Senza Partito

 In POLITICA

Dopo più di un quarto di secolo di studio e amore per la Politica (maiuscola) mi sono scoperto lo scorso weekend “senza partito“.

Mi spiego meglio: non ho mai avuto una tessera di partito ma il senso di appartenenza a una certa area sì.

Certo capisco che quando si è giovani l’ideologia e gli ideali sono fondamentali, sono il motore che guida l’entusiasmo, la linfa che ti morde lo stomaco. Mi sono potuto definire “comunista” per pochissimo: poi il PCI è finito con la Bolognina ed è nato il PDS.

Ecco forse ho considerato per molto tempo il Partito Democratico di Sinistra come una buona casa per me: mi sono sempre ritenuto un libero pensatore di sinistra, e il partito nato dalle ceneri del PCI e che si era liberato del radicalismo un po’ chic, un po’ rivoluzionario senza speranza, di Garavini e Cossutta (e Bertinotti poi), lo trovavo ideale per il mio pensiero. Dopo la famosa discesa in campo del Cavaliere è arrivato l’Ulivo, l’alleanza fra sinistra e cristiano sociali che si proponeva di mettere a fattor comune i riformismi di matrice socialista e di matrice cattolica in un soggetto in grado di governare il Paese e di riformarlo.

Confesso che ci ho creduto e anche tanto.

Sono convinto che se Fausto Bertinotti non avesse fatto la cazzata di togliere la fiducia a Romano Prodi nel 1998 e se anche Rifondazione fosse passata dal rivoluzionismo al riformismo, pur mantenendo la propria identità ideale, forse le cose sarebbero andate in maniera molto diversa.

Sappiamo tuttavia che non si fa la storia con i periodi ipotetici di terzo tipo e quindi …

Quando nacque il Partito Democratico avevo in buona fede creduto a Veltroni e al suo partito all’americana. Sebbene molti dubbi mi arrovellavano: il posizionamento all’interno del socialismo europeo, una fusione fra due apparati che mi sembrava troppo fredda, un partito troppo liquido e troppo personalistico (che ci volete fare i personalismi mi sembrano dei berlusconismi in sedicesimi!).

È innegabile che la fine del Ventennio berlusconiano, a prescindere da eventuali colpi di coda del Caimano, abbiano interrogato e continuino a interrogare le coscienze e le menti di chi si è sempre sentito di sinistra. Possiamo continuare a pensare alla Politica in funzione di un posizionamento relativo rispetto a Berlusconi? Non sta diventando una sorta di ossessione e quasi una giustificazione dell’essere questo antiberlusconismo di maniera, a volte adoperato anche soltanto per dire di no?

Sono giunto alla conclusione che passati i 40 si diventa meno idealisti e molto più pragmatici!

Cosa significa essere di sinistra oggi? In quale area mi collocherei?

Sicuramente non il partito per il quale mi stavo tesserando quando è nato: io non lo capisco più, il PD! Non si capisce più che cosa sia la sua politica per il governo e soprattutto quanti PD esistano.

Matteo Renzi, probabile vincitore delle primarie, lo trovo ancora molto acerbo e gli auguro di restare a fare il segretario del partito per molto tempo ancora, prima di cimentarsi del governo del Paese. Perché non è come dice lui che avendo amministrato una città sa bene cosa vogliono dire i problemi dei cittadini. Legiferare e applicare le leggi di un paese non sono proprio la stessa cosa di fare il sindaco di una media città. Eppure proprio lui che vede in Obama il suo idolo dovrebbe ricordare il disastro dell’amministrazione Obama nei primi due anni del primo mandato, disastro pagato a caro prezzo alle elezioni di mid term e che continuiamo a pagare ancora per lo stallo fra Congresso e Governo Federale.

Trovo simpatico Matteo Renzi ma politicamente lo trovo nullo e sempre troppo orientato al consenso, ai sondaggi, alle elezioni, come se l’Italia fosse una sorta di terreno privilegiato di una campagna elettorale permanente (in questo c’è anche il virus del berlusconismo, quello di considerare sempre elezioni dietro l’angolo).

Quanta fretta per liquidare il tentativo di Bersani a marzo e quanta fretta nell’elezione del Capo dello Stato. Trovo politicamente tabula rasa la sua piattaforma sul partito: qual è? Cos’è il PD di Renzi? Perché dovrei preferire lui a Palazzo Chigi un giorno e non Enrico Letta che ha una preparazione in economia e una statura internazionale molto più solida del sindaco di Firenze?

Poi lo trovo spesso scorretto nei confronti di tutti gli altri esponenti del PD: ma con chi vuole governare? Sicuro che otterrebbe soltanto parlamentari a lui fedeli? Surreale sabato a Bari quando ha detto che i ministri anziché commentare le sue dichiarazioni dovrebbero pensare a governare che quello è il loro lavoro. Ma il suo non è amministrare Firenze? O forse è vero che i fiorentini lo vorrebbero a Roma così se lo tolgono dalle balle?

Ho deciso di non partecipare alle primarie PD perché sento che non mi appartengono: se ci saranno un domani quelle di coalizione bene, altrimenti va bene così. Scelgano altri la guida che preferiscono per quel partito. Rimango delle idee che in un partito ci stai se ne condividi le basi e la linea, quindi anche se non obbligatorio preferirei prima iscrivermi al PD e poi partecipare alle primarie. Trovo infatti questa cosa delle primarie aperte, come se fossero di coalizione, una delle più grandi cavolate che la sinistra italiana vuole fare. I voti dei moderati li devi prendere alle elezioni, non per stabilire come deve essere il tuo partito. Lo capirei alle primarie di coalizione, ma che in un partito debbano contare gli iscritti mi sembra quasi surreale doverlo ribadire.

