Il #PD e le polpette avvelenate
Dunque cerchiamo di essere seri: fino a quando la Casaleggio & Associati non ci dirà i risultati veri delle cosiddette Quirinarie è lecito pensare che l’ordine di partenza della lista di Grillo per l’elezione del Presidente della Repubblica sia stato quanto di più squisitamente politico si sia visto da anni.
Sapeva bene, Grillo, che Gabanelli e Strada non avrebbero mai accettato nemmeno la candidatura di bandiera. Ma ha atteso un giorno prima di lanciare Stefano Rodotà, sperando – forse – che la dirigenza del Partito Democratico non fosse stata così stolta da preferire un qualunque accordo con Silvio Berlusconi a scapito del giurista calabrese.
Avrebbero potuto, a Largo del Nazareno, rivendicare con orgoglio come il professor Rodotà fosse parte della storia del Partito, il nonno di questo Partito Democratico che forse ha ormai i giorni contati. Non si iscrisse mai al Partito Comunista, Rodotà, ne fu candidato come indipendente nelle liste ma quando nacque il PDS, che lo ricordiamo significava Partito Democratico della Sinistra, prima di essere nominato ai vertici dell’autorità per la privacy, ne fu il primo presidente.
Era ed è un cavallo vincente della sinistra, uno di quei compromessi al rialzo, e non al ribasso come si è soliti (o si è costretti) fare in politica.
Nella rete, quella che il PD dice di sapere adoperare, la candidatura di Stefano Rodotà è cominciata a montare dal giorno dopo le elezioni di febbraio e Grillo non aveva ancora nemmeno lontanamente lanciato il meccanismo delle Quirinarie.
Eppure il PD è riuscito a farsi sfuggire il miglior candidato possibile e alla fine, comprendendo benissimo la polpetta avvelenata che ormai era stata cucinata per benino da Grillo, anziché rispondere con un’altra candidatura, se proprio non ci si volesse fidare di quel “e poi si vedrà!” pronunciato al comico dal camper durante la tappa friulana della nuova campagna elettorale, si è consegnato mani e piedi all’accordo con il Cavaliere, spaccando il partito e soprattutto consegnando su un piatto d’argento l’alibi dell’inciucio a tutti. Non sono nemmeno riusciti a presentare la candidatura più istituzionale che ci fosse, quella del Ministro dell’Interno o del Presidente della Corte Costituzionale.
E alla fine a Palazzo Grazioli stanno brindando: alla fine dell’avversario storico ormai diventato comprimario. E senza nemmeno eleggere uno dei suoi al Quirinale. Con il minimo sforzo, tanto hanno fatto tutto gli altri.
p.s. se Franco Marini viene eletto e nasce il governo di larghe intese o di minoranza con l’astensione determinante del PDL, cioè se l’ex Presidente del Senato è frutto – come sembra – di un accordo politico per il Governo, allora il PD potrà cominciare a contare i voti che perderà sin dalle prossime amministrative. Cominci dal mio.