Tutti fermi
Forse avrete notato che nonostante le imminenti elezioni amministrative, nelle due città che vivo maggiormente, Roma e Catania, non ho molto scritto su questi temi. Su quelle della Capitale vi confesso la frustrazione di doversi trovare di fronte una scheda da 120 cm, con 18 o 19 candidati non ho contato bene.
Più che le elezioni per il sindaco della Capitale del sesto o settimo paese industrializzato sembrano quelle di qualche paese appena uscito da una dittatura, dove si contano i rapporti di forza tribali.
Sono trascorsi 20 anni dalle prime elezioni dirette dei sindaci, dopo i referendum di Segni: allora (a novembre) a sfidarsi a Roma, oltre Rutelli e Fini che andarono al ballottaggio, vi erano altri 15 candidati, fra cui Moana Pozzi, Renato Nicolini, Vittorio Ripa di Meana, per citare i più famosi.
17 candidati per la prima elezione diretta del sindaco. Sono trascorsi due decenni e addirittura i candidati sono aumentati!
A Catania, se le cose andranno come spero, dato che non c’è alternativa seria, potrebbe essere eletto a Palazzo degli Elefanti Enzo Bianco, proprio come venti anni fa! E considerando che Leoluca Orlando è di nuovo sindaco di Palermo, le due città principali della mia isola avrebbero come primi cittadini gli stessi uomini che venti anni fa le guidavano.
Ventuno anni fa come dopodomani Cosa Nostra, e forse non da sola, fece saltare in aria Giovanni Falcone, la moglie e la sua scorta, lasciando Paolo Borsellino di fronte al proprio destino (era chiaro all’allora Procuratore Aggiunto di Palermo che era questione di tempo prima che anche lui raggiungesse l’amico Giovanni al Creatore): sono trascorsi oltre quattro lustri, tre Presidenti della Repubblica (quattro se consideriamo il bis di Napolitano), tre papi, tre presidenti americani, quattro primi ministri britannici, quattro presidenti francesi, tre cancellieri tedeschi mentre noi siamo ancora fermi al referendum sulla persona di Silvio Berlusconi che proprio venti anni fa, con il suo endorsement su Gianfranco Fini, fece capire per tempo – tranne a sinistra, tanto per cambiare! – che la politica italiana stava per cambiare.
Venti anni e ci troviamo la Capitale d’Italia di fatto invivibile, sporca e in profonda crisi, con venti persone che si stanno sgolando per ottenere un voto – domenica – che sarà praticamente inutile, visto che nessuno riuscirà a raggiungere la metà più uno dei voti espressi e quindi aggiudicarsi il Campidoglio al primo turno, rimandando tutto al ballottaggio!
Nella mia città natale invece è come se non si potesse costruire altra alternativa che non avesse il volto di Enzo Bianco, nonostante ci abbia riprovato otto anni fa e bocciato dagli elettori a favore (incredibile lo so!) di Umberto Scapagnini, il defunto medico personale di Berlusconi.
Tutto gira attorno al Cavaliere, l’ineleggibilità al Senato, il candidato migliore per la sinistra (ah, se ci fosse stato Renzi!), il duello di Highlander profetizzato da Grillo (alle prossime elezioni saremo noi contro il nano, ha tuonato qualche giorno fa).
A volte mi chiedo che succederà quando Silvio Berlusconi dovesse passare a miglior vita: avrà la sinistra, il movimento di Grillo, il Fatto, una ragione di vita, o si vive soltanto per essere contro Silvio?