Ringhio ergo sum
Pur in anticipo sull’ora del tè, appuntamento giornaliero con la ringhiata pomeridiana che ormai ci allieta tutti i santi giorni, ferragosto incluso, il Nuovo Messia, l’unto dalla Rete, ci delizia con un altro dei suoi pezzi di alta cultura costituzionale.
Poiché attaccare il Capo dello Stato fa parte del Kit del bravo pentastellato, ecco che Grillo scrive “La smetta signor Presidente di provare a convincere gli italiani che il governo Letta sia l’unico possibile perché i mercati non capirebbero. Ci mandi a votare caro Presidente“. Adesso l’ex comico genovese non vede l’ora di andare a votare.
Ora poiché non tutti in Italia sono afflitti da quel fenomeno inspiegabile di amnesia, per cui trascorse un paio d’ore non ci si ricorda più nulla, ci sarebbe da ricordare al Portavoce Unico che quando Mario Monti – nel dicembre dello scorso anno – si dimise da Presidente del Consiglio e il Presidente della Repubblica sciolse le Camere con due mesi di anticipo sulla scadenza naturale, l’allora semplice e umile lavoratore nella vigna della rete gridò allo scandalo perché il Governo Monti non era stato sfiduciato formalmente.
All’epoca sbraitava per il fatto che si era fatta una corsa contro il tempo per impedire al Movimento di presentare le liste, poiché sarebbero servite molte firme. Naturalmente nessuna scusa fu poi formulata quando con decreto il Governo dimezzò il numero di firme necessarie proprio per venire incontro alla più massiccia partecipazione alle elezioni: d’altronde mai l’avrebbe fatto perché oltre che le liste pentastellate il provvedimento servì pure a Scelta Civica.
Oggi – mese di agosto dell’anno di (dis)grazia 2013 – siamo nelle stesse identiche condizioni: il Governo Letta è formalmente e sostanzialmente in sella, godendo della fiducia parlamentare di entrambe le Camere, come previsto dalla nostra Costituzione. Le pur traballanti stampelle sulle quali si regge, PD e PDL, sembra stiano facendo di tutto per allontanare la crisi di governo, parlamentare o extra parlamentare che possa essere. In forza di quale Costituzione, che non sia il Manuale delle Giovani Marmotte Stellate, il Supremo Lui pretende lo scioglimento anticipato (di quattro anni e mezzo!) delle Camere, senza nemmeno mezzo passettino parlamentare di verifica di questa maggioranza o della presenza di un’altra?
In realtà è evidente che Beppe Grillo – persino più di Berlusconi – teme il possibile voto del PD per la decadenza da senatore di Silvio Berlusconi. Come infatti Corradino Mineo scrive stamane sul suo caffè, il capo del Movimento Cinque Stelle è il più grande sostenitore del Governo delle Larghe Intese, complice e pilastro, scrive l’ex direttore di RaiNews24. Perché soltanto avendo il Governo Letta può continuare a protestare e a soffocare in culla l’insofferenza di un certo numero di parlamentari, piombati a Roma in buona fede pensando che veramente uno valesse uno e che invece stanno constatando sulla loro pelle che ce n’è uno, di loro, che vale più di tutti in forza del fatto che gli otto milioni di voti li ha presi lui, il suo nome compare sul simbolo e di tale brand ne è proprietario.
“Vogliono restare soli all’opposizione per nascondere che non sanno fare opposizione“, chiude Mineo, perché purtroppo l’arroganza che abbiamo visto, nascosta dal bel volto di Di Battista o dalla barba canuta di Orellana, sta avendo il sopravvento e soltanto la permanenza del Governo Letta garantisce loro di non assumersi responsabilità né di governo né di opposizione.
Vuole solo sbraitare perché nel suo ringhio quotidiano c’è l’essenza stessa della propria politica e del proprio io.
Oltre il ringhio non c’è nulla.
p.s. su Twitter ho poco fa scritto che se il Grillo Quotidiano fosse stato fondato prima del 1978 non si sarebbero salvati nemmeno Pertini, Scalfaro e Ciampi. Sandro Pertini – a scanso di equivoci il più grande e prestigioso Presidente della Repubblica che il nostro Paese potesse mai avere, persino immeritatamente! – interpretò in maniera assai nuova, per il tempo, il ruolo di Capo dello Stato. Basta leggersi in proposito alcuni scampoli della sua biografia su wikipedia per farsene un’idea, per il quale si parlò di Repubblica Pertiniana tanto forte era la sua presenza nelle formazioni dei governi Spadolini e Craxi.
Scalfaro, ben prima che venisse martirizzato da Berlusconi e dai suoi segugi, si oppose al terzo gabinetto Craxi, frutto di un accordo fra PSI e DC, e nominò Giuliano Amato a Palazzo Chigi. Dopo la tempesta valutaria, e gli avvisi di garanzia che fioccavano come la neve d’inverno, anziché sciogliere le Camere chiamò Carlo Azeglio Ciampi – governatore della Banca d’Italia e quindi secondo la stupida vulgata pentastellata uomo delle banche – che di fatto fu un Governo del Presidente; così come fece nel 1994 – dopo la caduta di Silvio Berlusconi – nominando Lamberto Dini (ministro tecnico del Tesoro del gabinetto guidato dal Cavaliere) per presiedere il primo governo tecnico della storia italiana: ancora un governo del Presidente, ancora un Presidente interventista.
Arrivò infine Carlo Azeglio Ciampi, popolarissimo e amatissimo Presidente, che dovette convivere ben cinque anni con il Cavaliere, dal 2001 al 2006 quando uscì dal Palazzo del Quirinale. Ben nascosta dalla propaganda grillina e del Fatto, Ciampi adoperò lo strumento della moral suasion, per intervenire nella politica italiana, respingendo una sola volta una delle leggi cosiddette ad personam del Cavaliere, la legge Gasparri, della quale chiese delle modifiche che poi il Parlamento approvò.
Ma siccome il Fatto è nato nel 2009, in pieno mandato di Napolitano, si ricordano soltanto le leggi ad personam dell’ultimo quinquennio che in realtà fu – di fatto – soltanto il Lodo Alfano, peraltro parzialmente e non interamente bocciato dalla Consulta.
Povero Re Giorgio! Insultato e dileggiato! Fosse stato eletto nel 1999 gli sarebbe andata meglio!