La nipote di Nazarbayev

 In POLITICA

Sarebbe stato molto ma molto più onorevole che il Vice Presidente del Consiglio e Ministro dell’Interno, Angelino Alfano, avesse proposto – nella sua relazione di ieri al Senato sul caso Ablyazov – che la moglie del dissidente Kazako fosse una nipote alla lontana del dittatore Nazarbayev e persino di Leonid Breznev.

D’altronde se sui libri di storia i nostri nipoti leggeranno di un Parlamento che vota una relazione nella quale si mette nero su bianco che Silvio Berlusconi, Presidente del Consiglio, fosse veramente convinto che quella bella figliola di Karima fosse la nipote di Mubarak, sarebbero stati certamente in grado di reggere anche la nipote di Nazarbayev.

Qualunque ricostruzione, più o meno fantasiosa, più o meno conforme alla tradizione italiana dello scaricabarile, sarebbe stata più dignitosa di quella che Alfano ci ha propinato ieri e cioè che – a conti fatti – l’ambasciatore di una repubblica straniera, per giunta nemmeno tanto democratica e governata da un dittatore, ha ordinato di condurre un blitz di portata internazionale senza che il Governo italiano sapesse nulla.

Purtroppo credo che il buon Angelino nemmeno si sia reso conto dell’enormità della sua ricostruzione: se fosse anche per l’1% vero che i nostri servizi di Intelligence non fossero a conoscenza dei movimenti delle spie kazake sul nostro territorio, se fosse vero che i titolari di Viminale e Farnesina, e persino il Premier, non sapessero di un’operazione di polizia di questo tipo, l’unica cosa da fare sarebbe quella di chiedere – collettivamente – asilo politico in qualunque altro paese europeo. Meglio diventare un dipartimento francese, un land tedesco, un cantone svizzero, che pensare di essere ancora un paese che ha una sua sovranità politica.

Questo avvocato siciliano, che tanto si è sbracciato in passato, specialmente in campagna elettorale, per il recupero della sovranità nazionale, perduta – a suo dire – per l’ingresso nell’unione monetaria, ieri ha solennemente dichiarato in Parlamento, nella sua veste di responsabile della nostra sicurezza, che il Viminale “politico” non sapeva nulla di ciò che accade sul territorio italiano e che la colpa è del livello “amministrativo“.

Con personaggi di questo tipo, con un Ministro degli Esteri che il mondo ci invidiava e che adesso sembra aver dimenticato le proprie storiche e importanti battaglie per i diritti civili, con un Presidente del Consiglio dei Ministri – capo dei servizi segreti a legislazione vigente – che nemmeno viene informato di ciò che accade in una fondamentale relazione internazionale, è ancora più misterioso come si riescano a trovare investitori internazionali che acquistino – sui tanto deprecati mercati finanziari – titoli del nostro debito pubblico e ci consentano di ricevere ancora servizi pubblici.

Sarebbe stato molto più dignitoso affrontare le critiche internazionali, usando come scusante la nostra dipendenza dalle fonti energetiche ed esponendoci al giusto sdegno verso chi non difende i dissidenti politici, piuttosto che farci mettere alla berlina da tutto il mondo per avere un Governo che si lava le mani e che dichiara al Parlamento che nulla sapeva.

Meglio passare per cinici, meglio imporre la ragion di stato, anziché passare per un popolo miserabile di cialtroni e di coglioni.

 

p.s. E per carità di patria mi astengo dal commentare il ricatto simil-mafioso con il quale Angelino Alfano ieri ha investito della questione Letta e il Governo. In quel suo “nessuno collega di Governo è stato informato” sta la summa di tutta questa stagione delle larghe intese: “se devo andare via io”, sembra dire il Ministro, “andiamo via tutti”. Forse sarebbe meglio che chiunque al Senato abbia un po’ di sale in zucca, dai grillini meno talebani ai montiani più illuminati e persino a coloro che nel PDL non ne possono più di governare con il PD, riescano a trovare una soluzione per trovare una nuova maggioranza almeno per la riforma elettorale. Se proprio non si può governare questo Paese che almeno ci venga restituito il diritto di voto e di scelta dei nostri rappresentanti.

 

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