La fine dell’impero

 In LIFE

Dopo oltre trenta anni ho finalmente compreso perché  l’Impero Romano terminò oltre 1500 anni fa.

Bastano quattro gocce d’acqua, in una normalissima e nemmeno tanto fredda giornata invernale, che si scatena puntuale il panico fra la gente.

Frotte di genitori letteralmente impazziti si precipitano sui loro SUV (ma a che cazzo – sorry! – servono a Roma?) per accompagnare il loro pargoli a scuola. Ma non nei pressi della scuola, proprio letteralmente in classe! C’è il terrore che si bagnano i due o tre capelli che incidentalmente fuoriescono dai cappucci dei loro pargoli e che per una folata improvvisa di bora, diffusissima nella Capitale d’Italia come noto, si becchino un terribile raffreddore! Povere stelle!

Così le sedi stradali delle vie della città, che non sono le grandi freeways di Los Angeles, per intenderci, diventano un immenso parcheggio a doppia e tripla fila, impedendo che gli autobus, che già non brillano di proprio per qualità del servizio, riescano a fare un metro nelle prossimità delle scuole.

Per quelli che non possiedono SUV e nemmeno autovetture non rimane altro che salire sui mezzi pubblici.

Imbacuccati come se fossero ad Anchorage, in Alaska, o a Vladivostok, nella lontana Siberia, stanno lì fermi alla fermata dell’autobus aspettando l’agognata apertura delle porte della salvezza. Stringendo a sé i pargoli sotto l’ombrello, per timore che si inzuppino gli impermeabili (che evidentemente non assolvono al loro compito!) e i cappucci da Inuit sotto i quali a stento si intravedono gli occhi, perplessi, delle giovani creature, pazientemente (mica tanto!) attendono l’arrivo dell’autobus, maledicendo Sindaco, Giunta e Amministrazione Comunale.

Quando finalmente le tanto invocate porte del mezzo si aprono, fanno salire in vettura i loro piccoli, preoccupandosi di proteggerli con l’ombrello sino all’ultimo, per poi finalmente conquistare un posto in piedi e poter finalmente richiudere il loro santo protettore, sbuffando perché a febbraio … piove!

All’arrivo, quando finalmente le porte si riaprono, scatta l’automatismo inverso: l’ombrello deve esser aperto con i piedi ben saldi sul predellino del bus, onde evitare che quelle tre o quattro gocce d’acqua possano colpire cappucci, cappelli e berretti dei bambini e degli stessi genitori, cercando anche di evitare gli enormi canali di scolo che nel frattempo si sono si sono creati lungo i marciapiedi, per la scarsa manutenzione dei tombini, dato che anche il Comune manifesta sempre una grande sorpresa per il fatto che in inverno ci sia la pioggia!

Avvolti come insaccati dal pizzicagnolo e sotto la costante e gigantesca protezione dell’ombrello, ormai dalle dimensioni pari a quelli adoperati nei mercati, i nostri cuccioli di uomo giungono nelle loro scuole. Finalmente possono cessare di essere dei mini omini michelin e ritornano ad essere dei normali bambini, liberati dai loro fagotti.

Ma l’avventura dei genitori non è terminata: si precipitano in ufficio, sempre evitando con cura che qualche spruzzo d’acqua possa colpire l’acconciatura o possa ‘nfracicare il cuoio delle scarpe (ma non l’hai visto a casa che pioveva prima di vestirti come se dovessi andare ad un matrimonio?), e giungono – di corsa (credo faccia parte del modus vivendi dell’homo sapiens sapiens del terzo millennio: arrivare in ufficio sempre di corsa, indaffarati, possibilmente parlando già al telefono, con il nodo della cravatta allentato, per dare l’impressione di un impegno se non civile almeno familiare!).

Le donne, armate di pochette e talvolta asciugacapelli (ma dove lo tengono, nel cassetto?), si precipitano alle loro toilette per rifarsi il make-up, ripristinare i sei o sette capelli fuori posto (non più di tanto!), per colpa della sedicente bora, infilano i tacchi alti e via, verso una giornata di lavoro.

Gli uomini, dopo aver fatto ‘nfracicare i pargoli e rassegnati all’inevitabile cazziatone che le loro mogli faranno loro la sera, di ritorno, quando chiederanno “si è bagnato il piccolo stamattina?“, domanda perfettamente inutile perché ormai sono le nove di sera e il piccolo (che pesa ormai trenta o quaranta chili e ti vengono due ernie al disco solo per rimboccargli le coperte!) già dorme, si riuniscono davanti lo specchio dei loro bagni, spesso dopo aver fatto la pipì a porta aperta (che evidentemente fa molto apicale e virile!), si riannodano la cravatta (ma non potevi metterla direttamente in ufficio, se proprio la devi mettere, anziché uscire di casa impinguinato per poi ridurti in quelle condizioni per quattro gocce e per l’incapacità di gestire i pargoli!), commentando quanta acqua sta cadendo dal cielo! Ma dai, a febbraio! Da non crederci!

Ecco finalmente svelato il mistero di mille anni di Impero Romano d’Occidente: altro che conflitti religiosi, barbari, corruzione, imperatori, repubbliche, cesari!

No, è stato il progressivo disadattamento alle condizioni climatiche che mutavano, nella Roma all’inizio dell’Era Cristiana, a determinare il deteriorarsi della capacità militare delle legioni. È stata la mancanza dell’ombrello ad affievolire le capacità dei giovani romani che per quasi un millennio avevano espanso l’impero dall’Africa all’Asia.

Insomma è stata la cervicale!

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