Quindici anni fa
La vicenda dell’ATR 72, che ieri sera è andato lungo e si è ritrovato fuori pista a Fiumicino, mi ha ricordato l’unica (e spero rimarrà tale!) volta che sono salito su un bimotore a elica. Era lungo la stessa tratta, da Pisa a Roma, nella prima parte del volo che mi avrebbe riportato a Catania dopo i tre mesi di corso ufficiali all’Accademia Navale di Livorno. Dopo le 17 ore di treno dell’andata, con i saluti a parenti e amici alla stazione di Catania (e i lucciconi agli occhi!), le cuccette puzzolenti delle Ferrovie dello Stato, dopo i tre mesi alle intemperie del libeccio di Livorno, nel corso polare dell’inverno, vero e proprio contraltare ai colleghi del corso estivo che riuscivano anche a trascorrere qualche domenica lungo la costa tirrenica, mi sembrò naturale comprarmi un bel biglietto Pisa – Catania per tornare a casa. Ai militari lo Difesa riconosceva il semplice biglietto di seconda classe e francamente mi sembrava una specie di punizione affrontare un altro viaggio di 17 ore per rientrare in Sicilia.
Dopo il saluto all’Accademia, la promessa dei gradi che ufficialmente sarebbero arrivati soltanto quando ci fossimo presentati a destinazione presso il Ministero della Difesa a Roma (escamotage che serviva all’Amministrazione per evitare di pagare da ufficiale i militari di leva, in un’era nella quale ancora non si parlava certo di spending review!) presi un bel taxi e mi diressi alla stazione di Livorno, alla volta dell’aeroporto Galileo Galilei di Pisa.
Armato di due valigie, ventiquattro ore e la sciabola di ordinanza, foderata nella sua bella custodia di velluto verde, feci l’accettazione e attesi la chiamata del volo nella sala d’aspetto, pieno d’emozione per il rientro – finalmente – nella mia tana! Con mia grande sorpresa il volo da Pisa a Roma era effettuato sull’ATR 42, fratellino minore del velivolo che ieri ha avuto l’incidente nello scalo romano. Viaggio molto buono ricordo, ma il rumore assordante dentro la cabina, mi ricordava quei film di spionaggio, con gli aerei militari utilizzati per dare un passaggio ad agenti segreti. Fortunatamente l’aereo atterrò a Fiumicino abbastanza presto, data l’esigua distanza aerea, e di corsa mi diressi al banco transiti per la carta d’imbarco per Catania.
Ieri sera, quando ho letto che l’aereo fuori pista era un ATR72, è stato come tornare indietro di 15 anni, senza purtroppo quei venti chili in più che adesso mi ritrovo (e che in Accademia erano magicamente spariti!), a quella sera e a quella corsa, con giacca, cravatta, ventiquattro ore nera (rotta!) e sciabola, per raggiungere l’imbarco per Catania, miraggio di una riacquistata libertà!
Per dovere di cronaca la tratta Fiumicino – Fontanarossa fu invece volata con un MD80, il mio aereo preferito durante il pendolarismo fra Roma e Catania: era sera tardi, ricordo, mi sedetti al finestrino e accanto a me non avevo nessuno. Nemmeno il tempo di rullare in pista e crollai poggiando la testa sull’oblò. Credo fosse la prima volta che riuscivo a riposare senza l’assillo della sveglia degli inquadratori o dei docenti che ti avrebbero potuto sgamare quando sonnecchiavi in aula, cercando di recuperare un po’ di sonno! Non ricordo nulla di quel volo, se non il parcheggio sulla pista di Fontanarossa, all’epoca ancora non ristrutturato e il quel fascino esotico di scendere in pista e sbarcare direttamente in aerostazione, senza navette, finger e tutte le altre diavolerie che ormai si hanno negli aeroporti maggiori.
Dopo qualche giorno ripartii per Roma, stavolta in treno, con destinazione Palazzo della Marina. Non avrei mai immaginato, allora, che la mia vita poi sarebbe stata così piena di aerei. Anche se per fortuna tutti con motori turbojet!
Almeno le orecchie adesso si riposano! Dai motori, intendo, perché sono tutte impegnate ad ascoltare le millecentoventicinque domande che ogni volta che saliamo in aereo Elisa puntualmente propone!