Quelli che la Costituzione …
Confesso che non ho ascoltato tutta la tripla intervista a Matteo Renzi di ieri, ma dopo che Marco Travaglio ha cominciato a sproloquiare su Costituzione e Quirinale, con mia moglie ci siamo dedicati alla fiction.
Ormai al Fatto siamo alla paranoia da Colle, come ho avuto modo di appurare in uno scambio notturno su Facebook con il giornalista e scrittore Sciltian Gastaldi.
Per Travaglio – e tutto il Fatto – ormai siamo in una Repubblica Presidenziale dove però manca la codifica dei contro poteri.
Ora io non so dove il giornalista piemontese abbia studiato legge (se l’ha fatto) e io come noto sono pur sempre un ingegnere e quindi con il cervello lavato per definizione (pare che non sia affatto possibile che un laureato in ingegneria possa essere in grado di fare altro. Deve ragionare per forza secondo numeri, processi, diagrammi, circuiti … Sarà stato il chip degli americani, impiantatoci sotto i polsi).
Due sono gli esempi che configurano il mutato ordinamento presidenziale dal punto di vista di Travaglio e soci.
Primo: sugli F35 Napolitano, attraverso un organismo sì costituzionale (il Consiglio Supremo di Difesa) ma mai nei fatti concreti adoperato (secondo la tesi del Fatto e di Grillo, che poi sono la stessa cosa), ha esautorato il Parlamento – che agli occhi del Fatto, del Movimento Cinque Pianeti (stelle è esagerato), SEL e qualche esponente del PD è sempre e comunque sovrano – rigettando l’ordine del giorno che chiedeva al Governo di sospendere l’acquisto dei velivoli.
Secondo: la blindatura del Governo Letta.
Poi forse Travaglio avrà anche fatto agli esempi ma come vi ho detto ho cambiato canale.
Nel primo caso è semmai avvenuto esattamente il contrario: è il Parlamento che ha oltrepassato i propri limiti. Non esiste democrazia al mondo, presidenziale o parlamentare che sia, dove il Potere Legislativo sconfini nel sindacare l’esercizio dell’Amministrazione, in questo caso il Dicastero della Difesa, che sempre per quella strana pensata di Tocqueville è parte di un altro Potere. Può piacere o può non piacere, si può essere d’accordo o meno sugli F35, ma non può essere un soggetto che non sia lo Stato Maggiore della Difesa e il Segretario Generale della Difesa, Direttore Nazionale degli Armamenti, a stabilire se alle proprie Forze Armate servono le pistole ad acqua, che io ed Elisa non vediamo l’ora di utilizzare la prossima settimana in spiaggia, oppure invece servono armi più sofisticate. Fanno schifo gli F35? Il Parlamento può fare soltanto una cosa: non approvare il budget della Difesa nel suo complesso. Questo è ABC di educazione civica e di separazione dei poteri: persino il figlio di una mia cara amica, che farà la quarta elementare il prossimo anno, sarebbe in grado di comprenderlo! Immaginate cosa fosse successo negli Stati Uniti se il Congresso si fosse permesso di sindacare sulle scelte del Pentagono. Può tagliarne i fondi complessivi, può avviare un braccio di ferro con l’Amministrazione, ma non può dire se al posto di un certo aereo ne deve comprare un altro.
Faccio un esempio per essere ancora più chiaro.
Immaginiamo che in una legislatura di taglio di sinistra (se esistesse ancora!), per qualche strana ragione, una Direzione Generale del Ministero della Salute stabilisse che in ogni scuola superiore – per ragioni didattiche e di salute – debbano essere distribuiti a ogni studente, maschio o femmine che sia, un certo numero di profilattici. Ovviamente le proteste sarebbe enormi in ambienti cattolici, a destra, nei partiti conservatori (sempre che in Italia possano esserci una destra e un partito conservatore). Poi ci sono le elezioni e cambia il colore del Parlamento, diventa conservatore e per prima cosa decide di sospendere proprio quel provvedimento amministrativo del Ministero della Salute. Supponiamo – dato che siamo nell’ipotesi dell’irrealtà – che il Presidente della Repubblica, convochi una specie di Consiglio di Salute Pubblica, o che il Ministero stesso della Salute sollevi conflitto di attribuzioni davanti la Corte Costituzionale proprio per rivendicare la propria autonomia amministrativa (potere esecutivo) da quella politica (potere legislativo). Noi di sinistra faremmo il tifo per il Ministero della Salute, a destra si straccerebbero le vesti per l’offesa al Parlamento sovrano. Ma qui non è questione di fare il tifo come allo stadio, cosa che evidentemente in Italia si fa proprio tanta fatica a comprendere: è la separazione dei poteri ad essere alla base di qualunque democrazia occidentale. Per evitare fraintendimenti sugli F35, per i quali il problema a mio avviso è mal posto, rimando a quanto ho avuto modo già di dire qui.
