Pater Patriae
Piccolo bignamino di venticinque anni di storia italiana.
Con la condanna in appello di ieri, che ha confermato la pena a quattro anni di reclusione e ben cinque di interdizione dai pubblici uffici, si è concluso il processo a carico di Silvio Berlusconi sui diritti Mediaset. Il Tribunale di Milano ha sancito definitivamente i fatti e cioè che il Cavaliere è un delinquente abituale e un evasore fiscale.
Giusto per chiarire: la Corte di Cassazione si pronuncia in Italia solo sulla legittimità dei procedimenti, non sul merito. Quindi è un fatto processualmente provato, secondo un Tribunale della Repubblica e in nome del popolo italiano, che l’ex Presidente del Consiglio, mentre presiedeva il nostro Esecutivo, nel frattempo frodava il fisco.
La prossima settimana potrebbe arrivare finalmente a sentenza il processo Ruby e poi si attende l’appello del processo Unipol, dopo la condanna in primo grado ad un anno che il Tribunale ha già inferto.
Poi l’ultimo – in ordine di tempo e fino ad ora – è il processo napoletano nato dalle dichiarazioni del Senatore De Gregorio che ha confessato di essere stato comprato per far cadere il Governo Prodi.
Se poi torniamo indietro nel tempo, scopriamo che la storia giudiziaria di Berlusconi nasce ben prima della sua discesa in campo (contrariamente alla vulgata mediatica dei suoi propri media) quando venne accusato di falsa testimonianza riguardo l’iscrizione alla P2, reato poi estinto per amnistia. Era il 1989, avevo 17 anni, non guidavo la macchina, non ero fidanzato, non avevo figli e studiavo al Liceo. C’era ancora l’URSS, il muro di Berlino era ancora in piedi e in Italia governava Andreotti.
Dal 1989 a oggi, in queste due dozzine di anni, dove l’intero pianeta è stato rivoltato come un calzino, Silvio Berlusconi è stato implicato in vicende oscurissime e soltanto – ripeto soltanto – la prescrizione lo ha salvato da altre e forse anche più importanti condanne.
Ha corrotto giudici e testimoni e per questa ragione hanno pagato il suo avvocato Previti (oltre che proprio i giudici corrotti!) e il consulente Mills.
Sfatiamo un secondo il mito della prescrizione come assoluzione, come puntualmente è sbucato fuori proprio in questi giorni dopo la morte di Andreotti. L’esempio ce lo fornisce proprio il defunto senatore a vita: il sette volte Primo Ministro ricorse in Cassazione proprio contro la sentenza di appello che riteneva prescritto il reato di associazione semplice (all’epoca non esisteva quella di stampo mafioso) fino al 1980. Per quale diavolo di motivo Giulio Andreotti avrebbe dovuto ricorrere contro una sentenza che lo assolveva?
Ora a parte questa questione tecnica, di prescrizioni, insufficienza di prove e via dicendo, veniamo un attimo a capire cosa significhi prescrizione.
Facciamo un esempio: io rubo un milione di euro, compio una bella rapina e me lo intasco.
Le indagini e il relativo procedimento penale non fanno in tempo a condannarmi, nel senso che la lunghezza del processo, la bravura degli avvocati e nel caso del Cavaliere un Parlamento che legiferava ad personam, consentono all’imputato di non essere condannato e costringono il Tribunale a non poter pronunciare sentenza per intervenuta prescrizione.
Non significa che io non abbia rubato, ma soltanto che non si è riusciti a provarlo in un’aula di giustizia.
Dato che Silvio Berlusconi si professa uomo probo e di Chiesa se il reato non viene provato e quindi laicamente è come se non fosse stato commesso o non fosse mai esistito, per la Chiesa e per il suo diretto Superiore, il peccato è stato commesso.
Ora mentre nella comunità ecclesiale il peccato riguarda il rapporto fra il fedele e la Divinità e soltanto Dio può veramente assolvere o meno dai peccati, nel mondo terreno della laicità delle istituzioni, l’assoluzione è qualcosa di più complicato, in quanto implica un giudizio giuridico, politico, sociologico e storico.
Ora di fronte a tutte queste vicende giudiziarie quello che servirebbe in Italia è francamente un supporto psicologico e sociologico per l’intero popolo italiano perché è semplicemente incomprensibile, non soltanto all’estero ma a chiunque sia dotato di un minimo di onestà intellettuale, come possa – un delinquente abituale – essere considerato, per oltre nove milioni di persone, un Padre della Patria.
Soltanto in un Paese che assolve Berlusconi da ogni male forse per nascondere le proprie, di malefatte, si può considerare un personaggio simile alla stregua di Alcide De Gasperi, come egli spesso si è accostato.