Ritorno alle origini

 In RELIGIONE

“Signore, quando mai ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare? O assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto? O nudo e ti abbiamo vestito? Quando mai ti abbiamo visto ammalato o in prigione e siamo venuti a trovarti?”.  “In verità vi dico che quando lo avete fatto a uno dei miei più piccoli fratelli, l’avete fatto a me”.

Ci voleva un figlio di immigrati per ricordare all’Italia e al mondo intero che siamo tutti, prima o poi, migranti in questa terra, pellegrini alla ricerca di maggior benessere e di condizioni di vita decenti.

Soltanto un uomo che viene dalla fine del mondo, da quel mondo che noi bianchi, europei, cristiani e cattolici abbiamo invaso commettendo tanti di quei crimini che dovremmo ancora oggi arrossire, poteva rilanciare sul tavolo della politica – e soprattutto delle forze di sinistra nazionali e internazionali, una profonda riflessione sugli aspetti più tetri di questa globalizzazione realizzata.

E se da destra piovono i necessari distinguo al discorso di Bergoglio, necessari per la tranquillità dei loro elettori e lettori, turbata evidentemente dal forte richiamo del Papa ai valori enunciati dal Maestro duemila anni fa, a sinistra le parole del Pontefice dovrebbero quanto meno scuotere le coscienze, destare gli animi, prigionieri di regole per un congresso di un partito o per una leadership a elezioni che nemmeno sono state convocate.

Ci voleva un gesuita argentino, un prete prima ancora che un Vescovo e Papa, così tanto somigliante ieri, con quel pastorale fabbricato dai resti dei barconi dei derelitti, al padre Gabriel interpretato meravigliosamente da Jeremy Irons in The Mission, film di Roland Joffé musicato dal maestro Ennio Morricone, per urlare al mondo intero lo schifo per questa globalizzazione che premia pochi, pochissimi, a scapito dei più umili, vittime sacrificali in nome del benessere di noi nazioni ricche ed evolute, per i quali non abbiamo più nemmeno la forza e la bontà di piangere quando ne raccogliamo i cadaveri nel nostro mare.

Quello stesso mare che solchiamo sulle nostre imbarcazioni, più o meno lussuose e quelle stesse acque che ci godiamo ogni estate, grazie spesso al benessere provocato proprio dalla globalizzazione che ha reso possibili vacanze impensabili fino a venti anni fa, quel mare nostrum è diventato per migliaia e migliaia di fratelli la tomba delle loro vite e delle loro speranze.

Soltanto un uomo che viene da una terra di immigrati, frutto della mescolanza di noi civili europei con le popolazioni indigene dei luoghi, solo una persona che conosce il dramma della povertà delle favelas, delle villas miserias, delle nazioni più martoriate del continente sudamericano che spesso si riversano, accrescendo ulteriormente i problemi, proprio in quelle capitali sudamericane che cercano di correre verso l’eden degli standard europei di vita, soltanto un prete di strada poteva pronunciare quelle parole indossando il Pallio di San Pietro.

Se solo a sinistra la smettessero di discutere di stupidaggini come le correnti, le regole, le primarie e cominciassero dai valori fondativi della sinistra, dall’eguaglianza e dalla libertà, dalla fratellanza e dalla comunità, forse troverebbero nelle parole di Padre Bergoglio linfa per le battaglie che veramente contano, senza stupide ideologie o folli rincorse verso il cerchio e la botte, cercando di far coesistere ricette economiche e sociali troppo distanti da quelle che il mondo contemporaneo, quello evoluto e che non potrà mai più crescere a ritmi da anni ’80, avrebbe bisogno.

Non stupisce che a destra – salvo rare eccezioni – stiano rimanendo spiazzati dal Papa. No, il Pontefice non è né di destra né di sinistra, almeno per come le intendiamo in politica, queste posizioni relative. Francesco sta semplicemente facendo il prete, il sacerdote, il discepolo di Cristo, che viene prima anche dell’apostolato, dell’essere uno dei Dodici.

Sta semplicemente facendo tornare la Chiesa Cattolica alle origini del suo ministero, alla ragione stessa fondante del suo Maestro, del suo Dio in Terra.

