Non todo cambia
“Angela, chi dici? Ci jemu a Roma duminica 5?” – chiese mio padre alla mia mamma nella tarda primavera del 1983. “E picchì no! Chiamaci a to’ soru e vidi su ‘nni po’ ospitari” – rispose lei, entusiasta di un viaggetto fuori programma.
Domenica 5 giugno 1983, allo Stadio Olimpico di Roma, era in programma Lazio – Catania: mio padre e io, con tanto di bandiera insieme ad altri 15000 catanesi, arrivammo nella Capitale per uno scontro di vertice della Serie B.
Fu quello il mio primo incontro con Roma, mi piacque moltissimo ed espressi il desiderio di tornarci.
Visitammo tutti i monumenti, romani e religiosi, salimmo sul Cupolone, ammirammo il Colosseo (da dentro, ovviamente!!!).
Poi tornavamo da mia zia che all’epoca viveva all’EUR, vicino via Laurentina, prendendo la metro B: emozionante per chi non aveva mai preso un treno sotterraneo in vita sua!
Sono trascorsi trenta anni da quel primo incontro con la Capitale, il mio desiderio di riverderla è stato – per così dire – esaudito oltre ogni lecita aspettativa ma la metro B di Roma è sempre la stessa schifosissima linea. Ho appena finito una visita medica all’EUR e ho preso – per tornare in centro – la metro B alla stazione EUR Palasport. È identica a quella dell’epoca e credo che persino i treni, brutti, sporchi, caldi e senza aria condizionata, lo siano.
Todo cambia, recita la canzone di Mercedes Sosa. Beh, non proprio Todo.
La metro B di Roma no.
p.s. per la cronaca: la Lazio vinse 2-1 e il Catania dovette attendere gli spareggi – sempre all’Olimpico – per raggiungere i biancocelesti e il Milan in serie A. Ancora si poteva andare allo stadio, tutto sommato: noi eravamo seduti in Tribuna Monte Mario perché alla Tevere non si era trovato uno straccio di biglietto. Eravamo circondati – insieme con altri etnei – da laziali festanti, con bandiere, trombette e cappellini. Improvvisamente dalla Curva Nord si levò in coro “Lo vedi ecco Marino …” che fu cantata dai tre quarti di stadio romani. Nemmeno un attimo di pausa e dalla Sud, temporaneamente prestata dai giallorossi ai noi rossazzurri, si levò un “ciuri ciuri” che fece venire i brividi a tutti. Adesso allo stadio, se non ci auguriamo la morte dell’avversario non siamo contenti. Ecco un’altra cosa che avrei preferito non cambiasse, anche perché – all’Olimpico – dopo una bottigliata d’acqua sul fianco non so se ci tornerei volentieri.