Sul secondo esempio mi sono pronunciato ieri: ma cosa avrebbe dovuto dire – per Travaglio – il Capo dello Stato? Che è normale una crisi di governo senza alternativa? Che sono le forze politiche che decidono le elezioni anticipate? Può piacere o non piacere ma ieri Giorgio Napolitano non ha fatto altro che delimitare i confini della polemica politica, della guerra parlamentare, salvaguardando le istituzioni. Chiarisco subito che a me questo governo un po’ schifo lo fa: non mi piace proprio come si sta muovendo sotto il ricatto del PDL, lo vedo timidissimo su tutto e sono d’accordo con Matteo Renzi che si tratta di un governo del rinviare. Tuttavia – a Costituzione vigente – un governo deve esserci e il Capo dello Stato non può non tenere conto delle istituzioni. Come ho scritto ieri a Gastaldi, il fatto che appaia debordante il potere del Quirinale negli ultimi tempi è in realtà il riflesso dell’enorme debolezza del potere legislativo e del potere esecutivo e forse persino della stessa magistratura. Dei tre poteri che trovano unità soltanto nel Quirinale.
In un qualunque altro paese normale e civile un governo di coalizione di questo tipo non rinvierebbe sine die tutti i provvedimenti: farebbe ciò che è necessario e poi tornerebbe al voto. Come si è fatto in Germania e come avviene ora nel Regno Unito con il governo Cameron-Clegg.
Da noi questa grande coalizione è ormai additata per sempre dalla parola inciucio, vuoi per colpa di Berlusconi e D’Alema, che tanti anni fa furono accusati di ciò, vuoi per la pochezza di un’opposizione che anziché lavorare per ribaltare il Governo e costruire una maggioranza alternativa, pensa soltanto agli scontrini e a provvedimenti così ridicoli da non incidere minimamente sulla pelle degli italiani. D’altronde se esistesse una maggioranza alternativa, sarebbe proprio il PD (o quello che rimane) a staccare la spina a questo governo e a presentarsi a Napolitano con un altro programma politico. Ma non mi sembra che il PD voglia rischiare né che il Movimento di Grillo abbia voglia di sporcarsi le mani attivamente, preferendo continuare a restare vergine e illibato.
Sempre a Costituzione vigente il Presidente della Repubblica non può fare come chiedono Travaglio e i suoi colleghi: deve tutelare le istituzioni.
Per evitare che chi legge pensi che io sia un corazziere (sebbene la cosa non mi dispiacerebbe se non fosse per la panza e la statura non proprio erculea) vorrei far notare che un conto sono le critiche politiche (e secondo me – negli ultimi mesi – Giorgio Napolitano ha commesso due errori: quello di non spedire Bersani alle Camere e quello di perdere tempo con i saggi anziché dimettersi anzitempo), un altro sono le critiche costituzionali. Per quelle – se Travaglio e i Cinque Stelle – ritengono che il Presidente della Repubblica stia andando al di là dei
suoi poteri costituzionali c’è soltanto una e una sola strada. Mettere il Capo dello Stato in stato d’accusa ai sensi dell’articolo 90 della Costituzione (come avvenne con Cossiga):
Il Presidente della Repubblica non è responsabile degli atti compiuti nell’esercizio delle sue funzioni, tranne che per alto tradimento o per attentato alla Costituzione. In tali casi è messo in stato di accusa dal Parlamento in seduta comune, a maggioranza assoluta dei suoi membri.
Non risulta però che i parlamentari pentastellati, tra uno scontrino e una ricevuta, abbiano trovato il tempo di scrivere nemmeno mezza riga per richiedere al Parlamento di accusare di attentato alla Costituzione Giorgio Napolitano.
Chiudo con una parola sul Consiglio Supremo di Difesa che Beppe Grillo ha definito quasi un abbellimento della nostra architettura costituzionale: nella lunga legislatura del secondo e terzo gabinetto Berlusconi, quella cominciata nel 2001 e finita nel 2006, si ricorderà che sono iniziati due conflitti molto importanti, in Afghanistan e in Iraq. Al Quirinale sedeva Carlo Azeglio Ciampi mentre a Palazzo Chigi Silvio Berlusconi. Quest’ultimo era molto sdraiato sulle posizioni di Giorgino Bush che dopo la splendida figura delle caprette della Florida era diventato una sorta di guerrafondaio. Soprattutto prima dell’invasione dell’Iraq Berlusconi – sempre per quelle sue innate doti di politica estera – aveva deciso di partecipare alla coalizione dei volenterosi che avevano fatto finta di trovare le armi di distruzioni di massa di Saddam Hussein. Il Capo dello Stato resuscitò quell’organismo costituzionale e tutti noi tirammo un bel sospiro di sollievo al pensiero che la politica estera e militare non fosse decisa a Palazzo Chigi ma al Colle dal Consiglio Supremo di Difesa. Incidentalmente ricordo persino che si ricordò a Berlusconi che il Capo delle Forze Armate è il Presidente della Repubblica (articolo 87) e non lui.
p.s. Un grazie sincero e un affettuoso abbraccio alla mia bellissima amica romana, dal nome francese, sposata con un nordico e madre di tre stupende creature, che vive come me con la valigia sempre pronta! Lei sa il perché.