Ma la Siria?
Siamo talmente presi dalla cronaca del recupero della Concordia al Giglio, dalla telenovela di Silvio Berlusconi e del suo videomessaggio annunciato e rimandato e dalla campagna elettorale incipiente e permanente di Matteo Renzi, che dopo poco più di una settimana dal digiuno planetario suggerito da Francesco, al quale si sono accodati moltissimi politici, italiani e non, non si parla più della Siria.
Dopo il messaggio agli americani sul Times del presidente russo Vladimir Putin, nel quale si faceva sberleffi della Casa Bianca, guidata dal neo-guerrafondaio Barack Hussein Obama, è passato quasi in silenzio – almeno nel nostro paese – che le Nazioni Unite non soltanto hanno stabilito che sono stati adoperati 350 litri di gas sarin, nell’attentato del 21 agosto scorso, ma che i resti dei missili sui quali viaggiavano le armi chimiche avevano le scritte inequivocabilmente in russo, quindi verosimilmente in dotazione dell’esercito regolare di Assad e non dei ribelli, che ancora oggi peraltro non sappiamo bene chi siano e che diavolo vorrebbero fare della Siria, una volta rovesciato il dittatore in carica.
Quando finiremo di goderci la bella figura del recupero del gigante del mare (finalmente una cosa buona per la quale facciamo parlare il mondo!) e riprenderemo a tempo pieno i nostri provincialissimi teatrini sulla decadenza di un condannato e sulla data del congresso del PD, ormai una specie di evento di importanza biblica, ecco magari ricordiamoci che non molto distante dal nostro Stivale, a due passi dai confini dell’Europa, se fosse uno stato sovrano, si sta continuando la guerra civile che la comunità internazionale non sa più come fermare.
Dialogo con chi? Attacco armato contro di chi? Per favorire chi?
Se la situazione dieci anni fa in Iraq era ingarbugliata e persino minata dai falsi report sulle armi di distruzioni di massa, qui che le armi sono stata persino adoperate la situazione è – se possibile – ancora più incasinata.
E noi nel frattempo balliamo sempre la stessa musica.