Papa Matteo
Che papa Bergoglio susciti ammirazione, affetto, consensi e la valanga di approvazione che sta ricevendo in questi giorni per l’invito al digiuno di sabato contro l’ipotesi della punizione ad Assad è abbastanza scontato. Dopo quasi sessanta anni, se escludiamo la brevissima parentesi di Giovanni Paolo I, la Chiesa Cattolica Romana ha trovato un papa-parroco, dopo un papa-dotto (Paolo VI), un papa-mediatico (Giovanni Paolo II) e un papa-teologo (Benedetto XVI). Era dai tempi di Giovanni XXIII che non si assisteva ad un pontefice che avesse il dono di parlare un linguaggio così semplice e così poco curiale da suscitare l’interesse e l’ammirazione di tutti.
Ma che ora lo stesso atteggiamento si stia trasferendo nei confronti di Matteo Renzi lo trovo alquanto singolare!
Approfittando degli ultimi scampoli di vacanza delle mie donne di casa, nella solitudine del divano di casa, ho ascoltato e letto con molta curiosità e attenzione i dibattiti alle Feste Democratiche di Forlì, Genova e Bologna che hanno visto protagonista il sindaco di Firenze, intrecciatosi negli appuntamenti con l’ex segretario del PD Pierluigi Bersani.
Se – come ho scritto lunedì – è vero che Renzi sta modificando sostanzialmente il proprio linguaggio è altrettanto evidente che un vero e proprio plebiscito si sta alzando nei suoi confronti.
Non voglio qui fare il bastian contrario tuttavia è innegabile che sono troppe le attese e le aspettative che i militanti del PD stanno riversando sul sindachino: mi ha colpito – ieri sera a In Onda – un giovane democratico che ha osservato come l’io di Renzi potrebbe danneggiare proprio il PD. Ora se è indubbio che Matteo ha dalla sua un enorme talento comunicativo, una bravura nel tenere la platea non comune e la battuta sempre pronta da bravo show-man, è altrettanto vero che di contenuti, di identità democratica e di vision se ne è parlato pochino. E su questi punti non penso che abbia tutti i torti Pierluigi Bersani quando ieri – intervistato da Michele Serra – ha osservato come questa carovana che ormai appoggia Renzi non abbia ancora prodotto nessun documento e nessuna riflessione su come e cosa dovrà fare e soprattutto essere il PD, sia in un’ipotetica seconda fase del Governo o della legislatura, sia per i prossimi anni. C’è da dire che il sindaco fiorentino ha già fatto trapelare che il programma ci sarà una volta ufficializzata la candidatura dopo l’Assemblea Nazionale di fine mese, ma ad oggi abbiamo soltanto un gruppo di potere che è salito sul carro dell’ipotetico vincitore senza ancora produrre nulla di significativo.
Insomma, da questi giorni sul divano di casa mia, ho potuto constatare una cosa: che la differenza che passa tra il passato e il futuro segretario del Partito Democratico è la stessa che passa fra la Politica e il Marketing.
Finora Renzi ha fatto soltanto Marketing, mentre ieri Bersani parlava di Politica.
Forse è per questo che molti osservatori considerano Pierluigi Bersani, insieme a tutta una generazione di dirigenti democratici vecchi esponenti di una politica novecentesca, perché ormai siamo più alla commercializzazione di brand piuttosto che visioni politiche.
Mi conforta che Stefano Rodotà, ieri sera ospite di Telese su la 7, abbia detto cose analoghe e pazienza se anche il sottoscritto fa parte del Novecento. Ce ne faremo una ragione di questo invecchiamento, anche con Renzi segretario del principale partito di sinistra.