Si fa presto a dire italiani
Sarò duro di comprendonio, d’altronde si sa, passati gli anta comincia la seconda parte del cammin di nostra vita, ma vorrei capire da tutti gli intellettuali (si fa per dire!) del centrodestra e persino dal Presidente del Senato Piero Grasso una cosa: per quale diavolo di ragione l’amichetta di mia figlia, Stephanie, nata da una peruviana e da un ecuadoregno qui a Roma, che non ha mai messo piede fuori dallo Stivale a differenza della mia Elisa, che ha già trascorso una decina di giorni di vacanza in California nella sua giovane vita, con una madre che parla un italiano di borgata che sembra la pronipote di Aldo Fabrizi essendo nella Capitale da oltre quindici anni, ecco per quale cacchio di ragione Stephanie non può essere italiana tanto quanto lo è mia figlia!
Vorrei che qualcuno mi spiegasse perché io non ci riesco.
Se poi la preoccupazione è quella del Presidente del Senato Grasso e cioè che le puerpere del terzo mondo si potrebbero precipitare tutte nel nostro Paese per partorire vorrei tranquillizzare l’ex Procuratore Nazionale Antimafia.
Una mamma, per definizione e a meno di forti disturbi psichici (e ne conosco!), vuole sempre il bene di suo figlio, si sacrificherebbe per lui. Farebbe di tutto per assicurargli un futuro prospero e decente. Darebbe la vita per lui.
E lei pensa, caro Presidente, che si sobbarcherebbero tutta la fatica dell’emigrazione con il panzone per farle nascere in Italia?
Guardi, Presidente, se fossimo noi uomini a partorire forse saremmo così stolti: ma le donne no. Sanno leggere e ragionano con la testa, non con l’utero. Specialmente quando a due passi dal confine c’è un Paese che da sempre è aperto con gli immigrati. Se proprio devono emigrare per far nascere i propri figli preferiranno sempre e comunque i nostri cugini francesi dove vige lo ius soli.