Collasso istituzionale
Non ho la pretesa come fa oggi Grillo di ergermi a teorico di Diritto Costituzionale: d’altronde è noto che all’Istituto Tecnico Commerciale (Grillo è ragioniere) si studi molto diritto costituzionale mentre al Liceo no, per non parlare della facoltà di Ingegneria dove praticamente ci fanno il lavaggio del cervello e ci condizionano persino il modo di pensare.
Tuttavia dato che in rete uno vale uno (scherzo, lo so che lui vale di più!) provo anche io a sparare qualche cavolata per commentare il collasso nel quale le nostre istituzioni sono precipitate.
Sul principio di separazione dei poteri, fondamento di ogni democrazia, ho già scritto qualche giorno fa e proprio in forza di tale principio, per l’equilibrio dei poteri è impensabile che ci sia un Governo senza poteri e un Parlamento nel pieno dei poteri. Quando poi si aggiunge che il Governo attuale non soltanto è dimissionario e in carica soltanto per l’Ordinaria Amministrazione ma che ha anche ricevuto l’ultimo voto di fiducia dalle vecchie Camere, e quindi da un Parlamento che non rappresenta più la sovranità del popolo, si comprende che la situazione nella quale siamo precipitati, per effetto di questo voto invernale, è quanto di più caotico si potesse mai immaginare.
Ho scritto spesso che tutti hanno responsabilità per il caos: da Bersani e il PD che hanno fatto una campagna elettorale sugli allori delle primarie, a Berlusconi e Grillo che hanno fatto una propaganda elettorale volta soltanto a solleticare gli egoismi più beceri della gente, sottraendosi al confronto con gli avversari, preferendo parlare soltanto ai propri potenziali elettori e contendendosi il malumore del popolo.
Ha sbagliato il professor Monti sia a candidarsi (a quest’ora sarebbe entrato a vele spiegate al Quirinale o lo avrebbero supplicato di restare al Governo in caso di stallo!) sia a presentare in alcune regioni il proprio listone al Senato, sottraendo voti che avrebbero potuto consegnare il premio di maggioranza di quelle regioni al centrosinistra anziché alla coalizione guidata da Berlusconi.
Per le stesse ragioni ha sbagliato Antonio Ingroia, autonominatosi paladino della sinistra più pura che addirittura è rimasta a secco di seggi, facendo peraltro perdere voti alla coalizione di centrosinistra. Ha sbagliato anche Renzi a scendere in campo soltanto a fine gennaio, quando da politico americano come era sembrato durante le primarie avrebbe dovuto capire che l’unità fa la forza. E smontare la propaganda grillina, lui rappresentante del nuovo all’interno del PD.
Stabilite le responsabilità e osservato questo stallo, in attesa che alle 18 il segretario del Partito Democratico salga al Quirinale e si capisca cosa succederà, provo a ragionare su cosa dovremmo fare fra una decina di anni (se ci saremo, ovviamente)!
Confesso che mai – da parlamentarista convinto e da curioso delle liturgie, laiche o religiose che siano – avrei sognato di scrivere questo post, ma come diceva qualche tempo fa Massimo Gramellini … cambiare idea è sintomo di intelligenza.
Quando la Costituzione è stata pensata venivamo da venti anni di fascismo e da cinque anni di guerra che aveva distrutto il nostro Paese. Come spesso accade da noi, nel momento di massimo buio vengono fuori le idee migliori.
Il problema di oggi è che la qualità dell’Assemblea Costituente è irripetibile. In un contesto di analfabetismo elevato, come quello del dopoguerra, i nostri Padri Fondatori erano dei veri giganti assoluti e il popolo riconobbe in loro la Guida per far scrivere la Legge Fondamentale. Ne venne fuori un testo che – se non fossimo sempre così matti da spararci sui piedi – ci renderemmo facilmente conto di come la nostra Costituzione sia la più bella del mondo, altro che Costituzione Americana, Francese o Magna Charta britannica.
Il complesso equilibrio dei poteri però ormai è stato seriamente compromesso sia da una gestione dissennata della Cosa pubblica, sia dall’aver voluto curare i nostri problemi politici con la sola legge elettorale. Non ci siamo resi conto che man mano che l’analfabetismo veniva sconfitto e tutti imparavano a leggere e scrivere, dall’altro i giganti assoluti della patria sono cominciati a scemare, per lasciare il posto a mediocri esponenti, salvo poche, rare e insufficienti eccezioni.
