Cow boy e ipocriti
Mentre molta della nostra stampa nazionale invita il Presidente americano Barack Obama a gettare nel Potomac il suo Premio Nobel per la Pace del 2009, a sinistra perché lo si addita come guerrafondaio, a destra non perché pacifisti ma per il timore che una crisi siriana si trasformi in un’invasione di profughi sulle nostre coste (sono ragionevolmente certo che se l’invasione riguardasse le coste slovene, croate, francesi o spagnole nelle redazioni di Libero e il Giornale le posizioni sarebbero differenti), nessuno – dico nessuno – osserva che c’è un altro soggetto, Premio Nobel per la Pace, che non ha fatto assolutamente nulla per risolvere “politicamente” la questione siriana e mediorientale. Anzi. Se ne è lavato le mani, guardandosi l’ombelico per puro tornaconto interno, a cominciare dal nostro Paese per finire alla Germania della signora Merkel che fra meno di venti giorni va alle urne a consacrare la Cancelliera per un terzo (e forse ultimo) mandato.
Quel qualcuno è l’Unione Europea, che ha ottenuto il premio nel 2012 con queste motivazioni: “per oltre sei decenni ha contribuito all’avanzamento della pace e della riconciliazione della democrazia e dei diritti umani in Europa“. Le ragioni di quel premio furono accolte da scherno, da parte di chi voleva vedere l’Europa soltanto come unione monetaria, mentre con grande gioia, da chi invece ha la memoria ben accorta e conosce benissimo l’incredibile potenziale esplosivo e autodistruttivo che i popoli europei hanno avuto fino al secolo scorso.
Purtroppo alle nostre latitudini la storia moderna e contemporanea la studiamo molto male altrimenti ci saremmo accorti che cow boy più pistoleri degli europei difficilmente ce ne sono stati nella storia dell’umanità.
Dopo la Guerra Civile Americana, quella che oppose il Nord di Lincoln ai sudisti schiavisti, e le guerre indiane dove l’uomo bianco, cristiano ed europeo annientò le popolazioni native americane, gli Stati Uniti si sono chiusi in un isolazionismo internazionale che durò moltissimo e che – proprio per questa ragione – causò non pochi malumori dall’altro lato dello stagno. Il Presidente americano Thomas Woodrow Wilson era così riluttante a intervenire nella Prima Guerra Mondiale che si era inventato la strada – utopica – della pace senza vincitori. Ma nel 1917, dopo che erano trascorsi più di due anni dall’inizio di quella strage tutta europea, cominciata con l’assassinio dell’arciduca di Francesco Ferdinando degli Asburgo a Sarajevo, dovettero entrare nel conflitto dopo l’ennesima provocazione dei tedeschi che avevano cominciato a utilizzare i sottomarini per affondare persino navi da crociera.
Nella stessa seconda guerra mondiale gli americani vi parteciparono perché tirati dentro dal Giappone con il bombardamento di Pearl Harbor, nel 1941, mentre sino ad allora si era mantenuti neutrali.
Purtroppo noi europei guardiamo sempre gli americani come guerrafondai per gli interventi del dopoguerra, Corea, Vietnam, Afghanistan, Iraq (due volte) senza renderci conto che – dal momento che la costituzione delle comunità europee aveva portato a un nuovo ordine continentale, finalmente di pace – abbiamo avuto l’occasione di essere noi, col peso della nostra storia sanguinaria, a potere in qualche modo essere baricentro per la pace nel Medio Oriente.
Con la scomparsa dell’Unione Sovietica e quindi del Patto di Varsavia, a parte le velleità di Putin di un ritorno ai grandi fasti ormai perduti – temo – per sempre, abbiamo lasciato gli Stati Uniti i soli poliziotti del mondo, cioè abbiamo lasciato loro il compito di dare i ceffoni che noi non eravamo più in grado di dare, semplicemente perché ci siamo scannati così tanto fra di noi che forse temiamo persino di tornare a essere quelli di prima.
Se c’è un continente nel quale è stato versato un lago anzi un mare di sangue quello è il continente europeo che ha partorito – al suo interno – la più sanguinaria dittatura che sia mai esistita, quella nazista di Hitler (non molto tempo fa, solo 80 anni son passati), appoggiato da due dittatori magari meno sanguinari ma certamente molto pilateschi, come Franco e Mussolini.
Questo siamo noi europei. E fa specie – onestamente – questo accodarsi al digiuno del Pontefice da parte di politici italiani e europei (persino il Presidente del Parlamento Europeo Schultz!), a partire dai ministri degli Esteri e della Difesa, Bonino e Mauro: ai politici non si chiede di digiunare bensì di fare.
Fare qualcosa per la Pace, muoversi, trovare una soluzione alternativa all’intervento militare.
Perché essere pacifisti non significa chiudere gli occhi davanti a quello che alcuni regimi (non c’è mica soltanto la guerra in Siria, eh? È soltanto quella mediaticamente più rilevante perché vede una contrapposizione USA-Russia, come ai bei vecchi tempi!): quindi se pretendiamo che il Presidente Obama onori il suo Nobel per la Pace, sebbene non mi sembra che stia proprio smaniando dalla voglia di radere al suolo la Siria, magari sarebbe opportuno che noi europei, noi bianchi, noi discendenti delle più sanguinarie dittature del pianeta, troviamo le palle per meritarci ora il nostro Nobel.
Anche perché si parla tanto di soluzione politica ma non ce n’è stato uno – ancora – che abbia detto quale debba essere, questa soluzione politica. Di fronte alle prove abbastanza certe che gli ispettori delle Nazioni Unite, i paesi europei non hanno ancora una posizione in merito e dobbiamo persino sopportare l’incredibile appoggio di talune forze politiche all’ex capo del KGB, Vladimir Putin!
È facile fare i gradassi con gli americani, salvo poi implorarli come spesso si è fatto (basta pensare al Kosovo, in piena Europa!) di intervenire militarmente perché non siamo stati in grado di costruire nemmeno una politica estera e di pacificazione comune.
Facile e ipocrita.
p.s. a scanso di equivoci: ammiro molto la posizione di Bergoglio, ma lui fa il Papa ed è normale che preghi anche attraverso il digiuno. È insopportabile invece questa nostra classe politica, italiana ed europea, che dibatte del nulla senza proporre alcunché, persino di fronte all’evidenza dell’utilizzo delle armi chimiche. Per chi poi afferma che i morti sono tutti uguali rispondo: vero. Ma ricordiamoci anche che le armi chimiche sono considerate le atomiche dei poveri e furono adoperate proprio per la loro semplicità d’utilizzo per la soluzione finale nello sterminio del popolo ebraico in Germania. E il passaggio dalle armi chimiche a quelle nucleari è sempre dietro l’angolo. Se vogliamo la pace bisogna lavorare per costruirla, non girarci dall’altro lato. C’è – adesso – un’alternativa all’intervento militare americano,che sì sarebbe auspicabile avvenga sempre a fronte di una risoluzione delle Nazioni Unite ma che ormai sembra ineludibile?