peso fiscale dei collaboratori familiari alla costruzione di nuovi asili nido pubblici che spesso sono l’ostacolo più insormontabile per una neo famiglia. Si dovrebbe modificare la legislazione sugli orari di lavoro, introducendo flessibilità e telelavoro. Si dovrebbero cioè mettere le donne in condizioni paritarie per ciò che concerne le possibilità di ingresso, permanenza e uscita dal mondo del lavoro, lasciando alla scelta e alla visione culturale di ciascuna famiglia se la donna debba essere da sola al centro del mondo domestico – angelo del focolare – o se anche questo incarico possa essere in qualche modo distribuito.

Anche perché averne due, di angeli nel focolare domestico, non sarebbe anche meglio?

 

 

 

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