Per questa ragione organismi di garanzia, come la Magistratura o la Presidenza della Repubblica, si sono sobbarcati anche compiti che non erano propri. Negli ultimi venti anni, che coincidono con il mio passaggio dalla gioventù (idealista spinto!) all’età adulta (realista disilluso!), abbiamo assistito all’esplosione di questi problemi: prima la caduta del muro di Berlino, poi Tangentopoli, l’ascesa di Berlusconi e del Berlusconismo, infine il crollo della Seconda Repubblica, la grande depressione economica, i tecnici e infine il fenomeno Grillo.
In tutto questo il Presidente della Repubblica si è sobbarcato di poteri previsti sì ma che forse non sempre è stato necessario esercitare: così Scalfaro prima e soprattutto Napolitano poi hanno dovuto esercitare il loro ministero con molta più forza e visibilità di quella che avevamo conosciuto con i loro predecessori, almeno fino alle esternazioni del picconatore Cossiga (Ciampi è stato più fortunato anche se ha cominciato lui la moral suasion, per evitare di rimandare in Parlamento tutte le leggi di Berlusconi ed acuire lo scontro con il Cavaliere).
Ecco premesso (l’ho fatta lunga, lo so!) tutto questo osserviamo le ultime elezioni, da quando c’è il sistema maggioritario (1994) e soprattutto queste ultime (2013): si è votato per il rinnovo delle Camere ma di fatto si sono votati sei individui.
Addirittura uno di questi, Pierluigi Bersani, esplicitamente indicato dalla sua coalizione come Candidato alla Presidenza del Consiglio. Tutti gli organi di stampa, i social network, gli artisti, gli intellettuali, non hanno mai parlato di votare un partito o una coalizione, bensì un uomo (e purtroppo nessuna donna). Da quando – nel 2001 – fu ammesso il simbolo di Berlusconi con il nome ci troviamo di fronte all’elezione quasi diretta dell’esecutivo, in una sorta di sistema ibrido fra il modello Westminster e parlamentare classico, ad un modello israeliano – poi abbandonato dallo Stato ebraico – che prevedeva l’elezione diretta del Primo Ministro. Paradossalmente però questa specie di elezione diretta dell’esecutivo non è stata bilanciata da poteri e la crisi la stiamo vedendo eclatante in questi giorni. Se ci fosse stata l’elezione diretta Pierluigi Bersani non avrebbe avuto bisogno del voto di fiducia delle Camere, perché il voto popolare (in forza della pessima legge elettorale) avrebbe consegnato i pieni poteri all’esecutivo e altrettanti pieni poteri al Parlamento per controllare l’operato del Governo.
Diventa quindi necessario, una volta liberatici (per quello dico fra dieci anni, prima o poi morirà no?) dal conflitto di interessi mortale di Berlusconi, che rende impari – con i suoi soldi e i suoi mezzi – qualunque competizione elettorale, discutere serenamente di Presidenzialismo o di Semi-presidenzialismo perché non è accettabile, per la sesta o settima potenza economica del pianeta, votare senza ottenere un risultato certo e soprattutto senza un esecutivo che abbia i poteri necessari per negoziare qualunque cosa e ovunque in campo internazionale. Non possiamo permetterci di non avere un governo né un’assenza di credibilità (in questo momento che scrivo un flash su SKY TG24 ci informa che c’è una fuga di investimenti dall’Italia per 715 MILIARDI!!!).
Se da un lato sarebbe opportuno superare il bicameralismo perfetto (e a tal proposito la proposta di Renzi è veramente intelligente ed auspicabile), dall’altro bisognerebbe sgombrare il campo dal tabù dell’elezione diretta del Capo dello Stato, con poteri effettivi di governo, magari condivisi con un Primo Ministro sull’esempio della Repubblica Francese, perché non è possibile che su queste cariche così importanti si giochi la meschinità dei compromessi.
Bisogna superare la paura delle decisioni perché governare è – in generale – assumere decisioni. Per questo un ministro molto controverso come la Professoressa Fornero a me onestamente è piaciuto: non sto discutendo del merito delle sue riforme che mi costringeranno a lavorare altri ventotto anni! Parlo del metodo: decidere. E queste decisioni il Governo Monti le prendeva tanto più quanto il Parlamento era ai minimi di credibilità. Salvo poi cominciare a eclissarsi, proprio perché nel nostro Paese potere esecutivo e legislativo sono ormai in un equilibrio precario, se uno è forte l’altro è debole e viceversa.