Torno quindi alla questione iniziale del post: chi mi rappresenta? Certo una parte di me è sicuramente del PD: quella che sostiene ad esempio che la Costituzione si può cambiare, a differenza di quanto emerso durante la manifestazione di sabato. Ma in quella manifestazione c’era Stefano Rodotà che – al netto del suo rifiuto della modifica dell’articolo 138 – trovo il miglior pensatore di sinistra che c’è. Ha ottanta anni ed è tutto dire!

Tuttavia FIOM, Rodotà, Zagrebelsky, Padellaro, SEL, Rifondazione e tutti coloro che hanno sabato affermato che “la Costituzione bisogna soltanto applicarla e se non funziona la politica è perché i politici sono incapaci, non perché la Costituzione non funziona” secondo me sbagliano.

Certo abbiamo avuto una classe dirigente inadeguata ma se non avessimo avuto il bicameralismo perfetto, con voto fiduciario al Governo da parte di entrambe le Camere (elette comunque da corpi elettorali differenti, a prescindere dalla legge in vigore, e col Senato su base regionale), a quest’ora avremmo avuto un governo di centrosinistra e non le larghe intese.

C’è in una certa sinistra un’ossessione per la repubblica parlamentare che onestamente non ha funzionato granché. Io comprendo che le paure dell’uomo forte, insite in un’elezione diretta del Capo dello Stato sul modello americano, sono fondate. Ma non è che il Parlamento italiano, nella sua storia, abbia dato prove di grande acume politico. Si parla spesso di modello Westminster quando nel Regno Unito ci sono due partiti forti e un terzo che soltanto nel 2010 è diventato determinante per fare una coalizione politica di governo.

Perché mettere mano alla Costituzione è considerato così pericoloso?

Si dirà: la modifica dell’articolo 138 è una manomissione della regola delle regole.

Vero: c’è un “però” che nemmeno il professor Rodotà ha esposto da Santoro giovedì. La modifica del 138 ha sì temporaneamente contratto la tempistica delle modifiche (un mese anziché tre per la doppia lettura delle Camere) e la commissione di saggi in sede consulente, ma ha introdotto in compenso (e che compenso!) il referendum confermativo che non sarebbe necessario se la modifica avviene con i due terzi (cosa plausibile vista la maggioranza attuale).

Questo restituire la parola finale ai cittadini non è comunque segno di grande apertura del Palazzo o bisogna sempre vedere il bicchiere mezzo vuoto? E la stretta sui tempi non è anche normale visto che ogni volta per una modifica costituzionale passa tutta la legislatura e spesso alla fine si fa di fretta? Peraltro in molti abbiamo partecipato sulla piattaforma messa a disposizione dal Governo alle proposte di modifca costituzionali. Non è partecipazione civica anche quella? O deve passare attraverso il Sacro Blog o le piattaforme ricciolute?

Poi ci sarebbero altre cose che mi hanno reso “senza partito“: l’incapacità di andare oltre Berlusconi e l’ossessione per le elezioni, primarie o secondarie che siano. Il Messaggio del Capo dello Stato alle Camere è stato completamente stravolto dalla sinistra non PD e anche da una certa parte del PD, Matteo Renzi in primis. Qua non si tratta di contestare o meno il Presidente della Repubblica e certo che si può dire e si deve dire no al Colle.

Lo si fosse fatto quando Napolitano rifiutò il mandato pieno a Bersani magari le cose sarebbero andate diversamente!

Ma il Messaggio sulla situazione carceraria bisogna leggerlo dall’inizio, non dalla fine. Amnistia e indulto (soltanto fino a tre anni di pena, quindi B. escluso!) sono stati accennati dal Capo dello Stato soltanto come extrema ratio: prima si è parlato solo ed esclusivamente di depenalizzazione di alcuni reati, di pene alternative, di soluzione della carcerazione perventiva.

Questo voler strizzare l’occhio ai grillini, che vivono come ossessionati dalla figura del Cavaliere, l’ho trovato scorretto – intellettualmente parlando – da parte di Renzi. Sarebbe stato opportuno porre l’accento sul numero di leggi da modificare o eliminare per capire già quanti posti in carcere si possano liberare.

Poi c’è una questione umanitaria: la Costituzione si dovrebbe rispettare sempre, specialmente quando parla dei fini rieducativi della pena. E questo dovrebbe valere anche per coloro che a Piazza del Popolo hanno gridato con forza alla via maestra. Le nostre carceri sono luoghi di tortura, non di pena, e se non arriviamo agli hotel di lusso dei paesi scandinavi, dovremmo quanto meno avvicinarci, perché è dalla situazione delle nostre galere che si vede il grado di civiltà di una nazione, come sosteneva Dostoevskij,

Ecco forse alla fine di questo lungo post ho capito perché mi sento senza partito: perché io già mi sento oltre Berlusconi, avverto che la storia italiana ha svoltato e che il Cavaliere per quanto presente si sta allontanando sempre di più e dirigendosi verso i libri di storia. Francamente non me ne frega assolutamente nulla se Silvio Berlusconi non farà mai un giorno di galera o sconti per intero i sette anni inflitti in primo grado per il processo Ruby, se confermati in appello e in Cassazione.

Capisco che l’animo “vendicativo” dovrebbe godere nel vedere il Cavaliere dietro le sbarre ma a me interessa di più che il Paese che consegniamo ai nostri figli (scusate il conflitto di interesse, avendo una bimba di cinque anni!) sia deberlusconizzato, sia un Paese europeo e con una politica giocata fra attori europei.

Se si votasse domani, in assenza ormai del Cavaliere, forse il mio voto non sarebbe così scontato sulle due lettere del PD.

 

 

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