Tutti sbagliano tranne io

 In POLITICA

Continua ancora, sulla prima pagina del Fatto, l’encomiabile battaglia mediatica del vice direttore Marco Travaglio contro l’eleggibilità di Silvio Berlusconi in forza della famosa legge del 1957.

Naturalmente il buon Marco approfitta per sparare contro Corriere e Repubblica, in particolar modo contro il professor Michele Ainis che ormai fa parte dei costituzionalisti venduti alla causa del complotto mondiale contro il Movimento Cinque Stelle e la democrazia italiana!

Non cita però un mito fondante del pensiero del Fatto, un uomo che è stato proposto per qualunque incarico, dal Colle a Palazzo Chigi, proprio da quelle pagine. Un uomo che era tra i 9 finalisti del torneo delle Quirinarie, il gioco on line con il quale gli attivisti del Movimento Cinque Stelle hanno fatto finta di partecipare all’elezione del Capo dello Stato.

Quell’uomo è Gustavo Zagrebelsky, Presidente Emerito della Consulta, che qualche giorno fa, ospite a Torino al Salone del Libro, ha proprio affermato – sconsolatamente – che la questione dell’eleggibilità di Silvio Berlusconi è ormai semplicemente inutile.

D’altronde guardiamo cosa recita il famoso articolo 10 comma 1 della legge citata:

coloro che in proprio o in qualità di rappresentanti legali di società o di imprese private risultino vincolati con lo Stato per contratti di opere o di somministrazioni, oppure per concessioni o autorizzazioni amministrative di notevole entità economica, che importino l’obbligo di adempimenti specifici, l’osservanza di norme generali o particolari protettive del pubblico interesse, alle quali la concessione o la autorizzazione è sottoposta;

È evidente a chiunque non voglia proprio incaponirsi che se tale legge fosse stata interpretata nel 1994 a sfavore di Silvio Berlusconi avrebbe anche avuto un senso. Sebbene una legge – per applicarsi in modo restrittivo nei confronti del diritto di partecipare attivamente alla vita pubblica – deve essere proprio “certa” di quella applicazione. Il nocciolo della questione è quel “coloro che in proprio o in qualità di rappresentanti legali …“: le famose concessioni televisive sono licenziate a RTI S.p.A. il cui Presidente e Amministratore Delegato è Piersilvio Berlusconi, il figlio del Cavaliere.

Quindi non resta che capire quel “in proprio“: ora è evidente a chiunque che Silvio Berlusconi è il dominus indiscusso delle televisioni commerciali e abbiamo visto proprio qualche domenica fa cosa significa possederle, con lo speciale Ruby. Purtroppo però la RTI S.p.A. è formalmente di proprietà della Mediaset S.p.A., la quale ha un azionariato molto composito, il cui azionista di maggioranza non è la persona fisica “Silvio Berlusconi“, ma la Fininvest S.p.A. con il 41.3%.

Certo nel 1994, quando non ancora non esisteva la Mediaset S.p.A., sarebbe stato più semplice ricondurre la proprietà di RTI S.p.A. alla persona fisica di Berlusconi, ma adesso, dopo tutti i precedenti dal 1994 al 2008, alla settima elezione ci si accorge che quel “in proprio” si possa applicare, al di là di ogni ragionevole dubbio al Cavaliere?

Vi confesso poi, che in punta di diritto, e mi costa tantissimo ammetterlo, la cosa non mi sembra chiarissima: insomma mi trovassi queste carte in una delle gare d’appalto nelle quali mi tocca spesso di essere commissario giudicante avrei fortissimi dubbi sull’ammissibilità della tesi che Silvio Berlusconi sia proprietario controllore della RTI concessionaria pubblica!

A Segrate sono stati abilissimi infatti a inscatolare le licenze dentro una sequenza di persone giuridiche: RTI, Mediaset, Fininvest, le holding di famiglia e quindi le persone fisiche.

Ora io capisco che Travaglio non riesce a farsene una ragione ma possibile che un intero circo mediatico debba sempre far girare la propria giostra attorno a questo personaggio? La fortuna di Travaglio è che in Italia non vige il common law e che essendo soggetti al maledetto/benedetto diritto romano i precedenti non valgono praticamente mai, a meno di pronunciamenti delle Sezioni Unite della Cassazione. Quindi ogni volta si può riproporre ad libitum la questione per la felicità di quei giornalisti che si credono sempre dalla parte corretta dell’applicazione della legge, mentre tutti coloro che non la pensano così sono pennivendoli, venduti, complottisti, idioti.

 

p.s. Il Movimento di Grillo ha intenzione di presentare alla Giunta per le Elezioni del Senato la proposta di ineleggibilità di Berlusconi. Anche il comico genovese ha impiegato quasi venti anni per accorgersi dell’applicazione della legge. Non si ricordano infatti epiche prese di posizioni di Grillo, nel 1994, quando Berlusconi scese in campo. Forse perché il Cavaliere all’epoca poteva essere un buon datore di lavoro e infatti lo appoggiò proprio nel 1993

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