#crisidigoverno: un silenzio assordante

 In POLITICA

Sono trascorsi cinque giorni da quando il Presidente del Consiglio dei Ministri parlava all’Assemblea Generale della Nazioni Unite a New York e apriva gli scambi a Wall Street incontrando la comunità della prima piazza finanziaria del mondo, mentre nel frattempo tra Arcore e Roma i falchi del PDL, con a capo il proprio boss, il falco alpha, Silvio Berlusconi, decideva un’improvvisa accelerazione con una folle sceneggiata parlamentare (le dimissioni collettive!) e poi con il ritiro della delegazione ministeriale che ha comportato la fine – di fatto del primo Governo Letta.

Sono trascorsi cinque giorni, tutti hanno rilasciato dichiarazioni, chiunque ricopra o aspiri a ricoprire una carica politica o partitica ha sentito il bisogno di dire la propria.

Tutti tranne una persona che non è sicuramente timida e che nelle settimane scorse ha parlato in ogni festa democratica in giro per l’Italia, è stato ospite da Vespa e da Gruber, ha tenuto banco durante una puntata intera di Omnibus su la7 e certamente non si nega mai quando ha un microfono davanti o un tweet a disposizione.

L’ultimo cinguettio, del 28 settembre, è il seguente:

https://twitter.com/matteorenzi/status/383907884901617664

mentre dopo le elezioni tedesche aveva commentato:

https://twitter.com/matteorenzi/status/383151762133516288

Ora da colui che mezzo mondo vuole come leader del centrosinistra italiano, principale sfidante delle armate della libertà (c’è l’esercito di Silvio) e delle milizie stellate (esiste un gruppo che si chiama milizia cinque stelle) è lecito attendersi una presa di posizione sulla crisi politica e di governo che il nostro Paese sta vivendo?

Com’è che parla sempre, persino della Fiorentina, ed è quasi una settimana che se ne sta zitto zitto? Forse non si aspettava che Enrico Letta tirasse fuori gli artigli e scrivesse con la sua flemma la durissima nota contro Berlusconi che significa anche un’implicita discesa in campo dell’attuale Premier qualora si vada a votare?

 

p.s. Matteo Renzi continua con questa storia della legge elettorale dei sindaci che funziona. Vero, verissimo. Ma si può sapere come la voglia declinare? Perché se è il “doppio turno di collegio” non l’ha di certo inventata lui. È la proposta storica del PDS-DS-PD. Non comporta certo l’elezione del premier, ma soltanto del deputato di un certo collegio attraverso un doppio turno elettorale. Piace a molti (me incluso) ma non ha niente a che vedere con la legge dei sindaci, in quanto il “sindaco” rappresenta il “governo” della città e non il Parlamento che ha il suo equivalente – nelle città – nel “consiglio comunale”. Nelle elezioni dei consigli invece la legge elettorale è proporzionale con premio di maggioranza e le preferenze.
Se invece Matteo pensa che il Parlamento dovrebbe consentire l’elezione diretta del Primo Ministro, allora il discorso è diverso: innanzi tutto perché nel 2006 abbiamo bocciato con referendum confermativo la riforma costituzionale voluta dal centrodestra che prevedeva proprio il Governo del Primo Ministro. Poi perché dovendo cambiare la forma del governo servirebbe cambiare la Costituzione.
Non è tabù, per carità, ma certo i tempi non sono così veloci come il sindaco di Firenze vorrebbe.
Un po’ di chiarezza da parte sua non guasterebbe, dato che ci sono già i due comici-politici che ci allietano con i loro spettacoli miserrimi.

 

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