Sui giornali di destra e tra gli esponenti politici più vicini a essi vi è quasi sconcerto di fronte alle parole – ormai settimanali, se non quotidiane – di questo papa che sta rompendo ogni possibile schema di pensiero di una destra abituata a sbattere le ginocchia in Chiesa, battersi il petto con un triplice mea culpa, spesso senza nemmeno comprendere a pieno il significato profondo della preghiera del Confiteor, che durante la messa precede il Rito della Parola. Abituati da un’interpretazione tutta umana e opportunista del Sacramento della Riconciliazione, la Confessione, che spesso viene identificato come un lavarsi la coscienza davanti ad un prete il quale – come in forza di un manuale del bravo sacerdote commina un numero di Pater, Ave e Gloria per espiare la pena. Questa destra e questo tipo di cattolici, sempre così solerti con le parole a voler difendere i valori cristiani, che fanno le barricate in Europa cercando di difendere le radici giudaico-cristiane, cosa persino storicamente falsa essendo l’Unione Europea un misto di barbari, romani, pagani, celti, cristiani, cattolici, protestanti e musulmani, rimangono senza alibi e senza parole di fronte a un uomo che sta ricordando a tutti che per essere cristiani non basta partecipare alla funzioni in Chiesa, non basta rispettare il Decalogo dell’Antica Alleanza di Yahveh con il popolo ebraico, ma serve soprattutto vivere da cristiani la carità, l’amore per il prossimo, nei confronti dei più piccoli, dei più indifesi, dei più soli, dei più deboli.

E quel passo di Matteo, riportato sopra questo post e richiamato fortemente ieri a Lampedusa da Papa Francesco, è la vera sfida che i cristiani, i cattolici e tutti gli uomini di buona volontà hanno davanti nella loro vita quotidiana.

E se di questi tempi è molto difficile far comprendere ai non credenti che si può essere cattolici e persino di sinistra, in un mondo nel quale spesso si fa confusione fra Chiesa e Clero, il Papa ieri ci ha fornito una lezione storica e morale su come la sinistra deve intervenire affinché il capitalismo darwiniano non massacri l’Uomo.

Perché semplicemente se non li difende la sinistra i poveri Cristi, non li potrà mai difendere questa destra, quella che trova cittadinanza nelle parole di Magdi Cristiano Allam (mai secondo nome fu meno azzeccato!), che addirittura ha teorizzato che il papa difende i clandestini, complici dei loro sfruttatori!

E se è vero che a sinistra non si gode di ottima salute non abbiamo certo una destra – in Italia – nemmeno lontanamente vicina a quella degli altri paesi (auto) supposti civili che almeno hanno un sussulto di dignità e osservano che questi immigrati, questi clandestini, sono spesso coloro che servono ai tavoli dei nostri ristoranti, rendendoci le serate e gli aperitivi estivi gradevoli (cit. John McCain, Senatore dell’Arizona al Congresso americano). Persino George W. Bush ieri ha appoggiato la riforma dell’immigrazione voluta dall’Amministrazione Obama.

Ma la nostra destra non è stata in grado di produrre, in tutti questi anni, nemmeno un esponente pessimo almeno quanto Giorgino, riuscendo nell’italica impresa di toccare il fondo, continuare a scavare e scoprire che c’è sempre terra da smuovere per scendere giù, verso gli inferi della società civile. E non li potranno certo difendere, questi derelitti provenienti dal terzo mondo, quei movimenti che nascono al caldo delle nostre reti, fatte di freddi bit, al grido di tutti ladri, senza che nemmeno mezza visione di come dare asilo e speranza a queste vite sia esposta nei sacri testi del loro credo, fatto soltanto di urla, di vaffanculi e di scontrini!

Anche questo blog fra non molto tornerà alle sue origini: auguro a tutti coloro che hanno la pazienza di leggere i miei pezzi di trascorrere – per chi può – delle serene vacanze estive. E coloro che si immergeranno nel mare nostrum, quel Mediterraneo che abbiamo noi italiani imparato a studiare fin dalla terza elementare sui sussidiari (ma esistono ancora?), rivolgano un pensiero alle parole di Francesco e al fatto che quello che per noi è spesso un divertimento, uno svago, una spiaggia sulla quale sfogare le tensioni di un anno lavorativo, per molti altri, per tanti dei nostri fratelli più sfortunati di noi, è il porto delle loro speranze, del loro benessere e del loro possibile trampolino di lancio verso una nuova vita. E purtroppo per molti di loro quel mare è la loro tomba.

Forse non dovremmo mai dimenticare che nascere italiani, europei, bianchi e non africani, neri e musulmani è semplicemente frutto di un caso. Dovremmo ringraziare la cicogna che ci ha lasciato sotto i cavoli delle nostre campagne anziché nel deserto di quei poveri cristi, costretti a stiparsi su barconi quasi risalenti alle guerre puniche pur di provare a trovare la salvezza, la loro Terra Promessa.

 

 

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