Tuttavia mentre ci ostiniamo a pensare che la legge elettorale possa risolvere ogni cosa forse ci dobbiamo rendere conto che la seconda parte della Costituzione, quella della forma di governo, deve essere necessariamente rivista.
D’altronde a distanza di oltre duecento anni dalla Rivoluzione Francese, i nostri cugini transalpini adesso si trovano alla loro Quinta Repubblica, cambiando per ben due volte – dal secondo dopoguerra – la forma di governo del loro paese. Noi invece abbiamo pensato che cambiando la legge elettorale, passando dal proporzionale al maggioritario, avremmo garantito stabilità al Governo senza varare le riforme necessarie.
Ora ovviamente ci sarebbero anche altri sistemi, tipo quello tedesco, con il cancellierato forte e la sfiducia costruttiva. Ma quello presupporrebbe che noi fossimo un popolo maturo e serio come i tedeschi, che di fronte all’eventualità di un pareggio – sempre possibile – le maggiori forze si mettono d’accordo e formano comunque un governo.
Dobbiamo essere onesti: sebbene siamo fondatori dell’Unione Europea, abbiamo inventato noi il diritto, possiamo fare scuola e doposcuola agli anglosassoni di cosa sia la giurisprudenza, ormai siamo più vicino alle Repubbliche Sudamericane che a quelle europee. Allora tanto vale fare come in Brasile, Argentina, Cile dove il popolo elegge direttamente il Presidente, magari limitando ad un solo mandato, ripetibile, come in Cile la durata dell’esecutivo. Rischiando anche di perdere un presidente come la Bachelet in nome della paura di beccarsi per due mandati un imbecille. Non quindi per il timore della dittatura, ragione per la quale in Cile si è scelta questa strada, ma per evitare che due mandati consecutivi – anche se all’americana – possano condurre a troppi danni.
Perché purtroppo è vero che ti può capitare un Clinton o un Obama e allora ti va di lusso, ma considerando la tendenza tutta italiana di spararsi sulle palle, diciamo che la probabilità di beccare un incapace come Bush junior è molto più elevata di trovarsi come Presidente della Repubblica un politico enorme come il vecchio Bubba, nonostante il suo problema a tenere i calzoni alzati. Solo per parlare di storia e non di cronaca con Barack Obama.
Ecco dopo queste prime elezioni 2013, dopo lo stallo che il fine costituzionalista Grillo ci stimola a vivere, ben imbeccato dal professor Becchi, speriamo soltanto che dalle prossime, che spero siano a giugno o al più a ottobre, esca fuori un nuovo parlamento in grado di produrre un governo e di avviare le riforme costituzionali anche in senso presidenziale, con tutti i pesi e contrappesi del caso.
Se c’è una cosa che purtroppo non ci possiamo più permettere è la nostra Costituzione: era fatta per persone intelligenti, non per chi – come il duo guru che fa il bello e il cattivo tempo – gioca allo sfascio con la società nostra e soprattutto con il futuro dei nostri figli.
Non ci possiamo più permettere di avere la Costituzione più bella del mondo, perché così come la mediocrità ha invaso la nostra società, era inevitabile che il travaso avvenisse anche verso le aule parlamentari, come stiamo purtroppo constatando – giorno dopo giorno – ammirando Vito Crimi e Roberta Lombardi, campioni di un Movimento che doveva cambiare il mondo e che forse non sarà nemmeno in grado di cambiare una lampadina.
Pazienza! Ci scuseranno un giorno i nostri Padri Costituenti per aver devastato l’opera da loro compiuta, consegnandoci un equilibrio istituzionale che in altri paesi si sognano, con la Magistratura, inquirente e giudicante, indipendente dalla Politica e le istituzioni repubblicane perfettamente bilanciate in un complesso di diritti/doveri ben realizzato.
Vorrà dire che i nostri figli avranno un’altra Costituzione da difendere e che magari consenta loro di ricominciare a sognare e a realizzare le conquiste che la generazione dei loro Padri ha dilapidato grazie all’incompetenza assurta al potere.